di Daniela Boresi*
Non sarà il problema maggiore che affligge la scuola italiana, ma il tema lanciato in questi giorni da Diego Bottacin, insegnante e già consigliere regionale, sul consentire ai ragazzi della scuola dell’obbligo di andare e tornare da scuola da soli, apre un dibattito che non travalica quelli che sono i meri cardini dell’istruzione. E’ da considerarsi formativo e quindi elemento di crescita personale anche l’imparare a gestire la propria autonomia? Imparare cioè ad attraversare una strada con consapevolezza che può essere un pericolo, evitare gruppi pericolosi o adulti insidiosi?
Non mi piacciono le citazioni, ma questa la uso volentieri: se vuoi rendere la vita difficile ad un figlio, rendigliela facile. E forse è quello che molti genitori oggi, in preda ad un esasperato protezionismo, mettono in atto quotidianamente: e si passa dal difendere pervicacemente i figli da insegnanti che non li comprendono, a riempire le loro giornate di tecnologia spesso inutile ad accompagnarli fin davanti alla porta di scuola per evitare che il mondo esterno li possa ferire.
Dal canto suo la scuola, giustamente, si protegge.
Un tempo l’andare a scuola e il tornare a casa era un momento ludico. Si aspettavano gli amici all’angolo delle strade, ci si dava appuntamento dal fornaio per prendere il panino con l’uvetta e quella passeggiata di pochi minuti diventava anche l’occasione per socializzare: passo veloce all’andata perché ci sia alzava sempre all’ultimo momento e lento al ritorno per stare un po’ di più con gli amici, sempre che la fame non avesse il sopravvento.
Oggi fuori dalle scuole c’è la ressa da derby, suv in terza fila, motorette col doppio casco sul sellino per il pargolo. Si esce, si scappa e si svanisce.
Certo, le strade sono più trafficate, ma anche 30-40-50 anni fa qualche Tir poco accorto stringeva troppo la curva. Certo i ragazzini oggi sono più esposti alle attenzioni di adulti perversi, ma ne sono anche più consapevoli perché mamme e papà sono pronti a spiegare che il lupo è dietro l’angolo.
Di considerazioni da fare ce ne sono molte. Di certo non si può ricalcare lo stile del passato, sarebbe come mettersi ostinatamente una giacca demodè, ma magari chiederci se questa iperprotezione alla fine non sia la vera madre delle insicurezze.
Il quesito lanciato da Diego Bottacin merita comunque di non cadere nel vuoto e di dare adito ad una serena discussione, perché davvero pone l’accento su un problema che è generazionale.
*giornalista