di Nelli-Elena Vanzan Marchini*
Alberta Jona, classe 1935, occhi azzurri intensi e vivaci, corporatura asciutta e scattante, pronipote di Giuseppe Jona, il medico presidente della comunità israelitica che si tolse la vita nel 1943 per non collaborare con i nazisti e per dare un segnale agli ebrei affinchè si mettessero in salvo. Con la sua famiglia dopo la guerra si trasferì in Brasile, ma non ha mai perduto il legame con Venezia dove anche recentemente è tornata.
Alberta, per gli amici Betty, è tra promotori di un appello che sarà consegnato in questi giorni alle autorità per sollecitare la riapertura della Biblioteca Storica dell’Ospedale Civile, tanto preziosa e importante da essere stata riconosciuta “di interesse eccezionale” per Decreto Ministeriale 10/1/1997.
Va precisato che l’Ospedale Civile di Venezia ha iniziato la sua storia ai Santi Giovanni e Paolo nel 1819, quando dagli Incurabili alle Zattere venne trasferito in quel che restava degli edifici che all’epoca della Serenissima avevano ospitato il Convento dei Domenicani, la Scuola Grande di San Marco e l’Ospedale di San Lazzaro e Mendicanti. Da allora il nosocomio crebbe e organizzò come il laboratorio di salute della città, producendo un archivio e una biblioteca unici per la loro completezza e specializzazione. Il suo patrimonio narra la storia della scienza, della sofferenza e della cura dei veneziani. Questo giacimento culturale, complesso per la sua eterogeneità, conosciuto e consultato in passato da molti studiosi, comprende strumenti medici e chirurgici, progetti di architettura sanitaria come quello famosissimo di Le Corbusier, cinquecentine, libri antichi, cartelle cliniche, lastre fotografiche e moltissime riviste scientifiche e volumi dell’Ottocento sui quali si è fondata la moderna scienza medica. L’archivio custodisce anche pergamene che attestano la storia economica degli antichi ospedali le cui proprietà immobiliari e possedimenti fondiari sono confluiti al Civile.
Quando nel 2012 la bibliotecaria è andata in pensione, l’attuale direttore generale della USSl veneziana, proprietaria di tale patrimonio, non ha rinnovato in organico tale figura, sospendendo di fatto il servizio che ne garantiva tutela e consultazione. Non è stato bandito alcun concorso, anzi, dal 2015 è stato nominato un pensionato della stessa USSL come direttore del neocostituito “Polo museale della Scuola Grande di San Marco” attuale sede della Biblioteca. Perciò un patrimonio così importante è gestito in regime di volontariato senza specifiche competenze in archivistica e biblioteconomia né in conservazione di Beni culturali. Si organizzano eventi e concerti, ma non si garantisce la consultazione che è il presupposto indispensabile alla corretta conservazione dei beni librari e archivistici. Dal sito della USSl si può scaricare una domanda di consultazione da indirizzare all’Azienda Ospedaliera, poi, alla lunga, si ottiene un risposta negativa. All’inaugurazione della mostra su Saccasessola nel palazzo dell’INPS di Rio Novo, il 7 novembre 2018 la consigliera del CRAL INPS Miriam Bucella ha pubblicamente lamentato l’inaccessibilità dell’archivio e della biblioteca del Civile che avrebbero potuto fornire preziose informazioni sul sanatorio. Questa situazione che penalizza la ricerca è stata da tempo segnalata alla Soprintendenza Archivistica da studiosi di storia della medicina come Nadia Maria Filippini. La “sala dell’Albergo”, che era adibita a sala di lettura, ora è impegnata per mostre di oggetti di artigianato locale e di reperti artistici e medici di varia natura, mentre la sala del Capitolo con le librerie e l’esposizione degli strumenti scientifici è trasformata in “polo museale” visitabile a pagamento.
Pare incredibile che il ruolo di Bibliotecario e conservatore di un patrimonio così eterogeneo e importante non venga affidato per concorso ad un curatore o che, in alternativa, la biblioteca dell’Ospedale non possa essere inserita nel circuito delle biblioteche comunali o regionali per garantirne apertura e tutela.
Oltre a questi aspetti tecnici che ostacolano le ricerche storiche, vi sono anche dei risvolti etici provocati dal venir meno alla volontà di tutti quei donatori che hanno lasciato le loro biblioteche all’ospedale perché fossero consultate. E’ questo il motivo che spinge Alberta Jona a promuovere la petizione per la riapertuta della biblioteca del Civile assieme a storici e medici come Giovanni Benzoni, Wolfang Wolters, Stefano Zecchi, Davide Banzato, Gianpietro Feltrin, Giorgio Moretti…
Signora Jona vuole illustrarci le sue ragioni in proposito?
” Auspico vivamente che la Biblioteca dell’Ospedale Civile venga riaperta. Lá é conservato un patrimonio fondamentale per la storia della medicina e della sanità veneziana ed europea. Francamente non capisco il menefreghismo dei responsabili. Non permettendo l’accesso ad una ricchezza che appartiene a Venezia, cosa si pretende di fare? Aspettare che il tempo distrugga i documenti? Non si vuole dare alcun valore a quel passato che poco per volta ha costruito il presente e spinge verso il futuro?”
Lei è coinvolta in maniera più diretta degli altri firmatari perché Giuseppe Jona nel suo testamento ha lasciato i suoi libri all’Ospedale Civile dove aveva lavorato per 31 anni. Per lui quei libri avevano un particolare valore affettivo.
“Certo. Era la biblioteca di tre generazioni di medici perché l’aveva ereditata da suo padre Mosè Jona, mio bisnonno, e dal suo nonno materno Moisè Giuseppe Levi. Come loro discendente mi sento profondamente offesa dal fatto che la consultazione da tempo sia chiusa. Questo è un segno della noncuranza di politici e amministratori per i libri donati da zio Bepi all’Ospedale. In un certo senso sto offendendo le cosiddette autoritá, ma sono loro responsabili se non tutelano e non rendono fruibile una così grande ricchezza culturale e scientifica.”
Lei conosce bene la mostra permanente del patrimonio dell’Ospedale Civile sa che da settembre è stata rimossa per una mostra transitoria su Tintoretto?
” Con tanti saloni e palazzi meravigliosi che ci sono a Venezia, avevano bisogno di rimuovere proprio una esposizione permanente che testimoniava così bene la storia della medicina e della cura dei veneziani? Come discendente di una persona che ha fatto molto per l’ospedale trovo che quella testimonianza andasse rispettata ed è inconcepibile che per una mostra parziale su Tintoretto e due filmati abbiano rimosso e cancellato la mostra permanente che raccontava 200 anni di storia dell’Ospedale e di quello che ha rappresentato per Venezia. Non mi convince questa operazione culturale che si propone di rievocare la medicina del 500 e una istituzione morta e defunta come la Scuola Grande di San Marco rimuovendo e cancellando il passato prossimo che testimonia la scienza, la sofferenza e la vita dei veneziani nel loro ospedale, ancora vivo ed operante nel tessuto urbano. “
Mi spiega meglio perché non la convince questa operazione culturale?
“Gli interessi turistici ed economici cercano sempre più di impadronirsi di Venezia. Fino ad oggi siete riusciti a salvarla, purtroppo pochi giovani si dedicano a conservarla, trovando piú facile e comodo consegnarla a gruppi il cui scopo é sfruttarla.”
In che senso?
“E’ chiaro che nel caso del patrimonio e della biblioteca dell’ospedale si preferisce avere un contenitore vuoto da utilizzare per eventi anziché rispondere agli obblighi di conservazione e di consultazione dei beni culturali che l’Ospedale ha accumulato nella sua storia o che gli sono stati donati da chi vi ha lavorato e ha creduto nella sua importanza scientifica come Giuseppe Jona e molti altri medici.”
Dunque cosa chiede ai dirigenti regionali che hanno compiuto queste scelte che non condivide?
“Che compiano il loro dovere! In ospedale di testimonianze culturali da conservare ed esporre ce ne sono. La mostra ce c’era le faceva capire bene. Perché rimuoverla per farsi prestare oggetti da altri musei e biblioteche? Credo che i dirigenti dell’Ospedale avrebbero già abbastanza da fare se garantissero la conservazione di ciò che hanno e l’accesso ai libri e all’archivio che sono un prezioso patrimonio comune affidato a loro per questi scopi. Per questo ho sottoscritto la petizione, che mi auguro che tutti coloro che amano Venezia e il suo ospedale condividano e sostengano.
Si sente parte lesa?
“Si, in quanto Jona, ma anche come cittadina del mondo che tiene a Venezia come qualcosa di vivo e non come un contenitore di eventi o un feticcio“.
Didascalie
– Bacheca della mostra permanente con alcuni pezzi dello strumentario ora rimossi.
– Alberta Jona fra le foto di famiglia
– La sala di lettura della Biblioteca 1990 ora utilizzata per esposizione (è la foto in bianco e nero )
– La sala del Capitolo con la mostra permanente sulla storia dell’Ospedale ora rimossa per una esposizione temporanea.(foto della sala lunga a colori)
*Scrittrice – Docente