di Lucio Leonardelli*
Una celebrazione particolarmente significativa quella che si è tenuta oggi in Friuli Venezia Giulia per la ricorrenza del 4 novembre, giornata dell’Unità Nazionale e giornata delle Forze Armate, con la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dal Ministro della Difesa Elisabetta Trenta e dal Capo di Stato Maggiore della Difesa Claudio Graziano.
Il Capo dello Stato è intervenuto dapprima al Sacrario di Redipuglia, dove è stato accolto dal Governatore del Fvg Massimiliano Fedriga, unitamente ai componenti della giunta regionale, e dalle varie autorità politiche, civili e militari, per un omaggio ai Caduti e ricordare il centesimo anniversario del primo conflitto mondiale.
Successivamente il Presidente ha presenziato a Trieste alla cerimonia celebrativa del centenario della fine della Grande Guerra che ha avuto alcuni momenti emozionanti che hanno rievocato l’ingresso delle truppe italiane a Trieste, con il sorvolo di un velivolo dell’epoca, e, al termine della cerimonia, il passaggio delle Frecce Tricolori.
Nel suo intervento ufficiale Mattarella ha esordito dicendo di essere “particolarmente lieto di celebrare a Trieste, in questa magnifica piazza, così ricca di storia e di cultura, la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze armate, che quest’anno coincide con il centenario della conclusione vittoriosa della Prima Guerra Mondiale.”
Questi alcuni stralci del lungo intervento in cui ha pure ricordato le vittime delle foibe e e le sofferenze dei civili di allora “che rappresentano un monito, ha tra l’altro detto rivolgendosi in modo particolare ai giovani, a mantenere una attenzione “vigile” rispetto a quel periodo oscuro del passato. “
“Trieste – ha affermato il Capo dello Stato – profondamente italiana ed europea, città di confine e di cerniera, città cara a tutta Italia. Trieste, capitale di più mondi, storia di tante storie è – insieme – un simbolo e una metafora della complessità e delle contraddizioni del Novecento. Saluto con affetto i triestini e, con loro, tutti gli Italiani. La Repubblica celebra qui la Vittoria e la conclusione di quella guerra, che sancì il pieno compimento del sogno risorgimentale dell’unità d’Italia, con l’arrivo, a Trieste, dell’Audace e della Grecale della nostra Marina e con l’ingresso dell’Esercito a Trento”.
“Lo facciamo – ha proseguito – con orgoglio legittimo e con passione, senza trascurare la sofferenza e il dolore che hanno segnato quella pagina di storia. Lo facciamo in autentico spirito di amicizia e di collaborazione con i popoli e i governi di quei Paesi i cui eserciti combatterono, con eguale valore e sacrificio, accanto o contro il nostro. Saluto i loro rappresentanti che sono qui con noi, oggi, in Piazza Unità ed esprimo riconoscenza per la loro significativa presenza. Celebrare insieme la fine della guerra e onorare congiuntamente i caduti – tutti i caduti – significa ribadire con forza, tutti insieme, che alla strada della guerra si preferisce sviluppare amicizia e collaborazione. Che hanno trovato la più alta espressione nella storica scelta di condividere il futuro nell’Unione Europea. La guerra, le guerre, sono sempre tragiche, anche se combattute – come fu per tanti italiani – con lo storico obiettivo di completare il percorso avviato durante il Risorgimento per l’Unità Nazionale”
“Dobbiamo ricordare oggi – ha tra l’altro detto Mattarella – tutti i soldati e i marinai, tutti e ciascuno. I più intrepidi, certamente, animati dallo sprezzo del pericolo e dalla forza della volontà. I tanti eroi, quelli riconosciuti e quelli sconosciuti. Ma anche i rassegnati, gli afflitti, quelli pieni di timore. La morte e il sacrificio sono la cifra della guerra, che unisce tutti i soldati facendo gravare su di essi le sofferenze che provoca. Come si volle scrivere, nell’immediato dopoguerra, conferendo la medaglia d’oro al Milite ignoto, anche oggi vogliamo onorare “Lo sconosciuto, il combattente di tutti gli assalti, l’eroe di tutte le ore che, ovunque passò o sostò, prima di morire, confuse insieme il valore e la pietà. Soldato senza nome e senza storia, Egli è la storia: la storia del nostro lungo travaglio, la storia della nostra grande vittoria”.
Così quella motivazione. Desidero richiamare il ricordo di un soldato semplice, Vittorio Calderoni. Era nato in Argentina, nel 1901, da genitori italiani emigrati. A soli 17 anni s’imbarcò per l’Italia, per arruolarsi e combattere nell’Esercito italiano. Morì per le ferite ricevute, a guerra ormai finita, nel novembre di cento anni fa”.
“Prima di venire qui a Trieste – ha poi sottolineato il Capo dello Stato – sono andato a rendere omaggio ai caduti raccolti nel Sacrario di Redipuglia. In quel luogo, accanto alle centomila e più tombe di soldati italiani, uomini di ogni età e provenienza, ce n’è una – una sola – dove riposa il corpo di una donna. E’ la tomba di Margherita Kaiser Parodi Orlando. Era una crocerossina, di famiglia borghese, partita per il fronte quando aveva appena 18 anni. Morì tre anni dopo, di spagnola, dopo aver assistito e curato centinaia di feriti”, ha detto il Presidente.
“Accanto al suo, ricordo un altro nome, quello di Maria Plozner Mentir, di umili origini, medaglia d’oro al valor militare, madre di quattro figli, uccisa da un cecchino nel 1916. Era una delle tante “portatrici” della Carnia, donne che, liberamente e coraggiosamente, raggiungevano le prime linee, per portare ai nostri soldati cibo, vestiario, munizioni. Desidero citare un’altra donna: la regina di allora, Elena, che durante la guerra si prodigò come infermiera, ospitando nel palazzo del Quirinale un ospedale da campo, per ricoverare e curare feriti e mutilati”.
“Una borghese, una donna del popolo, la regina. Desidero ricordarle come rappresentative di tutte le donne italiane che lottarono al fronte o nelle fabbriche, che crebbero da sole i propri figli, che si prodigarono per cucire abiti, procurare cibo o assistere feriti e moribondi. Senza le donne quella vittoria non sarebbe stata possibile. Le donne, gli anziani, i bambini, i disabili, combatterono un’altra guerra, meno cruenta forse, ma non per questo meno coraggiosa o meno carica di lutti e di sofferenze. E anche oggi, del resto, donne, anziani e bambini sono le vittime più fragili di ogni guerra e di ogni conflitto. La Grande Guerra non riguardò soltanto i soldati: distruzioni, patimenti e fame si abbatterono anche sulla popolazione civile, in particolare nelle zone del Veneto e del Friùli occupate dopo la ritirata di Caporetto”, ha detto ancora Mattarella.
“Nel Giorno dell’Unità Nazionale tutto il popolo italiano si stringe con riconoscenza attorno alle Forze Armate. Unitamente a loro, così come accadde nel corso della Grande Guerra, è presente la Guardia di Finanza. La loro storia, costellata da tantissimi episodi di eroismo, prosegue fino ai giorni nostri nel solco delle più nobili tradizioni ed è proiettata nel futuro con i medesimi caratteri: dedizione, altruismo e passione. La Costituzione Italiana, nata dalla Resistenza, ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie, privilegia la pace, la collaborazione internazionale, il rispetto dei diritti umani e delle minoranze. Le nostre Forze Armate sono parte fondamentale di questo disegno e sono impegnate per garantire la sicurezza e la pace in ambito internazionale, rafforzando il prestigio dell’Italia nel mondo”.
“Mentre celebriamo questo importante anniversario – ha evidenziato il Presidente – 5.600 militari italiani sono impiegati all’estero in missioni di pace delle Nazioni Unite, dell’Alleanza Atlantica, dell’Unione Europea, con grandi o piccoli contingenti. Ad essi si aggiungono quasi ottomila militari impegnati, sul territorio nazionale, per l’operazione “Strade Sicure” e, nel mar Mediterraneo, per “Mare Sicuro”. A tutti loro esprimo la più ampia riconoscenza e la vicinanza del Paese. Grazie per quello che fate, e grazie alle vostre famiglie che sono giustamente orgogliose di voi e vi sostengono anche nei momenti più difficili”, ha proseguito il Capo dello Stato.
“In queste ore tanti nostri militari – che ringrazio particolarmente – sono impegnati, insieme a tanti volontari, nelle operazioni di soccorso e di emergenza nei territori che, nelle nostre montagne, in Friuli, in Veneto, in Trentino, sino alla provincia di Palermo, e in altre regioni, sono state investite da un’ondata di maltempo con drammatiche conseguenze di lutti e devastazioni. Ai familiari delle vittime va tutta la vicinanza dell’Italia, a tutte le popolazioni delle zone colpite la solidarietà piena e completa.”
“I 100 anni di Trieste italiana sono un’occasione per ricordare tutte le vittime della Grande Guerra e celebrare, al contempo, una città la cui grandezza è figlia delle asperità di una storia complessa, ricca e talvolta drammatica”. Questo quanto affermato da Massimiliano Fedriga, a margine della cerimonia aggiungendo che “mi piace pensare a questa data non come elemento di rottura con il passato ma come punto di arrivo di un percorso che, in quei tre secoli che l’anno prossimo segneranno la nascita del Porto Franco, ha trasformato un piccolo centro abitato in snodo commerciale e culturale per la Mitteleuropa e per il mondo”
“Qui – ha aggiunto Fedriga – sono celebrati e ricordati gli eroi della Grande Guerra e la fine di un confitto che ha colpito pesantemente tutta Europa, ma la cui fine ha posto le basi per la nascita dell’Europa come noi la conosciamo. Un’Europa di pace dove si convive, si dialoga e si costruisce insieme”.
Un commento in merito all’intervento del Presidente della Repubblica è arrivato anche dalla parlamentare del Pd Debora Serracchiani la quale ha affermato che ” le parole pronunciate dello Capo dello Stato sono preziose, per lo più espresse nella città di Trieste, che oggi diventa simbolo di sofferenza, riscatto e afflato europeista. Il ricordo delle vittime, italiane e nemiche, trova senso solo se fa compiere un determinato passo oltre i ‘sacri egoismi nazionali’ che hanno precipitato per due volte nel baratro della guerra”.
“Dobbiamo essere grati a Mattarella – ha rimarcato Serracchiani – per la forte lezione civile e storica pronunciata nella piazza consacrata all’Unità d’Italia, dove ha ricordato gli umili e i coraggiosi, i soldati, le donne e gli ebrei, fautori di una missione collettiva che ha portato alla Vittoria. L’Unità del Paese rimane un bene che le Istituzioni devono sempre custodire e – ha sottolineato – mai permettere sia incrinato da interessi di parte”.
*Giornalista