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Il paesaggio terrazzato vicentino, 4 incontri tra storia e prospettive

di Carlotta Fassina*

Stivali per affondare i piedi nelle fredde acque del fiume più corto d’Italia, l’Oliero; un piccone e due setacci per analizzare la terra; un lentino e 5 quadrati di 10 cm di lato per indagare le cortecce: sono questi gli strumenti del mestiere usati da Roberto Battiston e Nicola Tormen durante il secondo incontro dei 4 previsti del progetto “il Paesaggio terrazzato vicentino: storia e prospettive”. 

L’idea di questo ciclo è venuta ad Antonio Dal Lago, conservatore del Museo Naturalistico e Archeologico di Vicenza, che ha preso a cuore l’ambiente dei paesaggi terrazzati vicentini grazie alla conoscenza di varietà locali di legumi lì coltivati e a seguito dell’incontro internazionale sui terrazzamenti, organizzato dalla Regione Veneto nel 2016 a Padova. Hanno partecipato all’organizzazione anche i Musei dell’Altovicentino e la WBA (World Biodiversity Association). Il fine è quello di avviare un dibattito e di creare interesse attorno un utilizzo dei terrazzamenti per forme di sviluppo economico e socio-culturale a basso impatto sull’ambiente.

L’appuntamento di domenica 20 maggio a Valstagna, che sarà replicato a Posina il 27, ha avuto come focus proprio la biodiversità nascosta della Val Brenta, quella che normalmente non si sa quasi che esista, ma che è fondamentale negli studi che utilizzano proprio piccoli organismi viventi per valutare lo stato di salute degli ambienti naturali e agricoli su cui l’uomo fa sentire la sua influenza.

Così i due studiosi della WBA hanno raccolto, e fatto raccogliere ai presenti, una moltitudine di larve e adulti d’insetti, minuscoli gamberetti, lombrichi, ragni, millepiedi, pseudoscorpioni e persino piccolissimi scorpioni, dal fondo dell’Oliero e del Brenta e dai terreni di alcuni terrazzamenti. L’analisi dei licheni presenti sulle cortecce di alcuni alberi ha poi permesso di valutare la salubrità dell’aria.

I terrazzamenti della Val Brenta sono dei ripiani racchiusi da muri di sostegno, realizzati in pietra. Sono strutture in un certo modo plastiche, capaci di mitigare la forte pendenza e di venire incontro al bisogno agricolo di piccole comunità. Alla loro realizzazione contribuirono, a partire dal 1700, intere famiglie locali perché si trattava di un’attività difficile, lunga e faticosa. Era però l’unico modo per coltivare la terra entro una stretta valle in cui le persone erano spesso costrette a lunghe assenze da casa in cerca di sostentamento per sé e i propri cari.

Già con la Serenissima iniziò, sui terrazzamenti a migliore esposizione, la coltivazione del tabacco, che vide il suo massimo sviluppo tra il 1880 e i primi decenni del novecento. Le parcelle mene idonee di quella terra “sospesa” erano invece destinate alle coltivazioni di sussistenza. La grassa, il concime ricavato dalle deiezioni degli animali, era portata a piedi lungo piccoli sentieri a gradini, fino in alto, per migliorare la matrice dura e sassosa che era stata stesa a ridosso delle masiere, i muri di contenimento.

Quando il tabacco non fu più sufficientemente remunerativo per le popolazioni locali i terrazzamenti furono lasciati a bosco e non più coltivati,

In questi ultimi anni però si comincia a capire che queste forme di gestione territoriale hanno la loro importanza anche per il consolidamento dei versanti, oltre che come valore culturale, paesaggistico e turistico.

Così cominciano a germogliare alcuni progetti di conservazione, da parte di amministrazioni locali e proprietari, che prevedono forme di agricoltura di auto-sussistenza o di “viticoltura eroica”.

La prima uscita sul campo del 20 maggio sulla biodiversità ha analizzato i primi 10-15 centimetri di suolo campionato in due diverse stazioni. La prima è stata un vigneto sperimentale che si trova a destra delle grotte di Oliero. I giovani che hanno ricevuto dal comune di Valstagna la gestione dell’appezzamento a più livelli, hanno da poco messo a dimora vitigni tradizionali e robusti come, per esempio, il negrone, diffuso nell’ottocento tra la Valsugana, il Trentino e la Vallagarina. L’analisi condotta in due punti, uno in pieno vigneto e l’altro in una zona di controllo al margine di questo, ha dato buoni risultati in termini di presenza di macro-invertebrati, evidenziando per la parte a vigneto un numero di specie un po’ inferiore a causa della forte insolazione del ripiano.

La seconda stazione, sita lungo il “Sentiero del Vu”e a minor quota e insolazione, è invece di proprietà di una famiglia che ha caparbiamente sottratto all’abbandono un bellissimo angolo di paesaggio terrazzato, realizzando un orto, altre coltivazioni e una zona a futuro uso didattico, tenuti secondo il metodo sinergico. Anche questo è un progetto in divenire, che promette però già molto bene, vista la qualità del terreno e quella dell’aria, ottenuta, quest’ultima, dall’analisi accurata dei tipi di licheni presenti sulle cortecce degli alberi da frutto.

Per sperimentare l’entusiasmo della ricerca sul campo, durante l’appuntamento di Posina del 27 maggio, o il piacere dell’escursione “verso le terre sconte” di Malo, del 10 giugno, basta contattare il Museo Naturalistico Archeologico di Vicenza al numero 0444 222841 o via mail all’indirizzo museonatarcheo@comune.vicenza.it .


carlotta fassina*Scienze Naturali

 

 

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