Esiste una correlazione lineare e inevitabile se non riconosciuta e trattata tra perdita di massa muscolare, malnutrizione e cachessia.
Una serie di eventi i cui effetti si sommano in termini di gravità come una valanga.
La malnutrizione è una condizione praticamente ‘epidemica’ nella popolazione
anziana con malattie croniche e negli ultimi anni gli esperti ne hanno calcolato gli
effetti in termini di comorbidità (ossia la presenza di patologie concomitanti
collegate alla prima), rischio aumentato di ricoveri ospedalieri e mortalità
evitabile.
“I pazienti a cui dobbiamo prestare attenzione sin dalle prime fasi di malattia sono
affetti da problemi renali, bronco-pneumopatia cronico ostruttiva (BPCO), sono
reduci da fratture e da eventi cardiaci acuti o cronici” dichiara il Professor
Maurizio Muscaritoli, chairman italiano della Conferenza e Presidente SINuC la
Società Italiana di Nutrizione Clinica “ma dobbiamo iniziare a considerare alla
fragilità e alla perdita di massa muscolare come ad una patologia e non solo
come un fattore di rischio. Tanto che negli Stati Uniti proprio alla sarcopenia è
stato attribuito un codice nell’ICD9 il manuale diagnostico internazionale che
riporta in modo sistematico e secondo precise regole d’uso, la nomenclatura delle
diagnosi, dei traumatismi, degli interventi chirurgici e delle procedure diagnostiche
e terapeutiche e in Europa il 15-35% della popolazione sopra ai 75 anni ha
bisogno di qualche forma di assistenza per svolgere le attività quotidiane (i)”.
Una prevalenza particolarmente alta è stata riscontrata nei soggetti con
patologie cardiache: “si tratta di una condizione frequente” aggiunge Stephan
von Haeling, del Dipartimento di Cardiologia e Pneumologia dell’Università
tedesca di Gottingen “con una prevalenza che va dal 20 al 50% nei pazienti con
insufficienza cardiaca con una percentuale significativa nei soggetti con diagnosi
di cardiomiopatia dilatativa. La perdita di muscolo mostra un andamento a
cascata che può progredire sino alla cachessia, una sindrome da deperimento
con perdita di peso, atrofia muscolare, stanchezza, debolezza e significativa
perdita di appetito”.
Non sono migliori le prospettive di coloro che hanno subito un ictus: dati presentati
alla conferenza di Roma hanno evidenziato come il 20% dei pazienti sviluppi una
sindrome da deperimento entro un anno dall’evento acuto “buona parte della
disabilità conseguenza di un ictus è causata dalla perdita di innervazione del
tessuto muscolare che si combina con l’immobilità del paziente, uno stato
infiammatorio, spasticità e ad un meccanismo di mancanza di controllo dei riflessi
che porta ad una atrofia muscolare e alla degradazione del tessuto” spiega il
professor Muscaritoli “eppure non esistono linee guida che tengano conto di
questo fattore nella terapia o nella riabilitazione della malattia”.
Ma non si tratta di una condizione irreversibile, la notizia viene da uno studio
italiano su oltre 8mila persone tra i 18 e i 98 anni sottoposti a quello che è stato
chiamato Longevity Check up e di cui riferisce il Professor Francesco Landi,
Responsabile della UOC di Riabilitazione Geriatrica al Policlinico Gemelli di Roma:
“la cattiva notizia è che al compimento del cinquantesimo compleanno si verifica
una sorta di ‘scalino’ ripido verso l’invecchiamento. Con una diminuzione
significativa della massa muscolare (valutata con la misurazione della
circonferenza del polpaccio) che diminuisce tra i 10 e il 20%, che si accompagna
ad una diminuzione della forza di circa il 60% (misurata al dinamometro) e ad un
crollo di circa l’80% nella performance motoria misurata con un test che prevede
di alzarsi e sedersi 5 volte senza aiutarsi con le braccia e valutando la velocità.
La notizia positiva è che l’invecchiamento non è inesorabile e questi deficit
possono essere efficacemente compensati. Il segreto è il movimento: abbiamo
osservato che un 70enne sedentario presenta le stesse performance muscolari di
un 80enne abituato a camminare regolarmente (con un guadagno netto quindi
di dieci anni). Ma ancora più sorprendente è stato osservare che un 80enne attivo
con una attività regolare che preveda attività aerobica e di resistenza ha le stesse
prestazioni di un 50enne inattivo.
(Ciclisti in una foto di repertorio: un sano movimento serve a salvare i muscoli)