di Giorgio Gasco*
Nel Veneto su oltre 27.000 pensionamenti da lavoro solo 770 avranno accesso all’esonero dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni. Lo rileva una stima della Cgil che per il 2 dicembre ha organizzato una mobilitazione con 5 manifestazioni interregionali proprio sul sistema previdenziale oltre che sui temi dello sviluppo. I lavoratori del Veneto saranno alla manifestazione di Torino, dove arriveranno a bordo di 100 pullman in partenza dalla regione.
“Il sistema previdenziale – ha spiegato il segretario generale della Cgil del Veneto, Christian Ferrari – è ingiusto e socialmente non sostenibile”. Dal confronto fatto con il governo, aggiunge Ferrari, “è scaturito un impegno che la Cgil ritiene assolutamente insufficiente. Così la partita resta più che mai aperta, sia con l’attuale esecutivo che con il prossimo, con un sindacato che dovrà assumere come prioritario il tema delle pensioni”.
Secondo la Cgil, dal primo gennaio 2019 scatterà l’aumento dell’età pensionabile (da 66 anni e 7 mesi a 67 anni) o dei requisiti contributivi (da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 3 mesi di versamenti) secondo un meccanismo di aggiornamento continuo a cadenza biennale che potrebbe andare all’infinito. Su questo punto (oltre che sulla previdenza di giovani e donne) si è sviluppata una trattativa che il governo Gentiloni ha voluto chiudere impegnandosi ad adottare un provvedimento che prevede l’esonero dell’aumento per 15 tipologie di lavori gravosi. Per usufruirne, però, è richiesta tutta una serie di requisiti che alla fine “secondo noi – aggiunge Ferrari – consentirà di beneficiare della norma a soli 2.520 lavoratori in Italia di cui 770 nel Veneto (esattamente in regione saranno 227 per l’età e 545 per i contributi): una cifra equivalente appena al 2,8% del totale dei pensionandi”. Non solo. Non solo. Il sindacato, precisa il segretario della Cgil del Veneto “aveva messo sul tavolo della trattativa due questioni di forte impatto sociale, riguardanti le donne e quella delle pensioni dei giovani su cui non c’è stata nessuna risposta. Ciò è particolarmente grave perché i giovani, soggetti a lavoro precario, discontinuo e flessibile rischiano (essendo per altro totalmente nel regime contributivo) di avere pensioni infime: lo stesso Inps calcola assegni pari al 35% rispetto alla media attuale. Si era sollecitata una pensione di garanzia per i giovani, ma questo impegno è rimasto lettera morta, così come nulla è stato adottato circa il riconoscimento del lavoro di cura delle donne che anzi, per effetto di un meccanismo di allineamento con gli uomini (legge Fornero) sommato all’aumento del 2019, si troveranno incrementata di ben 17 mesi l’età di accesso alla pensione. Un balzo non da poco che, per altro, disconosce la peculiarità femminile nella vita e nel lavoro”.
Secondo la Cgil, l’approccio restrittivo sulla pensioni non riguarda solo la legge di stabilità attualmente alle Camere. Spiega Ferrari: “Sono forti, ad esempio, le limitazioni ed i ritardi relativi all’attuazione della legge finanziaria dell’anno scorso che consentiva attraverso l’Ape Sociale il pensionamento anticipato ai 63 anni (o 41 di contributi per i lavoratori precoci) a disoccupati, disabili, addetti ad attività gravose o persone che assistono familiari non autosufficienti, ossia categorie in forte sofferenza per le quali un allungamento dei tempi della quiescenza è fonte di non poche difficoltà. Ad oggi, secondo Ferrari, nessuno è ancora andato in pensione con quel provvedimento “ed anzi l’Inps ha adottato criteri talmente restrittivi da respingere due terzi delle domande presentate (nel Veneto le istanze accolte sono 1.893 a fronte di 6.557 richieste). Tale dato sarà leggermente attenuato da un riesame sollecitato dalla Cgil a fronte di situazioni inaccettabili, come la negazione del beneficio a lavoratori disoccupati che avevano lavorato per un voucher durante il periodo di disoccupazione. In ogni caso si prevede che dopo il riesame oltre il 50% delle richieste sarà bocciato”.
D’attacco il finale di Ferrari: “Sulle pensioni, soprattutto per le categorie più esposte, si sta rischiando di consumare un dramma sociale che si ripercuoterà anche sugli anni a venire. Per questo la Cgil ha deciso di scendere in piazza e lo farà all’insegna dello slogan “mandare in pensione gli anziani, mandare al lavoro i giovani”.
IN VENETO I LAVORATORI ULTRASESSANTENNI SONO 61.500 E OLTRE 27.000 LE PENSIONI EROGATE IN UN ANNO. MA IN MENO DI 800 POTRANNO GODERE DELL’ESONERO DALL’AUMENTO DELL’ ETA’ PENSIONABILE A 67 ANNI O DALL’INCREMENTO CONTRIBUTIVO A 43 ANNI E 3 MESI.
PENSIONI DI VECCHIAIA- lavoratori con esonero dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni
totale
pensioni |
lavoratori
con requisiti |
di cui con requisiti
nel Veneto |
61.061 |
2.520 |
227 |
PENSIONI DI ANZIANITÀ- lavoratori con esonero dall’aumento dei contributi a 43 anni e 3 mesi
totale
pensioni |
lavoratori
con requisiti |
di cui con requisiti
nel Veneto |
146.825 |
6.057 |
545 |
Il totale delle pensioni da lavoro (dipendenti, autonomi e parasubordinati) liquidate in veneto nel 2016 risulta pari a 27.285.
A conti fatti, solo il 2,8% dei pensionandi veneti potrà accedere all’esonero dall’incremento dell’età pensionabile (o dei contributi versati) in base alla proposta del Governo
