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Addio al “Signor Aprilia”, dalle biciclette all’impero delle moto

di Beppe Donazzan*
“Il più grande patrimonio che abbiamo è l’intelligenza: è il meno caro e il più difficile da far funzionare. I miracoli non esistono. Ho messo a fuoco soltanto alcune idee nate dall’enorme passione che ho avuto per le moto. La casa dove vivevo era anche un’officina. Era tutto. Là si viveva e si lavorava. Dormivo tra cerchioni e fanali di biciclette. Non c’era patrimonio: mio padre Alberto, tutti lo chiamavano Berto, cercava di incassare in fretta e pagare i fornitori il più tardi possibile.
Era una soluzione per poter tirare avanti”, mi raccontò in un’intervista Ivano Beggio, uno dei grandi personaggi del Nordest, fondatore della Casa motociclistica Aprilia, che se ne è andato all’età di 73 anni.
L’Italia del dopoguerra, l’Italia della ricostruzione. Una storia di sacrifici e sudore quella di Beggio, come tante altre.
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“Papà Berto era un artigiano. Riparava biciclette e vendeva accessori a Noale. Campanelli, pompe, gomme e camere d’aria. Caricava la sua Topolino e passava di meccanico in meccanico a proporre la merce. Allora, vendere voleva dire andare a Mira o a Mestre. Il commercio, dilatato nel circondario, era la sua America. Poi si era aggiunta Mogliano. Ricordo che facemmo festa”, un’altra immagine dell’inizio della storia che mi raccontò Ivano Beggio, inserita nel mio libro “Il Signor Aprilia” edito da Marsilio.
Nemmeno quarant’anni dopo e Noale sarebbe diventata un centro tra i più conosciuti del mondo. Per la motocicletta. La sede  di un impero con stabilimenti sparsi per l’Italia, filiali negli Stati Uniti Ad Atlanta, in Giappone e in Brasile.
“L’Aprilia cos’è? A tutti coloro che, ancora, me lo chiedono, rispondo che Aprilia  è un’azienda che ama sognare ma che subito dopo programma, investe e lavora in gruppo per realizzare il sogno”, mi raccontò ancora Beggio. La formula di un successo planetario.
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A percorrere la storia di questa piccola azienda, diventata realtà grande in poco tempo, le parole di Ivano Beggio, il presidente, agitatore di sogni, assumono infatti un valore particolare. Successi sportivi e crescita, escalation  da Guinness dei primati: 180 miliardi delle vecchie lire nel 1992; 590 nel 1995; oltre 1000 miliardi nel 2000. Per Aprilia Sport&Produzione sono legati indissolubilmente, filosofia impressa soltanto nei marchi-mito delle competizioni motoristiche. A due e quattro ruote. Come la Ferrari. A metà degli Anni Ottanta Ivano Beggio chiese ad alcuni analisti della Bocconi di Milano di analizzare il futuro, di scoprire se ci fosse spazio per un nuovo costruttore di motociclette che non fosse giapponese. Gli avevano consigliato di cambiare strada. Beggio non li ascoltò. Seguì la passione e l’istinto e vinse la partita. Rivoluzionò in maniera geniale il mondo degli scooter con i colori, decise la sfida della pista scoprendo i più grandi talenti, Max Biaggi e Valentino Rossi, tanto per citare due nomi. Campionati mondiali a raffica, l’Aprilia diventò tanto grande da battere e far piangere i costruttori giapponesi. Poi a metà del Duemila la cessione al Gruppo Piaggio. Ma questa è un’altra storia.

 


beppe donazzan*Giornalista – Scrittore

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