di Giorgio Gasco*
Si è chiusa una lunga campagna elettorale che ha avuto inizio ben prima dell’indizione dei comizi. Le “trombe” hanno di fatto iniziato a suonare nel dicembre 2016, con la sconfitta di Matteo Renzi al referendum istituzionale. Il Pd è riuscito comunque a restare alla guida del Paese affidandosi a Paolo Gentiloni che ha retto il timone fino alla scadenza naturale dei cinque anni di governo. Nel frattempo il Parlamento è riuscito ad approvare, più per necessità che per convinzione, una legge elettorale che più demenziale del Rosatellum non ci si poteva attendere dalla fervida fantasia del legislatore.
LA LEGGE
Ed è con questo sistema elettorale misto di uninominale e maggioritario, che 46,5 milioni di elettori per la Camera e 43 milioni per il Senato dovranno confrontarsi nel segreto dell’urna dalle 7 alle 23. Lo spoglio inizierà subito domenica 4 marzo, appena chiusi i seggi, con il conteggio dei voti per Palazzo Madama e poi a seguire per Montecitorio. Con gli exit poll si avrà una prima indicazione degli orientamenti degli elettori, quindi con le proiezioni inizierà a prendere corpo la consistenza del voto che avrà senso compiuto, così almeno si spera vista la complessità del sistema elettorale, verso il pomeriggio avanzato del 5 marzo. A quel punto ci si aspetterebbe la certezza di conoscere chi governerà l’Italia per cinque anni, salvo crisi durante il cammino. Ma non sarà così, dicono gli osservatori politici. L’unica cosa sicura sarà il nome del partito che potrà vantarsi di avere incassato più voti degli altri, ma si prevede che nessuna delle coalizioni (centrodestra, centrosinistra e Cinquestelle) supereranno la fatidica quota del 40% necessario per poter governare in santa pace. Il Rosatellum parla chiaro: ciascuno dei tre poli può sperare di governare solo se riuscirà a superare con le proprie forze la soglia del 35% dei voti; solo con il 36-37% dei consensi poi — ma a condizione di aver sbaragliato gli avversari nei 231 collegi uninominali — centrodestra, centrosinistra e M5S possono raggiungere la meta dei 316 deputati e dei 161 senatori, cioè la metà più uno delle assemblee parlamentari. Per una maggioranza stabile che abbia un margine di almeno 10-20 seggi sul «limite di guardia», insomma, serve avvicinarsi alla meta del 40% dei voti che, almeno oggi, nessuno dei contendenti sembra in grado di raggiungere.
Quindi, salvo smentite, neppure questa legge elettorale garantirebbe la stabilità di governo visto che, a oggi, nessuno dei tre poli è accreditato di questa forza. A conti fatti, è probabile che da martedì 6 marzo inizierà un’altra storia, salvo la nascita di alleanze estemporanee e per ora improbabili, che gli analisti già prevedono sarà quella di un governo di larghe intese che avrà il compito di approvare una nuova legge elettorale per riportare gli italiani al voto non prima di un anno.
SCHEDE ANTI-FRODE
L’elettore riceverà al seggio due schede una di colore rosa per la Camera e una di colore giallo per il Senato. Per la prima volta il ministero dell’Interno ha previsto un sistema contro i brogli. Al momento della consegna delle schede, gli scrutatori prenderanno nota di un codice, una stringa a barre alfanumerica presente sulla scheda stessa, scritta su un tagliando rimovibile. Dopo aver votato, l’elettore non avrà più il piacere di infilare la scheda nell’urna: lo farà il presidente di seggio che staccherà il tagliando dalla scheda, verificando se il codice è lo stesso di quello annotato. In pratica, il presidente stacca il tagliando antifrode dalla scheda, controlla che il numero progressivo sia lo stesso annotato prima della consegna e, successivamente, metterà la scheda senza tagliando nell’urna, recita la nuova legge. Il codice serve ad evitare che nell’urna finiscano schede compilate fuori dalla cabina (il cosiddette schede ballerine).
Ciascuna scheda – in un rettangolo – ha il nome e il cognome del candidato nel collegio uninominale. Nel rettangolo o nei rettangoli sottostanti, sono riportati il simbolo della lista o delle liste, collegate al candidato uninominale, con a fianco i nomi e i cognomi dei candidati (da un minimo di 2 a un massimo di 4) nel collegio plurinominale, secondo il rispettivo ordine di presentazione.
COSA SI VOTA
Il Rosatellum prevede un sistema elettorale misto sia alla Camera che al Senato: un terzo dei seggi è assegnato con il sistema maggioritario e due terzi con il sistema proporzionale. Con il sistema maggioritario in ciascun collegio viene eletto un solo candidato, quello che ottiene più voti. Con il sistema maggioritario sono assegnati 232 seggi alla Camera e 116 seggi al Senato. L’assegnazione dei restanti seggi del territorio nazionale (386 alla Camera e 193 al Senato) avviene con il metodo proporzionale.
COME SI VOTA
1) l’elettore barra solo il nome del candidato del collegio uninominale. In questo caso, il voto si trasferisce automaticamente al partito o ai partiti che lo sostengono nella parte proporzionale. Se vi sono più partiti a sostegno di una coalizione, il voto si ‘spalma’, in modo perfettamente proporzionale, a tutte le liste che lo sostengono in quella circoscrizione;
2) l’elettore traccia un segno solo sul simbolo della lista, cioè del partito, che vuole sostenere. Sia che si tratti di un partito singolo, sia che si tratti di un partito in coalizione, il voto dato al partito si trasferisce automaticamente anche al candidato nel collegio uninominale sostenuto dalla lista votata nella parte proporzionale;
3) l’elettore può tracciare un doppio segno sul candidato dell’uninominale e su una lista che lo appoggia nella parte proporzionale. Il voto è valido. Ma attenzione: il voto è nullo se l’elettore traccia due segni, uno sul nome del candidato nel collegio e uno sul simbolo di una lista, a cui quel candidato non è collegato nella parte proporzionale (e viceversa).
Vietato. Non si può votare per una lista e per un candidato uninominale non collegato a quella lista. In questo caso il voto viene annullato.
SBARRAMENTO
Tutto questo complesso procedimento, però, farà poca differenza se liste e candidati non supereranno la soglia di sbarramento. Per eleggere candidati nel proporzionale, una lista deve infatti ottenere almeno il 3% dei voti su base nazionale, per la Camera; al Senato lo stesso, ma riceve seggi anche se, fallendo l’obiettivo del 3% a livello nazionale, abbia ottenuto in una sola regione almeno il 20% dei voti. La soglia per le coalizioni invece è del 10% dei voti, a patto che almeno una delle liste che la compongono raggiunga il 3% a livello nazionale. Se una lista che fa parte di una coalizione non riceve il 3% a livello nazionale, non elegge nessun parlamentare: se ottiene però più dell1%, i voti che ha raccolto vengono distribuiti tra i suoi alleati.
VENETO
Sono state presentate 19 liste complessive, ma 18 per ognuna delle schede elettorali, visto che «Per una Sinistra rivoluzionaria» corre solo al Senato e «10 Volte Meglio» solo alla Camera:
Senato – Movimento 5 Stelle; Italia agli italiani – FN; Partito Repubblicano italiano – Ala; Potere al popolo; Grande Nord; Coalizione centrosinistra (nell’ordine: PD, Italia Europa Insieme, Civica Popolare – Lorenzin, +Europa); Per una Sinistra rivoluzionaria; Liberi e Uguali; Partito Valore Umano; Casa Pound; Il Popolo della famiglia; Coalizione centrodestra (nell’ordine: Fratelli d’Italia, Noi con l’Italia – Udc, Forza Italia, Lega – Salvini).
Camera Veneto 1 (Venezia, Treviso, Belluno) – Il Popolo della Famiglia; Coalizione centrodestra (nell’ordine: Lega – Salvini, Fratelli d’Italia, Noi con l’Italia – Udc, Forza Italia); Grande Nord; Potere al Popolo; Italia agli Italiani – FN; Casa Pound: Dieci volte meglio; Partito Valore Umano; Liberi e Uguali; Movimento 5 Stelle; Coalizione centrosinistra (nell’ordine: +Europa, Civica Popolare – Lorenzin, PD, Italia Europa Insieme); Partito repubblicano italiano – Ala.
Camera Veneto 2 (Verona, Vicenza, Padova, Rovigo) – Casa Pound; Partito Valore Umano; Italia agli Italiani – FN; Dieci volte meglio; Coalizione centrosinistra (nell’ordine: +Europa, PD, Civica Popolare – Lorenzin, Italia Europa Insieme); Il Popolo della Famiglia; Grande Nord; Partito repubblicano italiano – Ala; Movimento 5 Stelle; Potere al Popolo; Coalizione centrodestra (nell’ordine: Lega – Salvini, Noi con l’Italia – Udc, Forza Italia, Fratelli d’Italia); Liberi e Uguali.
Quanti posti – Il Veneto eleggerà 74 parlamentari (50 alla Camera, e 24 al Senato) con una dote di due eletti in più, per l’aumento della popolazione. Nel maggioritario ne saranno eletti 28, poco più di un terzo; gli altri 46 (31 deputati e 15 senatori) usciranno dai mini-listini bloccati (da 2 a 4 candidati) che ogni partito potrà presentare nei collegi plurinominali.
*Giornalista