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Termalismo ed erotismo. I piaceri degli dèi nelle stufe d’ignudi

di Nelli-Elena Vanzan Marchini*

Nel 1416 il colto umanista Poggio Bracciolini, che nel suo viaggio nel Nord Europa scoprirà il manoscritto  di Lucrezio De rerum natura, giunge nella località termale di Baden e descrive le pratiche terapeutiche del luogo con estasiata ammirazione.   

“In alcuni bagni i maschi stanno con le donne…  passandovi la maggior parte del tempo in canti, in simposi, in danze. Infatti suonano accoccolandosi un poco nell’acqua ed è molto bello vedere ragazze in età di prender marito, splendide e cortesi in abito e aspetto di dee. Seguendo la musica, esse rialzano un poco la veste lasciandola ondeggiare sull’acqua sì che le crederesti Veneri alate.

E’costume delle donne, quando gli uomini le osservano dall’alto, chieder loro per scherzo l’elemosina. Così vengon gettate delle monetine, specialmente alle più belle; in parte esse le colgono al volo con le mani, in parte stendendo le vesti, spingendosi l’un l’altra; e in questo gioco si scoprono anche le più riposte parti del corpo. Si gettano anche corone di fiori variopinti, di cui si ornano la testa mentre si bagnano…”

Cattura

Le virtù terapeutiche delle acque di Baden, indicate per render feconde le donne, giustificavano i rituali ludici collettivi, ma la riscoperta del positivo connubio fra salute e piacere nella generale valorizzazione culturale del corpo, all’insegna della rivisitata cultura pagana, diviene uno dei temi ispiratori dell’Umanesimo e del Rinascimento.

La carne, per secoli mortificata dal Cristianesimo come guscio e gabbia dell’anima, è rivalutata come strumento e sede di ineffabili esperienze.  Lorenzo Valla disserta sulla fisicità dei gaudii celesti come suprema ricompensa dopo la resurrezione, mentre nudi vibranti di erotismo animano le arti figurative. Il Vasari narra che molti pittori andavano a trarre ispirazione per i loro ignudi nelle stufe, bagni pubblici dotati di calidari, dove potevano cogliere l’intima poesia dei corpi impudichi percorsi dall’acqua e abbandonati al vapore, perciò resi più sensibili alla seducente promiscuità dei sessi, alle cure estetiche e agli incontri amorosi.  In molte città infatti le stufe pubbliche, dal tedesco stube, luogo riscaldato in cui si prativavano i bagni di vapore, facevano concorrenza ai pubblici postriboli e fornivano stanze appartate per amori mercenari, massaggi, unzioni, depilazione, cura delle mani e dei piedi. A Lione alla fine del Quattrocento si usava l’espressione aller s’éstuver per indicare la pratica dell’amor mercenario, in quel periodo vi si contavano sette étuves, altrettante se ne trovavano a Digione e sei ad Avignone.  In Francia e Inghilterra si andò sferrando un duro attacco a questi luoghi di cura e di piacere, in nome della morale che le condannava e della medicina che vi individuava, in epoca di pestilenze, potenziali focolai di contagio.

 

Nelle grandi città italiane, pervase dalla cultura umanistica, le stufe, templi pagani dedicati all’appagamento dei sensi, si moltiplicarono e divennero il topos del termalismo erotico metropolitano. Negli scritti del Doni, dell’Aretino e del Delicado le stufe costituiscono il centro delle attività che gravitano attorno al florido mercato del piacere e la scena privilegiata delle beffe e degli incontri amorosi.

I modelli etici ed estetici dell’erotismo appagato in corpi voluttuosamente immersi nell’acqua o nel vapore e l’iconografia della nudità divengono inscindibili. La bellezza senza pudore è esaltata dai  miti pagani narrati nelle Metamorfosi di Ovidio che spesso costituivano l’argomento  degli affreschi  che adornavano proprio le stufe tanto che il papa fiammingo Florisz Boeyens, salito al soglio pontificio nel 1522 con il nome di Adriano VI, appena entrato nella Cappella  Sistina aveva annunciato di voler distruggere  gli affreschi di Michelangelo  perché indecenti e più adatti ad “una stufa di ignudi” che alla culla della cristianità. Il Vasari ricorda con sollievo che la morte del papa, l’anno seguente, impedì  la realizzazione di questo deleterio progetto.

Mentre il termalismo artificiale ed erotico metropolitano evocava la cultura classica e appagava gli appetiti  sessuali degli uomini della Rinascenza nelle anguste stufe delle grandi città italiane, anche le località termali  aggiunsero alle valenze terapeutiche delle loro acque nuove e più seducenti attrattive. Nella Mandragola  di Machiavelli il giovane e focoso Callimaco confida nella complicità del  contesto licenzioso delle terme per scalfire l’onestà della bella Lucrezia e indurla a tradire il marito. Montaigne nel suo Viaggio in Italia annota assieme alle virtù terapeutiche anche gli aspetti promiscui dei siti termali e delle stufe che frequentava con assiduità per lenire  con il calore i dolori provocati dai suoi calcoli renali.

La storia del termalismo tramanda, dunque, il tormentato rapporto della cultura occidentale con il corpo, i suoi piaceri e le sue cure. Gli imperatori romani usarono le grandi terme come anestetico sociale e strumento per forgiare il consenso popolare elargendo ludi, piscine e palestre, il cristianesimo delle origini accettò solo il potere lustrale e purificatorio dell’acqua finalizzato esclusivamente alle pratiche terapeutiche, mentre l’umanesimo ne rivalutò la portata erotica e le finalità estetiche ed edonistiche.

A Venezia, fra le calli e vicino al mercato di Rialto, la fondamenta e il sotoportego della stua  erano attigui al ponte delle tette dove le prostitute si affacciavano alle finestre delle case per ostentare le loro bellezze muliebri nella zona del pubblico postribolo detto il Castelletto. Un’altra famosa stufa si trovava dietro Piazza San Marco a San Giovanni Novo ed è  ricordata da un altro sotoportego della stua. Da tali luoghi, culla della cura del corpo e dei piaceri pagani, aveva certamente  tratto ispirazione Tiziano per il suo telèr Danae fecondata da Giove in cui ritrae  il padre degli dèi che, essendosi invaghito di Danae, rinchiusa dal padre per preservarne la castità, si era trasformato in nuvola d’oro per raggiungerla e possederla: il corpo della fanciulla è abbandonato al piacere e  penetrato da un vapore frammisto a monete d’oro, che sono avidamente raccolte da una vecchia mezzana seduta ai suoi piedi. L’identificazione di Danae con una cortigiana, forse Angela del Moro detta la Zaffetta, è palesata dalla presenza della ruffiana e delle monete d’oro che scendono in mezzo al vapore, connotando  il connubio divino come  un  rapporto mercenario.

Va detto che l’arte di amare secondo i canoni umanistici fu riscoperta e praticata dalle cortigiane, cioè dalle meretrici che seppero affrancarsi dalla disprezzata  professione del prostituirsi, gestendo la nuova cultura dell’erotismo. Il dipinto fu eseguito nel 1554 per il camerino di Filippo II di Spagna ed offre la sintesi poetica della voluttà femminile.  Gli uomini del Rinascimento, attraverso gli amori degli dèi pagani, riscoprirono il valore positivo dell’amor carnale a lungo negato dalla cristianità. Giove aveva assunto molteplici sembianze per godere delle grazie di ninfe e divinità, Ovidio ne racconta le metamorfosi in cigno per possedere Leda, in Aquila per rapire Ganimede, in toro per catturare Europa, in nuvola per nascondere Io… Le sue passioni, ritratte dai maggiori pittori della Rinascenza, fornirono un nuovo approccio culturale al piacere fisico affrancato dalla bestialità e vissuto come una nobile e sublime arte di amare.

 

Illustrazioni:

De balneis, Venezia 1553, Balneum Plummers.

Madrid, Museo del Prado, Tiziano Vecellio, Danae fecondata da Giove, 1554.

Venezia, Sotoportego della stua, San Giovanni Novo.

 

Per approfondimenti:

N.E. Vanzan Marchini, Alle fonti del piacere. La civiltà termale e balneare fra cura e svago, Milano, Leonardo Arte 1999.

Ead., Le seduzioni dell’acqua e i vortici dell’eros, in Donne d’acqua. Bellezza, mito e sensi da Cranach a De Chirico, a cura di P. Ghedina, Mirano/Venezia, Eidos 1999, pp. 65-80

Ead., Terme, “stufe” e voluttà nel Rinascimento. La percezione del corpo fra Paganesimo e Umanesimo, in Architettura arte e tecnica nella storia termale, (4°Convegno Nazionale. Fiuggi Terme), Reggio Emilia, Tip. Emiliana 1996, pp.109-136

Ead., Le terme di Venezia, Sommacampagna (VR), CIERRE 2016.


Nelli.PNG*Docente – Scrittrice

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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