di Franco Secchieri*
Tra le tante “bizzarrie” in cui il clima si è esibito in questi ultimi tempi, almeno una cosa giusta l’ha fatta, quella di mettere giù un poca di neve sui ghiacciai proprio nella scadenza del I° di Ottobre. Dal punto di vista meteorologico, infatti, con questo giorno comincia quella che viene definita “annata meteorologica (o idrologica)” che termina poi il 30 di Settembre dell’anno successivo.
Secondo questa scansione climatica, ovviamente statistica, sui ghiacciai il manto nevoso dovrebbe cominciare a depositarsi proprio all’inizio di Ottobre, per poi accrescersi, consolidarsi e, raggiunto il suo massimo spessore verso il mese di Maggio, iniziare la stagione di ablazione il cui termine dovrebbe coincidere con la fine del mese di Settembre.
Si tratta, come si può intendere, di scadenze di cui il clima non è certo obbligato a tenerne conto. Ricordo annate nelle quali a Novembre sulle superfici dei ghiacciai vi era meno neve che non nel precedente mese di Settembre, a causa di nevicate precoci, da una parte, e prolungata ablazione dall’altra. Una storia, quella del clima, fatta di variabilità estrema, che però negli ultimi decenni, ha indirizzato l’evoluzione del glacialismo verso una condizione preoccupante, anzi disastrosa. Una situazione che sta comunque coinvolgendo l’intera criosfera del pianeta come le cronache anche della scorsa estate ci hanno mostrato.
Riguardo al momento attuale, la neve caduta sulle nostre montagne, a quote elevate, anche se poca, ha posto fine ad un’altra impietosa estate che ha ulteriormente determinato uno stato di forte criticità per le masse gelate delle nostre montagne, e non solo per le Dolomiti. Come responsabile del Servizio Glaciologico dell’Alto Adige, ho avuto l’opportunità di seguire, nei giorni scorsi, lo stato dei ghiacciai di quell’area montuosa e valutarne le condizioni almeno dal punto di vista qualitativo. Devo dire che per tutti i ghiacciai visitati (compresi dunque quelli dolomitici) si è registrato un ulteriore regresso generalizzato, aggravato da una riserva di neve invernale estremamente ridotta che ha lasciato gran parte delle superfici di ghiaccio e nevato in preda al sole, più che mai accanito, di questa estate.
Una estate che, dicono i meteorologi, è stata una delle più calde, specialmente alle alte latitudini del nostro emisfero.
Le conseguenze appaiono con la drammatica evidenza delle immagini che ho portato a casa dai diversi rilievi aerei effettuati. Voglio a questo proposito ricordare che, sulle Dolomiti, questa attività l’ho portata avanti “volontariamente” dopo che la Regione Veneto, con la quale ho collaborato per anni, ha deciso di non finanziare più il monitoraggio glaciologico, a partire dal 2015. In quell’anno, tra l’altro, avevo completato l’aggiornamento del Catasto dei Ghiacciai delle Dolomiti, un lavoro fatto in collaborazione col centro di Arabba.
Tornando ai monitoraggi, un ulteriore elemento che è stato raccolto riguarda i “rock glaciers”. Con questo termine si definiscono quelle masse di ghiaccio (spesso vecchi ghiacciai) che sono stati ricoperte da materiale detritico. Sono forme spesso ben evidenti e caratteristiche proprio perché ricordano quelle di un ghiacciaio, con la sola differenza che la massa gelata è completamente sepolta sotto la coltre morenica. L’aspetto rilevante ed estremamente significativo delle condizioni di disfacimento in atto era dato dalla presenza di torrenti che fuoriuscivano dalle rocce, a volte con una notevole portata d’acqua proveniente dalla fusione in atto del permafrost.
In questa annata, quindi, non solo le masse gelate in superficie, ma anche quelle sepolte sono state soggette ad forte esaurimento, anche se per queste ultime, purtroppo, non c’è la possibilità di determinare la quantità della massa persa per fusione. La fusione del permafrost, tra l’altro, può portare a situazioni anche di pericolo per le frane che possono venire innescate, mettendo a rischio alcuni versanti delle montagne.
Si è trattato, nell’insieme, di situazioni particolarmente in evoluzione per cui anche le testimonianze sulle modifiche ambientali sui territori d’alta quota provocate da questa fase climatica, dovevano assolutamente essere colte e documentate, per non andare perse per sempre. Da questo è poi nata la mia decisione di dare una continuità a questo tipo di rilievi, cosa che poi si è dimostrata di sicuro valore e non solo documentaristico.
I diversi sopralluoghi aerei mi hanno dato modo di eseguire centinaia di foto che sono in grado di testimoniare quello che ha provocato il caldo, per molti versi anomalo, di questa estate 2018. Si tratta di immagini significative di come sta cambiando l’aspetto di gran parte dell’alta montagna. Vale la pena di ricordare che l’impatto non riguarda solo l’evoluzione del paesaggio glaciale, dato che il cambiamento climatico produce e produrrà ben altre situazioni su cui necessariamente bisognerà prestare attenzione, a cominciare dai bilanci e dai cicli idrologici dei bacini, anche dei grandi fiumi come l’Adige ed il Po.
Questa annata ha dunque segnato un altro passo verso la riduzione dei grandi ghiacciai e la vicina scomparsa di quelli di più piccole dimensioni, a cominciare da quelli delle Dolomiti.
Foto e didascalie:
- Il Ghiacciaio Principale della Marmolada il cui limite attuale si trova arretrato di centinaia di metri rispetto ai decenni precedenti, come si può dedurre dalla l’immagine che mostra in basso a destra il rifugio e l’arrivo dell’impianto del Pian dei Fiacconi (2625 m) che fu costruito in prossimità della fronte del ghiacciaio di allora.
- Il ghiacciaio della Fradusta (Pale di San Martino), nel Settembre 2018. Di questo ghiacciaio un tempo ben più esteso (vedi foto n.3) oggi non è rimasta che una piccola placca gelata ai piedi della Cima omonima.
- Il Ghiacciaio della Fradusta nel 1982. Evidente la riduzione subita dalla massa gelata che oggi è quasi praticamente estinta.
- Monte Civetta (3.220 metri). Il Canalone con quello che rimane del Ghiacciaio dei Cantoni, praticamente estinto.
- Un esempio emblematico in Alto Adige : il ghiacciaio di Fontana Bianca (Val d’Ultimo – Ortles Cevedale) nel 1979, con il Lago Verde;
- Il Ghiacciaio di Fontana Bianca nel Settembre 2018; quasi tutte le masse ghiacciate presenti nel 1979 sono scomparse.
- Lo spettacolare Rock Glacier sopra Passo Gardena, gruppo del Sella
Tutte le foto sono di Franco Secchieri
*Glaciologo