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Tanti auguri Riccardo Patrese, grande in pista e nella vita

di Beppe Donazzan*

Aveva iniziato a Montecarlo la sua carriera in Formula 1, Riccardo Patrese. Era il 1977. E sempre qua aveva conquistato la sua prima vittoria. Era il 1982, il 23 maggio. Aveva 28 anni. Quel successo era arrivato in maniera rocambolesca, aveva tagliato il traguardo senza sapere di essere il vincitore.

Uno dei più incredibili finali della storia. Prost, con la Renault, era andato a sbattere ad appena tre giri dalla conclusione. Passò al comando proprio Rik con la sua Brabham. Ma qualche secondo più tardi era incappato in un testacoda al tornante dell’hotel Loews causa l’asfalto reso viscido dalla pioggia caduta improvvisamente. Toccò allora a Didier Pironi, ma la sua Ferrari rimase a secco di benzina, sotto il tunnel, qualche chilometro più avanti. In testa si installò De Cesaris con l’Alfa. Nemmeno lui sarebbe stato il vincitore perchè la macchina iniziò a saltellare fino a fermarsi. Come la Ferrari senza carburante. Ed era lo frastornato Riccardo Patrese a tagliare il traguardo. Senza nemmeno immaginare che, di lì a poco, sarebbe salito sul podio accanto al principe Ranieri e alla principessa Grace. Pazzesco. Una corsa che aveva comunque meritato e che era stata firmata anche dal giro più veloce a 138 km/h di media. Una carriera lunghissima, 17 anni trascorsi sulle piste di tutto il mondo, 256 Gran Premi disputati. E poi sei vittorie, otto pole position, 28 volte in prima fila, 17 volte secondo, 14 volte terzo, 2579 km in testa, un palmares da grande driver.

Alla fine del 1993 aveva detto: basta. Era stanco. Alle spalle 17 anni di corse, tante, tantissime. Dopo sei anni con la Williams, all’inizio di quell’anno era approdato alla Benetton di Flavio Briatore. E aveva trovato Michael Schumacher, che si era dimostrato subito velocissimo. Fin troppo veloce. Rik era a fine carriera, Michael all’inizio. L’esperienza avrebbe pesato, pensava. Quante macchine aveva guidato e quante ne aveva provate. Era una enciclopedia tecnica della Formula 1. Aveva pilotato di tutto, motori con il turbo, propulsori aspirati, macchine con le minigonne, con spoiler piccoli o giganteschi, sospensioni tradizionali e attive, gestite cioè dal computer, cambi manuali e semiautomatici, con aerodinamiche tozze oppure affilate come missili. Aveva vissuto l’intera evoluzione della tecnologia più estrema. Il suo lavoro era stato sempre apprezzato. Ma contro Schumacher tutto quello non era stato sufficiente. Michael lo aveva battuto, Rik ne era uscito stritolato alla fine della stagione. “Questo diventerà il più forte di tutti”, aveva profetizzato. E’ andata proprio così.

Aveva lasciato in silenzio. Stanco per un mondo che aveva visto non essere più suo. Si era ritirato nella sua Padova. Tanti interessi, mille sport. Ha sempre eccelso in tutto Rik. Con la forza della volontà era diventato bravo perfino a giocare a calcio. Sua e dell’amico Mario Di Natale, infatti, l’idea di allestire una Nazionale Piloti. Nata nel 1979, consolidata due anni più tardi con le prime partite. Avevano raccolto l’adesione del più forti piloti di Formula 1. E non solo. Anche i rallisti, Sandro Munari in testa, avevano smesso la tuta e si erano infilati calzoncini, maglietta e scarpe bullonate e si erano messi a correre dietro un pallone. Per solidarietà. In oltre trent’anni di attività la squadra di calcio del presidente Patrese ha raccolto oltre venti milioni di euro, tutti devoluti in beneficenza.

Riccardo Patrese, 64 anni, nato il 17 aprile 1954, un grandissimo.

 


beppe donazzan*Giornalista e Scrittore

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