di Corrado Poli*
Papa Francesco e il Dalai Lama
Papa Francesco ha dichiarato che non c’è differenza tra il Corano e la Bibbia. Un sacerdote salesiano mi racconta che nella sua scuola missionaria in Tunisia insegna ai bambini la religione: ma quella musulmana! Il Dalai Lama stupì tutti affermando che forse “sarebbe meglio se non ci fossero le religioni”! Tutti i leader autenticamente religiosi concorderebbero mentre dissentirebbero coloro che usano la religione a fini politici e di potere. In un’intervista alla Deutsche Wellesostenne che “la conoscenza e la pratica della religione sono state utili, questo è vero per tutte le fedi.
Oggi però non bastano più”. “… abbiamo bisogno di una nuova etica che trascenda la religione. La nostra elementare spiritualità, la predisposizione verso l’amore, l’affetto e la gentilezzache tutti abbiamo dentro di noi a prescindere dalle nostre convinzioni sono molto più importanti della fede organizzata”. “Le persone possono fare a meno della religione, ma non possono stare senza i valori interiori e senza etica”. “Sia che tu creda in Dio o no, importa poco; … sia che tu creda nella reincarnazione o no, importa poco.Quel che conta è condurre una vita buona. Abbiamo bisogno di una buona motivazione … comprendere che gli altri sono tutti sorelle e fratelli umani …”.
Queste considerazioni mi hanno fatto pensare che parlare di dialogo “interreligioso” sia sviante e poco utilese non persino dannoso dal punto di vista sociale e politico. S’è creata una confusione lessicale e culturale: si parla di religione con un linguaggio tratto dalla sociologia, l’antropologia culturale, la politica, l’economia. Si genera solo confusione perché la religione, se è davvero tale, non si declina al plurale: plurali possono essere i culti.
Oltre Levi-Strauss
È opportuno allora spostare il dialogo da una dimensione storica costruita su radicate tradizioni, a una religiosa ed etica. Per trattare meglio i radicalismi in nome di presunte religioni, dovremmo liberarci della cultura materialista e soprattutto dello strutturalismo antropologico (à la Levi Strauss). L’obiettivo implicito del paradigma strutturalista di Levi Strauss era l’eliminazione del pregiudizio di superiorità della cultura occidentale. Ora però questo non è più il problema principale in quanto tutti hanno preso coscienza della propria identità e dignità. Ma inoltratisi troppo su questa strada, hanno dimenticato che i valori condivisi da ogni persona precedono e superano ogni differenza culturale.
Le parole contano
Parlare di dialogo interreligioso rischia quindi di essere divisivo. Se si auspica un dialogo, si certificano e sottolineano le diversità e ci si dimentica che l’identità umana è costituita di sentimenti e una ragione condivisi. Perché iniziare il dialogo dalle diverse letture, tradizioni e sensibilità e persino dalle organizzazioni che le hanno fondate? Non sarebbe meglio cominciare con i problemi – il rispetto del prossimo, il rapporto con l’ambiente, la cooperazione tra persone – e proseguire nella ricerca delle somiglianzee delle risposte rintracciabili eventualmente nelle diverse tradizioni? L’obiettivo del dialogo religioso non è confrontare presunte differenze, ma trovare un comune denominatore umano o divino che sia. Le scienze sociali sono utili e necessarie per studiare culti, liturgie, tradizioni, linguaggi e riti religiosi. Ma non vanno confuse con la religione. Certo, si può legittimamente sostenere che l’etica e la religione vadano ricondotte ai paradigmi del materialismo e dell’utilitarismo.
Una polemica con il vescovo …
Vent’anni fa polemizzai con un vescovo che dichiarò che bisogna aiutare gli immigrati “perché sono una risorsa”!Gli risposi che se anche un vescovo si esprime così, la religione è finita! Gli immigrati e i poveri vanno aiutati perché si deve e basta. Si fa ciò che è giusto, e ciò che è giusto ce lo dice l’etica non l’economia, meno che meno l’opportunismo del momento. Alle conseguenze del nostro agire ci pensa Dio, se ci si crede; oppure la ragione umana che è essere libera e non condizionata da “sistemi” strutturati e relativi. Essa è universale, libera e aperta al dialogo con chiunque.
Eckermann, Goethe e un romanzo cinese
Se ci concentrassimo su cosa significa condurre una vita buona e cosa significa il rispetto degli altri … allora potremo ancora dissentire, ma smetteremmo di riferirci a vecchie tradizioni e storie divisive usate e talora strumentalizzate da sociologi e politici per fatti contingenti. E ci dedicheremmo meglio a cercare i punti di contatto partendo da essi e non cercando di arrivarci partendo da divisioni contingenti. E termino riportando un episodio tratto dalle conversazioni tra Eckermann e Goethe. Quest’ultimo aveva appena finito di leggere un romanzo cinese (probabilmente tradotto in una lingua europea che conosceva). Eckermann, suo segretario e biografo, gli chiese da quali stranezze e differenze fosse stato colpito. Il Maestro rispose che non c’era nulla che già non conosceva nel romanzo cinese. Non erano le differenze ad averlo colpito, ma le somiglianze …
*Scrittore e Docente