di Carlotta Fassina*
Ragni, pipistrelli, gatti neri, corvi, gufi e civette sono gli animali più in voga nelle rappresentazioni della festa di Halloween. Possiamo oggi ridere dei loro significati simbolici, addobbando le nostre case di finti pipistrelli, gufi e ragnatele, indossando orecchie, denti e mantelli neri da pipistrelli-vampiri, decisamente irrealistici ma di grande effetto.
Anche gli amanti degli animali, come molte associazioni impegnate nella difesa dei pipistrelli o dei rapaci notturni, hanno imparato ad approfittare di questo momento, partecipando al gioco, per fare un po’ di informazione sulle vere abitudini di vita e sulla biologia di questi animali, nella speranza di aumentarne la simpatia e quindi il rispetto. E i risultati positivi ci sono.
In effetti, il riso allontana ed esorcizza gli spettri del passato, rappresentati, per questi animali, da feroci persecuzioni derivate da superstizioni infondate e durissime a morire, quelle sì, purtroppo.
La responsabilità del Cristianesimo in Europa è stata certamente preponderante, ma non esclusiva. L’associazione tra animali della notte, tenebra, paura, magia e incarnazione del male compare anche in altre culture e prima del Cristianesimo, ma di certo quest’ultimo, nei suoi secoli più bui, ha favorito una cultura che ha separato l’uomo, l’eletto dotato di anima, da tutti gli altri animali creati per soddisfare le sue esigenze e per alcuni dei quali non doveva valere nemmeno la compassione.
Il colore nero dei gatti, dei pipistrelli, dei corvi, ma anche di altri animali non notturni, li ha associati al male o al misterioso, al magico, a una dimensione comunque non controllabile e quindi pericolosa, anche quando affascinante.
Nella tradizione nordica la dea dell’amore e della fertilità, Freya, viaggiava con un carro trainato da due gatti spesso raffigurati uno nero e uno bianco a rappresentare la luce della luna e il buio, dei cui segreti lei era la profetessa. La persecuzione riservata alle seguaci del culto e ai loro gatti da parte della Chiesa fu violenta e ancora oggi trova traccia nella superstizione della sfortuna del venerdì 13. L’inglese friday potrebbe proprio derivare da Freya perché il venerdì era il giorno a lei dedicato e il 13 il suo numero sacro. La condanna papale sarebbe allora legata alla nascita di questa superstizione.
Anche il corvo ha “ruoli” diversi nelle varie culture, passando da animale profetico e legato alla divinazione nei culti degli antichi romani e dei Celti, ad animale della morte e del demonio che s’impossessa delle anime dei peccatori, soprattutto quando nel Medioevo i giustiziati venivano lasciati nelle pubbliche piazze e il corvo, o le cornacchie e altri corvidi, faceva il suo mestiere di spazzino.
Nell’infinità di modi con cui la fantasia umana si è sbizzarrita per tormentare e uccidere una lunghissima lista di animali ritenuti demoniaci o portatori di sfortuna, viene da chiedersi oggi se l’appellativo demoniaco non andasse invece riservato all’uomo.
Conclusa l’allegra e dissacratoria festa di Halloween, possiamo finalmente osservare i suoi animali simbolo per quello che sono, come forme diverse di un meraviglioso mondo di biodiversità.
Così l’incredibile abilità di uno stormo di pipistrelli che fuoriesce da una grotta, le sinuose movenze di un gatto nero e il contrasto dei suoi occhi luminosi, le danze controvento dei corvidi, la capacità costruttiva del ragno e il volo silenzioso dei rapaci notturni, avranno tutta la magia della loro bellezza reale.
Foto credit Welcome Collection
*Naturalista