di Giorgio Gasco*
Le primarie del Partito Democratico sono confermate per il 3 marzo prossimo e si fa più dura la lotta interna al partito per posizionarsi e scegliere il cavallo vincente. Dopo il ritiro dalla corsa di Matteo Richetti che ha deciso di appoggiare il segretario uscente Maurizio Martina, i candidati al vertice dei dem sono sette: oltre ai tre big Luca Zingaretti (governatore del Lazio), Marco Minniti(ex ministro dell’Interno) e Martina (ex ministro dell’Agricoltura), anche Francesco Boccia, Dario Corallo, Cesare Damiano e la new entry Maria Saladino.
Nei corridoi dei palazzi romani della politica Matteo Renzi e i suoi fedelissimi sono già da tempo in campo usando la falange dei comitati civici ideati dallo stesso ex premier con lo spirito, a parole, di restare neutrali, mentre di fatto sembrano tirare la volata al ticket Martina-Minniti dopo che Richetti (che secondo il progetto doveva spalleggiare Martina) ha deciso di escludersi dalla gara. Renzi pare abbia accantonato, almeno per ora, l’idea del grande colpo di teatro utilizzando legittimamente lo statuto del Pd che prevede l’elezione a segretario di chi incassa il 50% più uno dei consensi dei circoli. Ben sapendo che nessuno dei papabili in campo potrà raggiungere quella soglia a causa della frammentazione, lui resterebbe l’unico salvatore della patria perchè, in quel caso, sarebbe l’assemblea dem a scegliere il nuovo cocchiere, organismo numericamente controllato, guarda caso, proprio da Renzi.
Nel caso questa strategia dovesse definitivamente saltare, l’ex segretario avrebbe già l’alternativa: sostenere l’accoppiata Martina-Minniti, due nomi spendibili sul palcoscenico politico, soprattutto dopo l’esperienza ministeriale, e anche a lui molto vicini. Nella costruzione renziana, i due, facendo cartello potrebbero ottenere più delegati di Zingaretti che non diventerebbe segretario neppure se arrivasse primo non potendo incamerare il 50% più uno dei consensi. Nuovo leader sarebbe chi tra Minniti e Martina prende più voti, con il perdente a fare da vice del primo. Come ciliegina sulla torta, secondo Affaritaliani,it, nella malaugurata ipotesi di una affermazione di Zingaretti, Renzi potrebbe salutare la compagnia del Pd e attraverso i comitati civici fondare un nuovo partito. Possibilità, però, assai remota perché a quel punto il potere elettorale dell’ex segretario si attesterebbe su una percentuale assai più bassa del 10%, con un incerto futuro.
E’ evidente come la situazione nel Pd sia ancora fluida, se non drammatica. Una febbre iniziata con la bocciatura tramite il referendum delle riforme istituzionali e il conseguente tracollo dei consensi che ha coinvolto tutte le rappresentanze a livello territoriale e che non pare fermarsi (vedi le ultime elezioni politiche e amministrative).
Alessandro Bisato, qual è lo stato di salute del Pd?
“Ci sono buoni spiragli per ripartire. Dopo il 4 marzo mi sono preso l’impegno di battere a tappeto tutto il Veneto per cogliere da vicino le richieste e le sensibilità del territorio” risponde il segretario del partito del Veneto.
Le primarie sono confermate per il 3 marzo. Questa volta non ci sarà un veneto in corsa per ricordare che esiste una questione settentrionale.
“La polverizzazione di candidature è troppo elevata e aggiungerne un’altra, seppure veneta, avrebbe creato ancora più confusione. Però è vero, una voce del Veneto ci sarebbe stata, visto che nel nostro Statuto nazionale è prevista l’autonomia dei partiti regionali… colpa nostra non averci pensato”.
Tutti e sette i candidati arriveranno al vaglio delle primarie?
“Credo che alla fine resteranno Minniti, Zingaretti e Martina”.
Lei parla di spiragli di ripresa pr il Pd. Sarà un duro lavoro allargare le fessure.
“L’obiettivo è riprendere il cammino con persone che siano punto di riferimento per la popolazione, non dimostrare tensioni e divisioni interne e sapere parlare ad altri mondi rispetto al solo iscritto e simpatizzante. Queste tre cose messe insieme, pur con le difficoltà di andare controcorrente come i salmoni, possono permetterci di mantenere degli avamposti ed essere presenti”.
Quali punti di riferimento? Avete perso le piazze di Vicenza e Treviso.
“I dati sono incontestabili, abbiamo segnato una debacle elettorale. Ma se guardiamo l’evoluzione nel resto d’Italia, e non faccio un ragionamento di chi vede il bicchiere mezzo pieno, bè da noi non è andata malissimo”.
Non è consolatorio.
“Tutt’altro, ma pensiamo che alla luce delle politiche messe in atto in questi mesi dal governo giallo-verde, e nonostante le rilevazioni sondaggistiche diano il vento in poppa per la Lega, ci siano segnali, in ambito sociale, economico e del lavoro che sono in controtendenza”.
Qualche esempio.
“Analizzando il settore socio sanitario, con la nostra tradizione, come partito e come sensibilità personali, ci siamo trovati di fronte a realtà che sotto la superficie sono ben diverse da quelle che la presunta costruzione mediatica del governatore del Veneto vuole fare intendere”.
Cioé?
“La sanità del Veneto è certamente uno dei riferimenti del sistema nazionale, però utilizzando la lente si vede che non è così. Come sindaco e come vice presidente della conferenza dei sindaci dell’Ulss Euganea riscontro che la prima “s” dell’acronimo Ulss, cioè “socio”, una tipicità della nostra regione, sta progressivamente svilendo a vantaggio della seconda “s”, cioé “sanitaria”…”.
Sembra un discorso da tecnico del settore.
“E’ molto pratico, invece. Terminata la fase post acuta durante il ricovero ospedaliero, periodo che per disposizioni nazionali si sta già riducendo in termini di giorni, il paziente si trova in un limbo nel quale, in assenza di una famiglia di riferimento che funziona da sostegno, non trova più strutture territoriali”.
Di chi è la responsabilità di questa inefficienza?
“Questa strada è indicata nel Piano socio sanitario del Veneto. Di fatto è una progressiva privatizzazione della Sanità attraverso gli accreditamenti anche dei medici di base, i quali, prima erano convenzionati con il sistema sanitario nazionale e poi distribuiti sul territorio con un rapporto privatistico e convenzionato…”.
Mentre nel Piano socio sanitario cosa è scritto?
“Si parla di acquisizione diretta sul mercato del servizio da parte del pubblico e soprattutto di convenzioni con strutture private. Cos’è se non la privatizzazione della sanità regionale?”.
Quindi?
“Se il calo dei posti letto, il cui termine è fissato in 2,6 per mille abitanti, non è compensato da posti letto territoriali, cioé ospedali di comunità, è chiaro che in prospettiva i Comuni dovranno sempre più intervenire direttamente per dare risposte alle esigenze sociali dei propri amministrati”. Torniamo al Pd. Lei parla della necessità di trovare persone di riferimento come presidio sul territorio. Guardandosi attorno non se ne vedono molte, salvo che non si riferisca a qualche sindaco rimasto con la bandiera dem.
“Ci sono tanti e bravi amministratori locali. Nelle passate elezioni locali il partito è riuscito a centrare il sindaco di Piove di Sacco, di San Donà di Piave… è vero, nei capoluoghi governiamo solo a Padova”.
La riscossa parte dai comitati civici proposti da Renzi?
“Renzi è stato ed è una risorsa assoluta per il Pd, al quale ha fatto fare il passaggio fuori scala alle europee del 2013. Ora viviamo un’altra storia”.
Storia che vede il Pd fuori all’opposizione?
“Però il Pd nazionale ha finalmente capito che guardando al Nord, alla possibilità di esprimere una politica della concretezza e della responsabilità, è possibile, nel medio termine, avere in mano la carta vincente rispetto alle ondate populiste e sovraniste che sulla carta danno le risposte che la gente si aspetta, ma il giorno dopo non c’è riscontro reale”.
Per lei hanno senso i comitati civici?
“Potrebbero avere senso insieme ad un reticolo di rapporti con le persone. Il partito ottocentesco è in crisi. E allora, ci mettiamo una croce sopra? Non credo, perché di fatto rappresenta l’ultimo baluardo di resistenza democratica. Allora vanno trovare nuove modalità, bisogna aprirsi ad altri interlocutori oltre a quelli tradizionali, andare oltre ai comitati elettorali, per un Veneto nuovo e diverso”.
Da renziano, è scettico sul progetto dell’ex premier?
“Non ho la visione che evoca il progetto. Per me, dove c’è un coagulo di idee e di azioni invece che rimanere realtà circoscritte a San Donà, Piove di Sacco, Marostica, Noventa di Padova, Vicenza, si trovi un reticolo di coordinamento per costruire un indirizzo unitario su temi comuni. Costruendo anche una nuova classe dirigente e tenere assieme l’attuale liquidità della nostra azione politica che non trova ancora il contenitore per evitare di disperdersi del tutto”.
Stando agli indici di gradimento in Veneto e nel resto d’Italia, l’accoppiata Lega-Zaia ha preso il volo.
“Ma ci sono segnali che provengono soprattutto dal mondo imprenditoriale che indicano come le politiche non espansionistiche, ma sussidiarie e assistenzialisti annunciate da questo governo,siano viste, al massimo, per arrivare alla settimana successiva e non certo come l’inizio della strada per un futuro di ripresa economica-sociale del Paese”. Se le imprese si accorgo, e lo stanno facendo, che il costo del denaro è più alto, che non si facilitano investimenti mentre si garantiscono 780 euro a chi sta seduto sul divano a fare zapping senza creare posti di lavoro… in queste condizioni vedo assai possibile, dalla sera alla mattina, un cambio di indirizzo mentale nei confronti di Lega e Cinquestelle, cambio che poi, ovviamente, dovrà sedimentarsi in termini elettorali”.
Anche il Pd con Renzi si è inebriato nel 2013 salvo poi vedere azzerare il consenso.
“Personalmente attribuisco la causa del disamoramento, sempre in agguato, alla politica liquida, senza più riferimento storico ai partiti, basata solamente sul sensazionalismo, senza prospettiva.Potrei fare un esempio…”.
Prego.
“L’immigrazione. Salvini continua a dire che la pacchia è finita senza però annotare che i dati degli arrivi già indicavano un consistente calo durante la gestione del ministro Minniti. E poi sono stati messi in giro cifre gonfiate ad arte, senza considerare, per convenienza elettorale, il fenomeno dell’immigrazione regolare che non può essere mescolato con quello di clandestini. Questa confusione genera danni: vorrei capire cosa farebbe qualche imprenditore del Veneto che non riuscirebbe più a vendemmiare, non potrebbe più sostituire i lavoratori per produrre cerchioni in lega, a produrre materie plastiche… tutta gente che lavora e paga le tasse, in un sistema che di fatto è accoglienza dei profughi; e che risposta si vuole dare alle imprese che hanno bisogno di addetti che svolgano ormai attività rifiutate dagli italiani”.
Un giudizio sul governatore Luca Zaia.
“Sa gestire proficuamente la comunicazione, lo si è visto durante l’emergenza a seguito del maltempo che ha flagellato il Veneto…”.
Però?
“Sul dissesto idrogeologico bisogna passare dalla belle parole pronunciate durante l’emergenza a compiute azioni nella gestione ordinaria del territorio. Il piano Dalpaos, conseguenza dell’alluvione del 2010, e che ha bisogno di 3 miliardi per esser realizzato compiutamente, è stato concretizzato con lavori pari a solo 400 milioni. E allora mi chiedo: visto che la Lega governa dappertutto, ha la forza di bloccare il reddito di cittadinanza pentastellato e usare le risorse che servono ad agevolare la realizzazione di nuove infrastrutture per la prevenzione del dissesto idrogeologico?”.
Voi democratici state ancora attraversando il deserto e le logiche nazionali hanno trascinato nel limbo anche il partito del Veneto. E quanto a programma, l’elettorato non ha ricevuto alcun messaggio.
“Ne siamo consapevoli e al nostro interno continuiamo a parlarne. Però, ripeto, anche se agiamo in un Veneto in cui opera la personalità più amata in Italia (Zaia, ndr.), il Mesi della situazione, dobbiamo andare oltre all’idea che non riusciremo a venirne fuori. Dobbiamo andare in campo con una squadra e non solo con una presunta punta e proporre uno schema di gioco che sia letto dai veneti”.
La punta e lo schema di gioco sono il vostro limite.
“Le rispondo che gli elementi ci sono tutti ma non riusciamo a renderli comprensibili nella comunicazione…”.
Diciamo, non avete ancora trovato il “vocabolario” adatto?
“Esatto. Faccio un esempio: sull’ambiente, anche il glorioso Veneto è così degradato da avere ampie zone dove manca poco per evocare la Terra dei Fuochi: penso ai Pfas che interessano quattro province, al fatto che si scoprono quotidianamente discariche pericolose. Su questo tema, mi pare che i veneti considerino il Pd solamente come chi vuole frenare, mentre trattare l’ambiente vuol dire fare nuova economia, quella circolare, che produce reddito mantenendo una forte attenzione alla salvaguardia ambientale del territorio”.
Su cosa baserete la campagna elettorale per le europee?
“Nella semplificazione della quotidianità, l’Europa viene identificata come la superburocrazia come deve essere una vongola della nostra Laguna. Invece, perché non ci ricordiamo che i tanti nastri tagliati dal nostro governatore e dai nostri assessori un po’ dovunque nel Veneto per inaugurare opere pubbliche, sono il frutto di risorse europee almeno per l’80-90 per cento? Le quali, se non ci fossero non ci sarebbero nemmeno un centimetro di piste ciclabili, di recupero edifici pubblici, di rifacimento di scuole. Basta con l’equivoco delle lotte anti-Ue alla sera e il taglio dei nastri alla mattina. Un Veneto che economicamente è un sistema Paese all’interno di una nazione può pensare di tirarsi fuori facendo la piccola brexit in salsa italiana o veneta? Anche Theresa May sta cercando di scimmiottare un’uscita soft della Gran Bretagna dalla Ue, mediando tra un futuro economico che si preannuncia disastroso e politicamente mantenere fede al risultato anti-Europadell’infausto referendum. Bisogna uscire dalla sperequazione di proposizione pubblica, secondo la quale si può dire tutto e il contrario di tutto. Meglio mettere in fila le cose e separare le opinioni da quelle che si ritengono intellettualmente corrette per l’amministrazione”.
La consigliera regionale Patrizia Bartelle ha lasciato Cinquestelle per incompatibilità con la linea imposta da Di Maio & C. Il Pd è pronto ad accoglierla anche se si è accasata in Italia in Comune ideato dall’altro ex pentastellato Pizzarotti?
“Noi aspettiamo tutti quelli che pensa di basare l’azione politica su pragmatismo e responsabilità. Non ho parlato con la Bartelle, ma se la filosofia dell’azione politica si basa sul richiamo alla legalità salvo poi scivolare al primo condono per lisciare il pelo a chi ti ha dato il voto; se qualcuno ha il coraggio di dire che il disastro che ha colpito il Bellunese è solo colpa dell’ambientalismo da salotto (Salvini, Ndr.); se qualcuno mette 300 milioni nel bilancio regionale per completare la Pedemontana regalando per 30 anni un’entrata certa al privato, altro che projet financing… allora i nostri sguardi non si possono incrociare, mai”.
*Giornalista