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Informazione, social e sociologia

di Corrado Poli*

La diffusione di un modo di pensare malamente mutuato dalla sociologia ha prodotto conseguenze gravi nel dare e nel commentare le notizie. Una volta si diceva che la notizia da diffondere era quando un uomo morsicava il cane e non il contrario. Anche oggi, com’è giusto e ovvio, il reporter va in cerca della notizia eclatante. È cambiato però il modo di commentarlo.

Anziché sottolineare l’eccezionalità del caso si producono ampie generalizzazioni basate su paradigmi interpretativi rigidi e indiscussi che si sono imposti nel tempo. Fondamentalmente si cerca per tutto una causa e un effetto che nella gran parte delle volte si deducono applicando passivamente teorie date per acquisite. Poiché spesso esistono diverse teorie e modelli interpretativi sociologici che fanno riferimento a solidi pensieri elaborati da studiosi seri, il dibattito si accende anche con violenza verbale ma non conduce a nulla. Di solito si commentano tragedie, disastri naturali o provocati dall’azione umana, delitti, incidenti poiché sono questi che più colpiscono i lettori. La ricerca di una causa si trasforma quindi nell’identificazione di un colpevole come se la sua punizione avesse un effetto purificatorio, una catarsi da attuarsi secondo le leggi della scienza sociale invece che per volontà divina. Il meccanismo – anche troppo umano e quindi inestirpabile se non da parte di chi cerca di elevarsi a Übermensch con il rischio di creare più danni che soluzioni – comporta la solita caccia alle streghe giustificata questa volta da schematismi sociologici volgarizzati.

Se un pazzo incendia un bosco, uccide la fidanzata, se una donna sopprime i suoi figli neonati, se dei giovinastri compiono atti di bullismo eccetera si procede alla ricerca dei colpevoli nella scuola, nella famiglia, nella politica, in definitiva nella società. E, in sociologia come pure in statistica e nella scienza in generale, se si cerca si trova quasi sempre quel che si vuole poiché le domande contengono già gran parte delle risposte. Questo è un problema noto e affrontabile se le domande, le ricerche e le risposte sono condotte con rigore metodologico, ma si trasforma in confusione se si applicano semplicemente schemi orecchiati e applicati acriticamente.

Il compito dei giornalisti dovrebbe essere – ed era un tempo quando vigeva un’etica diversa e l’informazione era una merce rara – solo il riportare fatti evitando i commenti. Non si può negare che qualche giudizio di valore rimanga inevitabilmente implicito anche nel solo riportare i fatti, ma si possono evitare spudorati commenti onnicomprensivi. Anche quelli degli esperti chiamati a commentare in tremila battute un fatto di cui non sanno pressoché nulla e al quale applicano passivamente uno schema analitico facendolo rientrare nelle loro categorie. Per non parlare dell’incompetenza dei giornalisti nel chiedere un commento al vero specialista. Così che succede che lo psichiatra faccia il sociologo, la ginecologa si occupi di questioni di genere e sessuologia a tutto tondo, lo scrittore famoso esprima pareri ex cathedra su qualsiasi cosa e lo scienziato affronti problemi giuridici. Poiché si applicano schemi consolidati per commentare, la notizia viene presentata priva del dato essenziale dell’eccezionalità che sarebbe il vero senso di essa. Questa impostazione ha degli effetti negativi sulla capacità di sorprendersi delle persone per fatti anomali e fortunatamente circoscritti che tuttavia, proprio perché legati in un rapporto di causa ed effetto, sono trattati come se fossero la norma in quanto acquisiscono lo stato di fenomeno sociale anziché personale. Se io ho una maestra che picchia i bambini in una scuola, non posso trattare questo episodio come la conseguenza della cattiva organizzazione delle scuole, dello stress a cui sono sottoposti


gli insegnanti ecc. Eppure, è proprio in questo modo che sono trattati questi episodi con la conseguenza che si finisce per invocare interventi pubblici invasivi per situazioni che non lo richiederebbero. Si divulghino pure i fatti dettagliando gli aspetti più morbosi come negli stupri, nelle violenze eccetera per fare piacere a lettori ormai abituati all’esplicito assoluto della rete. Se si sottolineasse l’eccezionalità dei casi trattati – come in effetti sono – non sarebbe un problema e la notizia rientrerebbe nella classica fattispecie dell’uomo che morsica il cane! Ma tutto questo è difficile da sradicare in quanto inserito in un modo di ragionare ormai diffuso e ha conseguenze politiche e culturali non indifferenti. Quel che si può fare concretamente – da parte degli studiosi – è rilanciare un’impostazione degli studi che si concentri sulle unicità piuttosto che su presunte “norme” che governano la società. Anche perché queste leggi non esistono e se si può prevedere con un’alta probabilità il comportamento di un babbuino, l’essere umano è imprevedibile anche nelle sue forme più organizzate.

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yU_FaYi5_400x400*Scrittore – Giornalista

 

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