di Daniela Baldo*
Può uno studente di liceo che vive nella tranquilla e ricca provincia emiliana diventare un convinto paladino della lotta alla mafia? Non è la trama di un romanzo, ma la vicenda vera di Elia Minari, oggi ventiquattrenne studente di Giurisprudenza, che nel 2009 con un gruppo di amici creò un giornalino scolastico e ad una web tv con cui iniziò a realizzare video inchieste dopo aver scoperto che la discoteca che volevano affittare per la tradizionale festa di fine anno del liceo era gestita da personaggi vicini alla ‘Ndrangheta.
Da questa esperienza Elia Minari ha tratto spunto per il suo primo libro, Guardare la mafia negli occhi che documenta le inchieste realizzate con gli amici dell’associazione Cortocircuito da lui stesso fondata. Tutte storie reali, vissute in prima persona da un ragazzo di appena vent’anni, alcune addirittura, con sua grande sorpresa, finite nelle aule di tribunale all’interno del processo Emilia istruito contro le infiltrazioni della ‘Ndrangheta in Emilia Romagna e nel Nord Italia. Inchieste coraggiose portate avanti da un giovane studente che dimostra una passione civile e un senso civico non comuni e che in questi mesi sta girando l’Italia per testimoniare che ciascuno di noi può fare la sua piccola, ma importante, parte per combattere il clima di corruzione, ingiustizia e illegalità diffusa che le mafie dei cosiddetti “colletti bianchi” hanno contribuito a diffondere nel nostro Paese; soprattutto nelle regioni del nord, molto ricche e proprio per questo nel mirino degli interessi mafiosi.
Elia studia documenti, va alla ricerca delle attività di imprese sospette e non, indaga sulle assegnazioni di alcuni appalti pubblici, sui cantieri della Tav e sulla gestione del traffico dei rifiuti. Trova un filo conduttore che lega cose apparentemente lontane tra loro, va in profondità, non si accontenta delle prime risposte che trova, spinto dalla curiosità di approdare alla verità. Dovrà subito scontrarsi con un clima di omertà, subendo accuse pubbliche come quella del parroco di Brescello, comune poi sciolto per mafia, che lo ritiene responsabile di danneggiare il turismo del paese di Peppone e don Camillo. Subisce minacce esplicite da imprenditori e inviti a non parlare troppo durante un incontro pubblico da parte degli avvocati di qualche personaggio dalla dubbia moralità. Ma tutto questo non ferma Elia e le sue inchieste arrivano nelle aule dei tribunali nell’ambito di cinque indagini sulle infiltrazioni della criminalità organizzata al nord Italia.
Guardare la mafia negli occhi è un libro testimonianza che si legge come un romanzo avvincente e che conduce il lettore a scoprire il modus operandi della criminalità con l’obiettivo di fornire di sé un’immagine pulita attraverso trasmissioni pilotate, manifestazioni pubbliche, articoli di giornale e un utilizzo strategico dei social media. Una mafia, insomma, che nasconde il suo vero volto dietro un’immagine rassicurante e pulita.
Ciò che insegna questo libro è che nessuno può ritenersi immune dai tentacoli sempre più subdoli delle mafie moderne, ma soprattutto che l’esempio di Elia Minari non deve rimanere isolato, che non è necessario essere un carabiniere, un investigatore o un magistrato per lottare contro l’illegalità. Tutti possiamo fare la nostra parte, dare il nostro contributo, aiutare la società civile a sconfiggere la rassegnazione e il senso di impotenza che spesso diventano soltanto dei pretesti a non fare. Magari soltanto decidendo di non affittare una discoteca sospetta.
Guardare la mafia negli occhi – Elia Minari – Rizzoli – 18 euro