di Nelli-Elena Vanzan Marchini*
I primi stabilimenti balneari che sorsero al Lido di Venezia nel corso dell’Ottocento erano attrezzati per garantire la salute e il vigore fisico che “l’onda viva del mare” offriva con il suo corroborante amplesso. Dal XVIII secolo la ricerca scientifica aveva valorizzato infatti il potere terapeutico dell’uso interno ed esterno dell’acqua sia di fonte che di mare.
A metà Settecento il medico Richard Russell aveva teorizzato l’efficacia della balneoterapia marina per la cura della “scrofola”, forma di tubercolosi ghiandolare e ossea che mieteva tante vittime fra i figli dei poveri. Il medico fiorentino Giuseppe Barellai a partire del 1842 fondò Ospizi Marini in tutta Italia per curarla e a Venezia trovò dei preziosi alleati nei medici Giacinto Namias primario dell’Ospedale Civile e nel di lui nipote Moisè Raffaello Levi che, sostenuti dalla filantropia di tutto il Veneto, istituirono al Lido in località alle Quattro Fontane l’ “Ospizio Marino Veneto”, era il 1868.
Per i ricchi già nel 1833 Tommaso Rima, primario chirurgo dell’Ospedale Civile, aveva aperto un lussuoso stabilimento di bagni galleggianti nel Bacino di San Marco davanti alla Punta della Salute, attivo da giugno a settembre. Lo straordinario potere terapeutico del bagno salso e del clima lagunare, che avvolgeva i corpi con le sue nebbie e li penetrava con la sua umidità, trovò avvallo scientifico nelle ricerche del cattedratico padovano Valeriano Luigi Brera pubblicate nel 1837.
Il bagno di laguna era prescritto per molti tipi di affezioni sia organiche che nervose cosicché nel 1858 si contavano a Venezia undici stabilimenti, per lo più lungo il Canal Grande, dotati di camerini attrezzati per bagni caldi e freddi, con acqua dolce (più costosa perché portata con le barche “acquarole” dalla terraferma) o con acqua salsa pescata direttamente dai canali. Si facevano massaggi, impacchi di alghe e di fanghi di laguna, dopo il 1846 si utilizzarono anche i fanghi d’Abano, poiché l’arrivo della ferrovia consentì di trasportarli velocemente.
Nel 1854 venne bocciato dal Governo Austriaco il progetto di un grande stabilimento termale nel cuore di Venezia sulla Riva degli Schiavoni, allora gli investitori, convinti dello sviluppo di questo promettente settore economico, puntarono sul Lido. Inizialmente la sabbia delle dune digradanti nel mare, tanto amate da George Byron da volervi essere sepolto sotto la lapide “Byron implora pace”, fu avvertita come un elemento negativo che si frapponeva alle benefiche onde. La sabbia impolverava e sporcava le ampie vesti delle signore, penetrava nelle scarpe e nell’abbigliamento azzimato dei bagnanti perciò i primi stabilimenti furono dotati di passerelle sospese che conducevano ai servizi di ristoro e ai camerini sistemati su palafitte dalle quali si scendeva direttamente nell’acqua tramite scalette. Il tutto era scrupolosamente in legno , facilmente rimovibile in caso di conflitto e di possibili sbarchi nemici che avrebbero potuto usare le strutture come postazioni militari.
Solo dopo il 1866, con il passaggio di Venezia all’Italia, gli stabilimenti balneari poterono liberarsi della loro precarietà e dotarsi di strutture in muratura. Discosto dallo stabilimento centrale in asse con il Gran Viale, sorse quello alla Favorita con un vasto parco che collegava il mare alla laguna, dotato di servizi di ristoro, teatro all’aperto e di vari intrattenimenti.
Intanto la ” Società degli impiegati” e i privati avevano ottenuto lo spazio sull’arenile per costruire un gran numero con le fogge e le dimensioni più svariate con discutibili risultati estetici. Il giornale “L’Adriatico” nel 1903 osservava che erano “un’accozzaglia confusa delle forme più diverse e più strane , uno stridore molesto di colori dissonanti: capanne lunghe e larghe, strette , rettangolari, quadrate, col tetto acuminato e spianato, rosse, verdi, gialle, violette e turchine, un vero villaggio abissino”. Auspicava che venisse imposta qualche regola . Ci pensò la Compagnia Italiana Grandi Alberghi fondata nel 1906 che, rilevata nel 1908 tutta la spiaggia, fece demolire tutte le capanne, e il vecchio stabilimento , per crearne uno nuovo e lussuoso e imporre ai “capannisti” delle regole. Lo scenario mutò : la spiaggia, scandita da capanne ordinate e uguali, si sviluppò omogenea e armonica a fianco delle strutture balneari del Grand Hotel Des Bains inaugurato nel 1900 e del Grand Hotel Excelsior, costruito direttamente sulla spiaggia nel 1908. Entrambi, fronte mare, si proponevano come “alberghi sanatori” dotati di servizi per la cura del corpo con le risorse ambientali, con la ginnastica e gli sport. In essi si riproponevano i modelli delle villes d’eau sorte per il termalismo delle fonti, ma si sperimentavano i nuovi sviluppi del turismo balneare che andava organizzandosi sulle coste europee da Margate a Brighton, da Biarritz all’isola di White, da Dieppe a Rimini, da Viareggio a Trieste.
Nel 1910 il dottor Giulio Ceresole, convinto assertore dell’impiego terapeutico delle risorse climatiche, misurate e utilizzate scientificamente, fondò sulla spiaggia dell’ Excelsior l'”Istituto per lo studio della climatologia marina e talassoterapia del Lido di Venezia”. Alla sua direzione era stato affidato anche il centro fisiokinesiterapico al piano terra dell’Excelsior fornito di attrezzature svedesi d’avanguardia . Con l’inizio della prima guerra mondiale le macchine furono trasferite all’Ospedale Civile perché si pensava che l’albergo sarebbe stato distrutto. Così non fu, ma il conflitto arrestò la rapida espansione turistica ed economica del Lido. La fine della guerra segnò la ripresa e la moltiplicazione delle strutture terapeutiche volte a sanare le profonde ferite nel fisico e nella psiche che le nuove generazioni avevano riportato dal fronte. L’igienismo ereditato dall’800 e la convinzione che le terapie del mare fossero la migliore profilassi e cura della tubercolosi costituirono le premesse alla creazione di colonie e convalescenziari sui quali il fascismo puntò come modelli formativi di massa organizzando villeggiature en plein air di giovani Balilla e di militanti di ogni età.
L’Ospizio Marino Veneto, trasferitosi nel 1921 in un’ampia zona sul mare alla Favorita, sviluppò lentamente le funzioni di un vero e proprio sanatorio attrezzato per curare con il mare, l’aria e il sole non solo i bambini scrofolosi, anche i rachitici e gli adulti affetti da varie patologie. Il mito fascista della prestanza fisica e della purezza della razza potenziò la struttura che divenne un modello europeo.
Giulio Ceresole nel 1928 pubblicò nel saggio: “La spiaggia del Lido e le sue particolari caratteristiche” i risultati delle ricerche sulle potenzialità terapeutiche della sabbia né polverosa , né granulosa perché costituita per metà di materia e per metà di aria in una composizione ideale per incamerare il calore e per rilasciarlo lentamente. La presenza di minerali provenienti dalle Dolomiti, riscaldati dal sole, accentuava le sue qualità per il trattamento delle malattie reumatiche. Il clima del Lido nei mesi caldi era sedativo e adatto alla cura di “inquieti, nervosi, gottosi, sofferenti di nevralgie…” nei mesi freddi era stimolante e indicato per linfatici, anemici, rachitici…. era consigliato in ogni stagione per i convalescenti in genere. Le polverizzazioni di acqua di mare erano ideali per gli adenoidei e i sofferenti di laringiti, faringiti, catarri… Egli teorizzò scientificamente i tempi e i modi del bagno di sole, di aria e di sabbia.
Nel 1930 il Ceresole fondò all’Ospedale al Mare la “Scuola Italiana di Talassoterapia” che divenne un riferimento internazionale per il trattamento della malattie con le risorse marine. Nel 1933 l’Ospizio Marino di venne Ospedale al Mare e la sua storia accompagnò lo sviluppo turistico e demografico del Lido dotandosi dei reparti di un istituto di cura e rispondendo alle esigenze di una popolazione passata da 1317 abitanti nel 1868 a 9123 nel 1931. L’Ospedale, specializzatosi nel trattamento di varie affezioni con le risorse ambientali, attrasse con le sue eccellenze pazienti da tutta Italia. Il Lido era menzionato come rilevante stazione climatica e terapeutica in tutte le guide mediche e turistiche internazionali. I Grandi Hotel, i servizi di lusso dall’aeroporto al Golf , dal tennis alle competizioni equestri e nautiche , dalle esibizioni aeronautiche alla mostra del cinema, come traspare dalle pubblicità, dagli opuscoli e dalle cartoline, caratterizzarono lo sviluppo dell’isola attraendo il bel mondo.
La seconda guerra mondiale, cancellando le dittature, segnò anche la fine dell’utilizzo ideologico del tempo libero per l’indottrinamento delle masse, si andò allora affermando l’industria dell’evasione e dello svago basata sulla libera concorrenza. Il boom economico e gli sviluppi della chimica produssero la fortuna della case farmaceutiche che con i loro prodotti, reclamizzati con i nuovi e capillari mezzi di comunicazione, surclassarono le terapie naturali. Il consumismo dei farmaci esorcizzò e rimosse l’esperienza della malattia e indusse a credere che la salute e il benessere si potessero comperare e assumere in pillole dimenticando i tempi e i modi della forma fisica riguadagnata a contatto con la natura, nella sabbia e nel sole.
Solo a fine Novecento nuove correnti di pensiero hanno evidenziato i danni dell’ industria chimica all’ambiente e i rischi per l’organismo dell’abuso dei farmaci, proponendo un nuovo rapporto con la natura. La New Age, la medicina olistica e omeopatica, lo studio delle qualità dei cibi e la ricerca delle peculiarità sananti dei prodotti naturali hanno aperto un nuovo capitolo anche nella storia del termalismo e della talassoterapia.
Per l’area dell’ex Ospedale al Mare, che costituisce il più grande quartiere di Venezia sul mare, ora in assoluto degrado, per i 33 edifici, il teatro e la chiesetta liberty, il parco e la spiaggia terapeutica vi potrebbe essere una rinascita nel segno della valorizzazione delle risorse ambientali con la creazione di una nuova città termale-talassoterapica che riesca a conciliare un turismo residenziale sostenibile con dei servizi terapeutici che abbiano una ricaduta positiva anche sulla popolazione. Dal Lido, le cui attività ricettive funzionano nei soli mesi estivi, potrebbe cominciare la riqualificazione del turismo di tutta la città con l’attivazione di un’offerta di benessere in un ambiente fruito nel rispetto della natura. La specificità di Venezia, bene ambientale unico nella sua laguna, nel suo rapporto con i lidi e il mare, è stata ignorata da quell’industria turistica che alimenta soprattutto il numero dei visitatori giornalieri, strozzando la qualità della vita dei residenti e uccidendo la civiltà che l’ha inventata e ce l’ha consegnata. Il rilancio del termalismo marino al Lido e il recupero dell’Ospedale al Mare con la valorizzazione della sua spiaggia terapeutica potrebbero costituire un’occasione unica per invertire la tendenza e favorire un turismo sostenibile.
Per approfondimenti rinvio al mio libro: Le terme di Venezia, Verona Cierre 2016.
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* Scrittrice – Docente