Per la festa della Salute l’Ateneo Veneto organizza il 21 novembre alle 17 “Storie di santi, lazzaretti e furfanti”. Racconti con immagini di Nelli-Elena Vanzan Marchini e letture di Franco Vianello. Luisella Pavan Woolfe direttrice dell’Ufficio di Venezia del Consiglio d’Europa presenterà il viaggio virtuale per i lazzaretti mediterranei. Alla peste, che flagellò l’Occidente dal 1348 fino al XIX secolo, la Repubblica di Venezia reagì inventando, nel 1423, il primo lazzaretto della storia, un ospedale di stato ad alto isolamento per contenere il contagio. Nel 1468 ne fondò un secondo per la contumacia dei contaminati e dei convalescenti. La Serenissima elaborò così una strategia sanitaria che si riprometteva di arginare e prevenire le pandemie consentendole di continuare a costruire le sue fortune sugli scambi commerciali. Ma per sconfiggere il male si doveva diagnosticarlo ed era indispensabile dare al popolo le indicazioni per riconoscerne i sintomi e indicare i modelli di comportamento per non diffonderlo e per cercare di sopravvivere. Il culto di Stato celebrò San Rocco, il pellegrino che indicava il bubbone sulla sua gamba. Egli, secondo la tradizione, aveva accettato l’isolamento e insegnato a non nuocere al prossimo ritirandosi in un bosco, metafora del lazzaretto, dove era guarito grazie ad un cane che gli aveva portato ogni giorno un pane. Le regole della contumacia erano fondamentali per garantire alla repubblica mercantile uno sviluppo sostenibile abbattendo i rischi del contagio nei contatti commerciali con l’Oriente, crogiolo di continue epidemie. Molti furfanti cercarono per lucro di violare le leggi e furono puniti con condanne esemplari. Altrettanto pubbliche e coinvolgenti furono le celebrazioni del voto, rinnovato ogni anno, alla Madonna della Salute perché liberasse dalla peste e garantisse lo sviluppo demografico della città che nel 1630 aveva perso il 30% dei suoi abitanti.