di Corrado Poli*
Finalmente a Padova si esce dai luoghi comuni! Dopo mille convegni su grandi opere mai viste e su aree metropolitane mai realizzate, dopo essersi confrontati velleitariamente con Parigi e Londra, si terrà un Convegno che non riprende le solite megalomanie di provincia. L’obiettivo di “Padova riparte dal piccolo” organizzato dall’Associazione Habitus con la collaborazione del Comune di Padova, degli Ordini degli Architetti e degli Ingegneri, e del Collegio dei Geometri sarà riflettere ispirandosi all’urbanistica più consona al mondo di oggi.
Non si sogna il domani di ieri, quello immaginato e realizzato dai nostri nonni e genitori. Si pensa invece a costruire un domani adatto alle condizioni di oggi. Noi usiamo la sola parola “città” per definire realtà così diverse come New York, Manila, San Gimignano e Vicenza. Per operare assennatamente sulle realtà urbane odierne è necessario sapere distinguere quel che serve davvero a una città medio-piccola come quelle venete per non appesantirle con progetti di strutture pensate per metropoli gigantesche che hanno fatto il loro tempo. Il valore delle città medio-piccole è oggi inestimabile quanto a livelli di ricchezza, qualità di vita e partecipazione democratica. Queste città sopravvivono solo in una parte dell’Europa e nell’Italia settentrionale. Altrove sono state cancellate, impoverite o assorbite da grandi invivibili metropoli. Purtroppo, si sta facendo di tutto per farle somigliare sempre più agli incubi urbani del novecento.
Una buona manutenzione è la prima grande opera di cui le città medie e piccole come Padova hanno bisogno, guardando anche ai nuovi sistemi di certificazione dei quartieri e delle città, dove si passa dalla qualità degli spazi alla qualità dei luoghi.
Le città stanno diventando sempre meno vivibili, per tante ragioni. Su questo degrado sociale e ambientale è in corso una riflessione a livello internazionale che ragiona in termini di rigenerazione fisica, sociale, economica e funzionale, per migliorare l’intero tessuto urbano sia nelle aree centrali delle città ma soprattutto nelle periferie.
È ormai assodato che vivere in un ambiente ricco di stimoli estetici migliora il nostro senso di benessere e la capacità di essere operosi. Rimettere al centro delle trasformazioni la creazione di luoghi ricchi di valori significa migliorare la vita di tutti, contribuendo ad abbattere anche i costi della salute, che perdiamo a causa delle attuali condizioni di vita, a volte alienanti.
Si dovranno attivare azioni per contrastare gli attuali spazi fantasma, i non-luoghi, aumentando lo spazio pubblico e diminuendo lo spreco di suolo di aree residue e spesso lasciate ai “margini”, dove la competizione si svolge tra pedoni e automobilisti, tra ricchi e poveri, spacciatori e mamme coi bambini, automobilisti indisciplinati e rumorosi ragazzi su motorini truccati.
Se si attuasse un ri-sezionamento sistematico delle carreggiate stradali, durante la fase di manutenzione programmata, portandole ai minimi di legge, si recupererebbero spazi residuali da attrezzare in vario modo, a seconda delle specifiche dimensioni e necessità.
Ma soprattutto sarebbe un chiaro segnale della gerarchia nel sistema della mobilità da tenere in conto per chi vive in città, che dovrebbe porre al primo posto i cittadini in funzione della loro fragilità, ovvero rigenerare la città ponendo al centro del sistema la mobilità lenta.
Per realizzare questo programma di rigenerazione si dovrà guardare alle aree già in proprietà pubblica, molto spesso considerate solo “spazi”, riordinandole e creando nuovi stimoli estetici per dargli la dignità di luoghi.
La rigenerazione innovativa parte da qui, dai micro-interventi che accompagnano la manutenzione della città e rendono visibile il segno del cambiamento. Diventando loro stessi, nella loro molteplicità, la vera “grande opera”. Sarà necessario abbandonare il sogno modernista di programmare tutto come se la città fosse un progetto unico. Le città si costruiscono da sole, attraverso le interazioni di milioni di decisioni di singoli cittadini. Il meglio che un’amministrazione accorta può fare è mantenere in efficienza quel che già esiste. Oggi, conseguire questo obiettivo è una cosa complicata che richiede capacità intellettuali e organizzative di eccellenza. Costruire un’altra autostrada, un grattacielo più alto o una pesante infrastruttura di trasporto pubblico dimostrano arretratezza culturale. Il progresso non è realizzare oggi quello che altri hanno pensato e realizzato ieri, ma pensare e realizzare oggi quello che nessuno ha ancora immaginato.
* Docente – Scrittore