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Gli alberi iniziano a fiorire, nei viali e nelle pennellate di Ida Harm

di Carlotta Fassina*

In città non ci sono le ninfe degli alberi. Raramente tocchiamo cortecce e tenere foglie; attraversiamo i nostri piccoli giardini urbani di fretta, li usiamo per lo svago e la passeggiata col cane, ma i nostri occhi non sono abituati a spaziare dalle radici, al tronco, alle chiome, nei ritagli di cielo tra le case e le cose, a contemplare la bellezza degli alberi. Gli abbattimenti e le mutilazioni non ci fanno abbastanza orrore e forse neppure il silenzioso sparire dei centenari o l’agonia delle nuove leve, assetate e dimenticate.

Una notizia però si diffonde in questi giorni di quartiere in quartiere: i tigli dei viali e dei parchi stanno incominciando a fiorire. Il linguaggio dell’annuncio è un delicato profumo che richiama api e altri impollinatori, l’immagine quella di migliaia di fiorellini penduli e giallini. Desterà anche la nostra attenzione?

Sono ancora in fiore le robinie, prima di loro erano fioriti gli ippocastani e prima ancora pruni e ciliegi. Ogni anno lo stesso evento, lo stesso grandioso succedersi che in città ha l’aspetto di un prodigio, per chi sa notarlo.

Ci hanno raccontato mille volte dell’importanza del verde in megalopoli umane sempre più inquinate e calde; non abbiamo bisogno di ulteriori conferme della sua utilità, ora abbiamo bisogno di serie e lungimiranti politiche di ripristino e incremento. La FAO sta lanciando una campagna di riforestazione urbana per le città sempre più grandi dei Paesi emergenti; di contro una recente ricerca attesta la perdita di milioni di alberi ogni anno dalle città americane. Viviamo nell’oblio dei parchi, dei boschi e degli alberi della nostra infanzia, non riusciamo più a volerli accanto a noi, quasi che l’essere diventati adulti civilizzati e tecnologici crei in noi l’imbarazzo per elementi così semplici e naturali.

Erano gli alberi i protagonisti dei primi disegni che facevamo da bambini, forse perché ci apparivano dei giganti paterni o perché risvegliavano in noi la nostra indomita provenienza selvatica. Alberi e bambini sono (sarebbero) un connubio perfetto, anche se sempre più ostacolato, più difficile.

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Per questo motivo nelle pennellate della pittrice, e mamma, Ida Harm*1, che vive e lavora a Padova, altalene e bambini nell’aria, tra l’erba e sotto gli alberi, rievocano i ricordi d’infanzia. Sono grandi gli alberi di Ida, attraversati dalla luce che scintilla tra le foglie e i fili d’erba.

“Il tutto profuma di corteccia, di foglie verdi e linfatiche; il tutto risuona di uccelli, stormisce al vento, si rigenera nei chiari scuri delle fronde sulla terra.”

L’albero in fondo ha fatto parlare indovini e poeti, ha vissuto del sacro e “come un dio che soffia il suo Verbo sulle cose per donargli la vita, anche i testi di poeti, filosofi, pensatori arricchiscono le tele di parole sussurrate, mai del tutto svelate”.

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Come Orfeo sulla collina a suonare la lira, voglio far venire a me gli olmi ammantati di viti, gli ornielli e tutte le piante che conosco e che amo.  Non mancheranno << il bosco delle Elìadi, non il rovere dalle alte fronde, né i molli tigli né il faggio e il vergine alloro, né i fragili noccioli e il frassino buono per le lance, e l’abete senza nodi e il leccio che s’incurva per le ghiande, e il platano festoso e l’acero che trascolora” (Ovidio, metamorfosi libro X, 85-105).

*1 I Le immagini  riproducono dipinti di Ida Harm.  L’autrice inizia il suo viaggio fra gli alberi 18 anni fa. L’amore per i grandi alberi secolari è sempre vivo nei suoi dipinti. Dal 2017 è membro del gruppo internazionale di artisti con base a Londra: gli Arborealisti.


carlotta fassina*Scienze Naturali

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