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Buonanotte ghiacciai: arriva la neve e i giganti bianchi vanno in letargo

di Franco Secchieri* – Arriva la neve e i ghiacciai vanno in letargo. Con la prima neve di Ottobre, l’inverno è definitivamente arrivato sui ghiacciai e per loro è cominciato il lungo sonno in attesa del sole primaverile, quando il manto nevoso invernale ricomincerà a sciogliersi. Allora sarà arrivato il momento di andare a verificare le condizioni di innevamento su alcuni ghiacciai scelti come campione significativo per le diverse aree montuose.

Questo perché sapere quanta neve cade e quanta poi si scioglie con lo scopo di valutare quanto rimane del manto nevoso alla fine dell’estate sulle superfici glaciali, è una attività di grande importanza tanto che, sull’intero arco alpino, operano diverse amministrazioni, attraverso i loro supporti tecnici, le università ed altri enti di ricerca. Tutti sono impegnati in particolari indagini conoscitive proprio al fine di valutare se per i ghiacciai l’annata sarà stata favorevole o, al contrario, negativa.2 Seracchi Marmolada 10.7.83

(In una foto di qualche anno fa, in giro per i seracchi del Ghiacciaio della Marmolada, che mette bene in evidenza la successione dei diversi strati di neve, poi nevato, accumulatasi negli anni. Ora il Ghiacciaio si è ridotto al punto tale che tutta questa massa è scomparsa).

Dal punto di vista glaciologico una annata si considera favorevole quando il così detto bilancio di massa è positivo, cioè quando complessivamente la quantità di neve caduta è superiore a quella trasformatasi in acqua che scende a valle per alimentare torrenti e fiumi. Per quanto riguarda i tempi, è opportuno ricordare che dal punto di vista idrologico, normalmente l’annata comincia il primo di Ottobre per concludersi alla fine di Settembre dell’anno successivo. Questo proprio per restare in linea con i ritmi delle stagioni “glaciologiche”, anche se sempre più frequentemente queste precise scadenze vengono disattese.

Ci si chiederà a cosa serve tutto questo lavoro che richiede un notevole sforzo di mezzi ed energie per poter valutare complessivamente l’andamento del glacialismo regionale. La risposta è chiara e riguarda la possibilità di calcolare e tenere sotto controllo le riserve idriche nei bacini montani, ma ora vi è anche il non meno importante aspetto che è quello di seguire le conseguenze ambientali delle mutazioni climatiche in atto.

5 Marmarole 22.8.2017

(Gruppo delle Marmarole. Il grande accumulo morenico che caratterizza il versante settentrionale del Cimon del Froppa (2.932 metri), all’interno del quale era presente un ghiacciaio ora scomparso, mentre è ancora presente una massa di ghiaccio sepolta dal detrito morenico(permafrost). La foto è della fine della stagone estiva 2017, prima della formazione del manto nevoso invernale).

Riguardo alle misure sul campo, la valutazione degli accumuli viene fatta alla fine dell’inverno (aprile – maggio per i ghiacciai), quando lo spessore del manto nevoso caduto dovrebbe aver raggiunto la massima quantità. D’altra parte, il calcolo dell’ablazione, cioè la perdita delle masse solide (neve, nevato e ghiaccio) per fusione, viene fatto alla fine di Settembre, quando si presume sia cessato l’effetto negativo (per i ghiacciai) delle temperature.

In sostanza si tratta di un calcolo tra entrate ed uscite, dove le entrate sono gli accumuli e le uscite le perdite dovute alla fusione. E’ chiaro che dal punto di vista glaciologico, il bilancio è positivo quando gli accumuli superano le perdite, con conseguente aumento della riserva di acqua in forma solida nei bacino glaciali. E’ proprio così che si forma un ghiacciaio, con il sommarsi, anno dopo anno, decennio dopo decennio, dei singoli accumuli. Si capisce bene quindi che la formazione di un ghiacciaio, specie se di grandi dimensioni, non è questione di breve tempo, anche perché non sempre le annate idrologiche possono portare a quantità significative di accumulo.6. Presanella 19.9.85 (1)

(Il Ghiacciaio della Presanella ripreso dall’aereo nel Settembre del 1985, al termine di una delle più nevose annate del periodo relativo agli anni ’80 del secolo scorso.)

Purtroppo quello che da qualche anno sta succedendo, e con sempre maggiore intensità, è un susseguirsi di annate idrologiche con bilanci negativi. Questo significa la perdita di sempre più consistenti masse gelate : un fatto che, come si può facilmente riscontrare frequentando l’alta montagna, si ripercuote sul paesaggio, ma non solo in quanto si verifica anche un rilevante assottigliamento delle riserve d’acqua in forma solida.

Gli ultimi 35 anni della storia glaciologica alpina, un periodo tutto sommato abbastanza breve per la vita dei ghiacciai, hanno cambiato, se non addirittura stravolto, il paesaggio dell’alta montagna. Le ricognizioni su gran parte dei ghiacciai dolomitici (l’ultimo nell’Agosto 2017) hanno confermato la forte riduzione di tutte le masse gelate, tanto che addirittura alcune di esse sono scomparse.

La quasi totale assenza del manto nevoso dello scorso inverno ha causato una forte ablazione estiva dei ghiacciai che ha intaccato anche le riserve gelate più profonde, come ad esempio per il ghiacciaio della Marmolada che è venuto a trovarsi, a fine Agosto, senza più traccia né di neve e nemmeno di nevato, ma solamente ghiaccio parzialmente ricoperto da detrito morenico.

Ma le anomalie termo pluviometriche investono anche le masse gelate contenute all’interno degli accumuli di detrito, il così detto permafrost. Questo fatto può rendere instabili, fino a metterle in movimento, grandi quantità di materiali, con possibili eventi franosi, là dove le pendenze dei versanti sono più accentuate. E per alcune zone il rischio non è irrilevante.

Riguardo alle Alpi Orientali, si occupano della campagne glaciologiche gli Uffici Idrografici delle province di Trento e Bolzano, il Comitato Glaciologico Italiano con l’Università di Padova, il Servizio Glaciologico del CAI Alto Adige. La Regione Veneto si è purtroppo fermata (speriamo per ora) ai rilievi del 2014.

Naturalmente al momento è troppo presto per fare una previsione su come sarà il bilancio per l’annata 2017 / 2018. La speranza è che la neve, soprattutto autunnale, cada in maniera abbondante, anche perché è proprio questa le neve migliore in quanto ha tutto il tempo per compattarsi e creare una maggiore resistenza alla penetrazione dell’onda termica estiva che porta allo scioglimento dei vari strati accumulatisi.

Guardando alle ultime due annate idrologiche, le condizioni in cui si sono venuti a trovare i ghiacciai sono veramente tragiche dal punto di vista della perdita di massa, anche per l’area dolomitica dove alcuni ghiacciai sono addirittura scomparsi. Se si dovessero ripetere le condizioni meteo climatiche degli ultimi anni, sulle nostre montagne, almeno per il settore orientale, non ci sarebbero più i ghiacciai.

A questo riguardo la scienza non può fare molto per cambiare le cose, se non cercare di conoscere e capire i processi di cambiamento globale. Si tratta di dinamiche abbastanza lunghe, anche se recentemente si è avuta una notevole loro accelerazione, le cui cause vanno ricercate anche nei comportamenti di noi tutti riguardo alla tutela ambientale.

Non ci resta che restare fiduciosi per il prossimo futuro, magari lasciandoci consolare dai tanti proverbi popolari sul clima che potrebbero contribuire a farci diventare più ottimisti: per i ghiacciai e per noi stessi.

Foto di  Franco Secchieri


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