di Franco Secchieri*
Neve, bene o male? In questo momento la risposta immediata quanto scontata sarebbe a favore del male, quanto meno ascoltando le nefaste notizie dei telegiornali di questi giorni che mostrano strade interrotte dalle valanghe, file di auto bloccate dalla neve, paesi al freddo per mancanza di corrente e, soprattutto, la morte bianca che incombe sulle vallate alpine.
Purtroppo credo si tratti del frutto di una esasperazione mediatica che, così amplificata e interpretata, induce un senso di paura verso la montagna imbiancata. Certamente le valanghe possono essere causa di distruzione e di morte. E’ dell’ultimo momento la notizia di una valanga abbattutasi su di un condominio del Sestriere, per fortuna senza feriti, ma che ricorda la tragedia dell’anno scorso dell’Hotel Rigopiano, distrutto da una valanga che, evidentemente secondo qualcuno, lì non doveva scendere. Oppure era quella struttura che non doveva trovarsi in quel posto? La questione è già stata anche troppo dibattuta e non c’è nulla da aggiungere. Tuttavia vorrei riflettere un attimo se considerare le valanghe un evento del tutto naturale oppure se costituiscono un rischio od un pericolo.
Quando una valanga scende provocando danni e vittime non si può attribuire colpa alcuna alla natura perché vi è sempre e comunque un diverso tipo di responsabilità, come ad esempio la urbanizzazione spesso selvaggia della montagna.
Se ci soffermiamo ad ammirare i fianchi delle valli alpine, soprattutto nelle fasce altimetriche più elevate, oppure nelle grandi conoidi ai piedi delle crode dolomitiche, si possono distinguere degli elementi morfologici di rilievo che sono i canaloni da valanga. Vie preferenziali dove la neve scende quando viene raggiunto uno spessore critico o una situazione di instabilità. E’ chiaro che maggiore è l’accumulo più aumenta il pericolo, fino a diventare generale per qualsiasi tipo di pendio innevato. E’ banale affermare che da un pericolo ci si può difendere, evitando il rischio di affrontarlo. Come ad esempio sciare fuori dalle piste battute e magari senza alcuna cognizione sul concetto di stabilità del manto nevoso, oppure percorrere strade chiuse per neve o, peggio, costruire la dove prima o poi la valanga arriva.
Sulla base del rischio valanghe, valutato da appositi servizi che hanno la competenza e le conoscenze come, ad esempio l’ARPA per il Veneto, vengono chiuse strade e passi. Questo certamente crea del disagio e situazioni difficili in alcune aree durante il maggior afflusso turistico, ma d’altra parte va ovviamente tutelata l’incolumità delle persone e delle cose. Abbiamo assistito nel periodo delle vacanze natalizie alla difficile situazione per alcuni comprensori, come quello di Cortina, dove specialmente molti turisti ed amministratori sono stati messi in difficoltà proprio dalle condizioni di percorribilità delle strade.
A questo punto, specie per chi segue professionalmente le vicende climatiche in montagna, viene immediato il confronto con la situazione della neve dello scorso inverno, totalmente opposta a quella attuale. Allora la mancanza del manto nevoso fu lo stesso un disastro, ma nel senso esattamente contrario a quello di oggi. Infatti se l’inverno 2016 è stato caratterizzato dalla mancanza di neve, ancora di più il 2017 che pare sia stato l’anno più siccitoso degli ultimi secoli, specialmente a causa della mancanza del manto nevoso invernale sulle montagne, seguito da una estate calda e secca. Allo stesso modo si parlò – su stampa e televisione – di un disastro, ovviamente di tutt’altra natura.
Non è dunque sempre facile capire quale sia la corretta interpretazione degli eventi, in questo caso di tipo climatico. In entrambi i casi, si è sostenuto che la causa è sempre il riscaldamento globale, fatto questo che naturalmente ha le sue motivazioni, anche scientifiche, pure se può sembrare un controsenso confrontare il grande freddo di questo periodo, praticamente sull’intero emisfero settentrionale, col grande caldo precedente.
Tornando alla neve, che poi a ben considerare la quantità caduta fino ad oggi non è assolutamente un evento climatico anomalo, l’annata idrologica (2017/2018) ha posto delle buone basi per affrontare con maggiore serenità la prossima stagione estiva. Questo sia per la disponibilità idrica, quanto per i ghiacciai oggi in uno stato di forte riduzione.
Mi viene chiesto se adesso, queste nevicate abbiano normalizzato la situazione. La risposta è complessa dato che si dovrebbe fare riferimento a diversi fattori, ma di certo non è sufficiente un abbondante manto nevoso per pensare che la questione sia risolta. Infatti, per quanto una annata sia favorevole dal punto di vista degli accumuli nevosi, non basta per affermare che sia in atto una inversione di tendenza dell’andamento climatico negativo per le masse gelate delle nostre Alpi.
Inoltre, com’è noto, il bilancio glaciologico si fa alla fine dell’estate, quando si misura la differenza tra la quantità di acqua che si è accumulata in forma solida (neve) e quella che se ne è andata a causa dell’ablazione (scioglimento). Un poco come un bilancio economico il cui saldo è una differenza tra entrate ed uscite. Per ora stiamo contando le entrate; ci penseremo tra 8 – 9 mesi, dopo la perdita di acqua per fusione, a calcolare se il bilancio è stato, e di quanto, positivo.
Sarebbe troppo sbrigativo (e soprattutto molto poco scientifico) affermare che il clima è cambiato solo perché ci sono state delle nevicate abbondanti. Vale sicuramente la penna di ricordare l’inverno del 1985 quando, forse per la prima volta a memoria d’uomo, gelò completamente il fiume Adige nel rodigino, tanto che le immagini di allora mostrano la gente che lo attraversava tranquillamente a piedi camminando su uno strato di ghiaccio di spessore consistente. Tra l’altro, voglio il caso o no, proprio negli anni a seguire cominciò una fase climatica più calda che porto ad una intensa quanto drastica riduzione dei ghiacciai, tutt’ora in atto.
Una cosa è certa, sicuramente la neve è una risorsa il cui valore si apprezzerà anche nel corso della prossima estate, quando potremo forse sperare di aver scongiurato il pericolo di una nuova stagione siccitosa. Ovviamente in questo momento, per gli sciatori, e per tutto ciò che ruota attorno all’attività sciistica, con le positive ricadute economiche, questa abbondante presenza di neve non può che essere un fattore positivo.
Nell’immagine scattata da Franco Secchieri il Verena nel gennaio 2017
*Glaciologo