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7 giugno 1880, “un bolide splendidissimo traversava il cielo”

.di Carlotta Fassina*

Non era un giorno festivo, era un martedì, e forse a quell’ora erano in giro per le piazze del Veneto pochi uomini in abito da sera scuro, accompagnati dalle loro dame dai vestiti lunghi e aderenti in vita e dall’immancabile cappellino in capo. Quel bagliore improvviso, così forte da rischiarare a giorno le piazze, fu probabilmente una grande sorpresa.

La sera del 7 giugno 1880, appunto, “un bolide splendidissimo traversava il cielo nella direzione all’incirca da ENE a WSW con una traiettoria inclinata alquanto verso il Sud”. Così scriveva l’illustre scienziato Almerico da Schio, noto per la costruzione del dirigibile Italia, nel bollettino numero 8 dell’Osservatorio meteorologico dell’Accademia Olimpica di Vicenza, di cui era al tempo direttore. Proprio il 1880 fu per la meteorologia, bolidi a parte, un anno importante perché la documentazione scritta degli studi climatici, di piovosità e dei fenomeni atmosferici in generale, compresi quindi anche gli eventi straordinari, ebbe un’impennata in diversi luoghi del Pianeta, tanto che oggi la maggior parte delle analisi dei cambiamenti climatici partono proprio da lì.

Almerico da Schio era senz’altro un uomo preciso, oltre che cultore di svariate scienze, e così, grazie a lui, abbiamo la documentazione di eventi speciali come il passaggio delle meteore, chiamate bolidi, di uragani come quello del 22 luglio 1880 e di fenomeni rarissimi come l’aurora boreale vista a Vicenza nelle notti del 24 e 25 ottobre 1870.

meteorite dipinto MedvedevMeteorite dipinto da Medveved

Tornando però ai “bolidi”, occorre ricordare che meteore e meteoriti non sono sinonimi: il primo termine si riferisce ai corpi che si disintegrano a contatto con l’atmosfera terrestre senza toccare il suolo, mentre il secondo a quelli di essi che, rimasti interi o frammentatisi in sciami a causa dell’attrito con l’atmosfera, arrivano a collidere con il suolo o altre superfici della Terra,  conficcandovisi o formando crateri più o meno ampi. Si tratta, in ogni caso, di corpi celesti costituiti da roccia silicatica e leghe metalliche di ferro e nichel.

Nel suo bollettino meteorologico, Almerico da Schio descrive più “bolidi” passati sopra la città di Vicenza in tempi diversi. Quello della sera del 7 giugno del 1880 si fece particolarmente notare perché lo studioso raccolse e trasmise le cronache provenienti dalle città sopra cui la meteora volò e infine esplose.  “Il nucleo, grosso all’incirca come la luna piena, in forma di pera, lasciava dietro di sé una coda di materia incandescente, somigliante a faville, a sprazzi, a pioggia d’oro, la quale disegnava il cammino percorso.” La meteora “da ultimo scoppiò con una forte detonazione, a cui seguì un rombo sordo e prolungato”. Tra le segnalazioni annotate alcune sono piuttosto curiose come quella proveniente da Casier dove “un operaio ebbe la sua camera completamente rischiarata; il cane da guardia ruppe la catena” o da Padova dove lo “stupendo bolide” “illuminò la piazza dei Signori, quasi come di pieno giorno”.  Altri bolidi furono avvistati l’1 e il 18 luglio dello stesso anno, nessuno di essi però pare abbia raggiunto il suolo come meteorite.

Il fotograto Matteo Chinellato, appassionato cercatore e collezionista di meteoriti, interpellato per noi sull’argomento dice: “non esiste alcuna notizie di cadute in quel periodo, le uniche cadute riconosciute ufficialmente in Veneto sono quella di una condrite H6 caduta il 19 giugno 1668 a Vago, Verona e pesante 227 kg, e quella di una condrite H4 caduta il 12 maggio 1971 a Noventa Vicentina, di massa 177 grammi. La classificazione delle meteoriti è assai complessa, per dovere di chiarezza conviene ricordare qui soltanto che le condriti sono le più diffuse tra le meteoriti, che sono del tipo roccioso e che possiedono al loro interno delle condrule, ovvero delle sferule di minerali contenenti metalli ferrosi.

Fu il conte Lodovico Moscardo a riportare il peso esatto dei 3 frammenti in cui si spaccò la meteorite di Vago del 1668, ma del pezzo di 227 kg, che quasi sicuramente fu esposto nel suo museo in stile wunderkammer, non si conosce il destino.

L’idea che le meteoriti provenissero dal cielo fece molta fatica ad affermarsi in Europa, anche per effetto della contrarietà a riconoscerle come tali della Chiesa Cattolica. Nel 1700 si pensava ancora che fossero prodotte dall’azione della caduta dei fulmini sul terreno o che fossero pietre portate in aria dal vento tempestoso. Cento anni esatti prima del bolide del 1868, i contadini che con i loro occhi videro precipitare a Lucé, in Francia, una meteorite, furono ritenuti dei testimoni inattendibili dalla stessa Académie Royale del Science.

Molte sono le meteoriti celebri che quando non suscitarono interesse o venerazione furono viste con terrore a causa della loro ignota origine.Tra le più antiche documentate vi è quella di Ensisheim del 7 novembre 1492, del peso di 127 chilogrammi, la quale pare sia stata la causa scatenante dell’attacco ai Francesi compiuto dal principe Massimiliano d’Austria, che aveva riconosciuto in essa un segno divino.

Una mostra davvero particolare, incentrata su questo tema, è quella in corso al Museo di storia naturale e archeologia di Montebelluna, dal titolo “Viaggiatori del cosmo. Meteoriti & co.” Raccoglie una ricca collezione di meteoriti e di storie curiose relative alla loro caduta e ritrovamento e fornisce nel contempo postazioni interattive in cui sperimentare le differenze tra i vari corpi celesti: asteroidi, meteore e comete. Spazia poi, letteralmente, da questi viaggiatori del cosmo ai viaggi spaziali umani, preparandosi alla grande ricorrenza del cinquantesimo anniversario dallo sbarco sulla Luna del 20 luglio 1969. La mostra rimarrà aperta  allo scopo fino al 28 luglio 2019.

Matteo Chinellato aggiunge: “ogni anno anche sul nostro Paese cadono delle meteoriti, sebbene solo pochissime – per lo più oggetti grossi associati a evidenti effetti luminosi e sonori durante la caduta – vengono poi effettivamente ritrovate. Le meteoriti italiane attualmente riconosciute sono 39, quelle dubbie con mancanza di prove certe 22 e quelle ancora in attesa di essere inserite nella lista ufficiale 5.”

Tra quelle non ancora ufficializzate, anche se già analizzate dall’Università di Roma, vi è proprio quella trovata con il metal detector nel 1999 da Matteo Chinellato nella spiaggia del Lido di Venezia. Si tratta di una condrite del peso di 48 grammi, la quale possiede in superficie la tipica crosta di fusione provocata dal contatto con l’atmosfera terrestre. Un ritrovamento davvero speciale che fa del Lido un luogo di attrazione di altre stelle, non solo di quelle del cinema.


carlotta-fassina*Scienze Naturali

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