di Giorgio Gasco*
“La nostra alleanza non può vivere in stallo” dice sibillino Giancarlo Giorgetti, eminenza grigia della Lega, che Matteo Salvini ha voluto come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio di ministri. E ancora più sferzante aggiunge: “Verrà la grandine e i deboli cadranno”. Più chiaro di così il messaggio per Luigi Di Maio e i suoi ministri non poteva essere. Tradotto: sciogliere il contratto di governo. Trascorrono poche ore e arriva la frenata del grande capo padano nonché ministro dell’Interno, appena uscito da un incontro, definito ottimista, con il Capo dello Stato, Sergio Mattarella: “Questo governo durerà”.
Uno scambio di giudizi a distanza che sembrano dimostrare come non solo la convivenza Lega-Cinquestelle è sempre più terremotata, ma anche le prospettive sul futuro dell’esecutivo sono divergenti tra gli stessi big leghisti. Ma cosa stava a significare la metafora di Giorgetti? E qui entra in gioco la seconda lettura possibile del ragionamento di Giorgetti: la grandine evocata è una metafora per dire che il governo potrebbe avere problemi di tenuta quando in autunno sarà discusso la Documento di Economia e Finanza (grandine), vista l’attuale situazione del Paese; quindi un conto è salutare Di Maio dopo un esito elettorale (europee) che per altro non ha un conseguente impatto concreto all’interno dell’Italia, altra cosa è doversi dire addio su un tema (aumento Iva, tagli e tasse) che va ad incidere profondamente sulle tasche degli italiani. Allora, forse sarebbe meglio cogliere la palla al balzo delle europee e addio, sempre che il distacco del Carroccio da Cinquestelle sia abissale.
In attesa di scogliere il “rebus” giorgettiano, si continua a generare confusione nell’elettorato che si appresta al voto europeo dopo una campagna elettorale che di europeo non ha avuto proprio nulla, essendosi svolta solamente sui temi, pesanti, della politica nazionale.
Altro dato interessante sarà il risultato di Forza Italia, Fratelli d’Italia e del Pd. Lega a parte, nel centrodestra si è aperta la sfida tra il partito di Silvio Berlusconi e quello di Giorgia Meloni. Quest’ultima ha improntato la campagna elettorale puntando sulla ricomposizione del centrodestra anche senza il Cavaliere, allo scopo di fare nascere una nuova coalizione della quale Fdi sarebbe la seconda gamba e la Lega la prima. E se Forza Italia dovesse scendere sotto la fatidica soglia del 10% dei consensi (limite preoccupante per la sopravvivenza della creatura di Berlusconi) a quel punto si aprirebbe la “caccia” in territorio azzurro a quanti hanno ancora intenzione di continuare l’esperienza del centrodestra lontani dallo storico leader. Quanto al Partito Democratico, nel cui palmares c’è quel (irripetibile) memorabile 41% di cinque anni fa sotto la guida di Renzi, cerca di risalire la china con il nuovo segretario Zingaretti, per confermare il suo peso nella famiglia socialista che nell’Europarlamento è seconda solamente a quella del Partito Popolare Europeo, contribuendo a bloccare il vento populista e sovranista che sta soffiando nel Continente.
Con questo scenario, entro domenica 26 oltre 400 milioni di cittadini dei 28 Stati che compongono l’Unione diranno da che parte l’Europa deve andare, rinnovando i 751 rappresentanti (73 per l’Italia, sarebbero stati 76 con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione) e di fatto indicando se confermare la fiducia ai due maggiori gruppi, quello del Partito Popolare Europeo e quello dei Socialisti, oppure spostare il consenso sulle nuove formazioni nate nell’ultimo anno un po’ dovunque e che si ispirano al populismo e al sovranismo. In Italia, sulle spalle di quanti andranno alle urne si aggiunge, di fatto, anche la responsabilità di dover indicare una sorta di preferenza tra i due contendenti che reggono l’attuale governo.
PRIMI EXIT POOL – Nel frattempo in alcuni Paesi si è già votato, ma i risultati verranno resi noti solamente dopo la chiusura dei seggi in Italia (domenica alle 23). Dovendosi accontentare degli exit pool, in Olanda, a sorpresa, sarebbero in testa i laburisti mentre i partiti populisti più quello del Pvv del sovranista Wilders alleato della Lega, non avrebbero sfondato restando dietro ai liberali del premier Rutte; in Gran Bretagna (in piena crisi di governo causa Brexit) trionferebbero gli anti-Ue del Brexit Party di Nigel Farage, mentre crollerebbero i conservatori e arretrerebbero i laburisti; per contro avanzerebbero i partiti minori pro-Ue: la premier Theresa May ha annunciato le sue dimissioni irrevocabili per il 7 giugno. Si attendono ora delle previsioni dopo il voto in Irlanda e Repubblica Ceca.
COME SI VOTA – In Italia, come altrove, persiste l’incognita dell’astensione fenomeno in costante ascesa al susseguirsi delle elezioni. Alle urne, aperta dalle 7 alle 23 di domenica 26 maggio, andranno 51 milioni di elettori alcuni riceveranno altre schede per le regionali (Piemonte) e le comunali. In base alla legge del 1979, il sistema elettorale è il cosiddetto proporzionale (tanti voti, tanti seggi) e prevede una soglia di sbarramento al 4%, i partiti che a livello nazionale non raggiungeranno almeno questa soglia non entreranno nell’Europarlamento. Per votare è sufficiente apporre una croce sul simbolo prescelto, nel caso in cui l’elettore esprima più di una preferenza, queste devono riguardare candidati di sesso diverso pena l’annullamento della seconda e della terza preferenza.
CIRCOSCRIZIONI / SEGGI – Il territorio è stato suddiviso in cinque circoscrizioni: Nord-Occidentale (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia) con 20 seggi; quella Nord-Orientale(Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna) con 14 seggi; quella Centrale(Toscana, Umbria, Marche, Lazio) con 14 seggi; quella Meridionale(Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria) con 17 seggi e quella Isole con 8 seggi.
NORDEST – Le liste in cosa sono 17.
La Lega punta a fare manbassa con il suo capolista dei capilista Matteo Salvini. A seguire il tesoriere del partito a Bologna, Alessandra Basso alquanto sconosciuta, l’eurodeputata uscente, la vicentina Mara Bizzotto.E ancora, il veronese Paolo Borchia stimato tecnico già a Bruxelles, Vallì Cipriani, Rosanna Conte di Portogruaro. Poi Gianantonio “Toni” Da Re segretario nazionale (cioé veneto) uscente. Contrariamente alle voci della vigilia, non sono stati selezionati dal grabde capo tutti i rappresentanti che siedono in Regione, da Roberto Ciambetti, presidente dell’assemblea veneta, all’assessoreFederico Caner, ai consiglieri Fabiano Barbisane Luciano Sandonà.
Anche il Pd si affida ad un pezzo da 90, l’ex ministro Carlo Calenda che ha un forte feeling con gli imprenditori nordestini. In lista è rientrata “lady like”Alessandra Moretti con trascorsi bersaniani poi renziani ora allineata alla nuova segreteria. Poi Achille Variati, ex sindaco di Vicenza che pare volersi fare i muscoli in vista delle elezioni regionali del 2020 e diPaolo De Castro, già ministro e di casa a Bruxelles.
Il M5S punta su Sabrina Pignedoli, giornalista anti mafia emiliana come capolista. Ci sono l’uscente Marco Zullo, Ulderica Mennella e imone Controdi Sandrigo, nel Vicentino, noto per essere amministratore delle chat del Movimento.
Nel centrodestra Silvio Berlusconi ècapolista per Forza Italia seguito da Irene Pivettie Roberta Toffanin, dal sindaco di Jesolo Valerio Zoggia.
Fratelli d’Italia ha come capolista la sua leader Giorgia Meloni e subito dopo Sergio Berlato forte dell’appoggio dei cacciatori venetiche prova a tornare all’europarlamento. Da segnalare la transfuga Elisabetta Gardiniche ha detto addio a Forza Italia, e l’eurodeputato uscente Remo Sernagiotto
Interessante sarà l’esito di+Europa e Italia in Comune: capolista l’ex pentastellato Federico Pizzarotti che ha chiamato in lista il critico d’arte Philippe Daverio, Giorgio Pasetto(il pasdaran anti congresso della famiglia tradizionale di Verona) e un altro ex pentastellato ed ex europarlamentare, David Borrelliinserito, pare di capire, in quota Bonino.
Fal fronte dell’estrema destra, oltre a Casapound – Destre Unite, è in corsa la lista di Forza Nuova con capolista Roberto Fiore. All’estrema sinistra sinistra, vanno divisi La Sinistra con Silvia Prodi capolista e il Partito Comunista con Marco Rizzo.
AMMINISTRATIVE – Sempre domenica 26 maggio, in 321 Comuni su 536 del Veneto gli elettori riceveranno anche una scheda per votare il rinnovo dei rispettivi consigli cittadini. L’eventuale ballottaggio è previsto per il 9 giugno. Al voto prima della scadenza naturale anche gli elettori di Rovigo, dopo la caduta della giunta di Massimo Bergamin.
Più precisamente, in Veneto sono 21 i comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti dove è previsto il ballottaggio nel caso nessuno dei candidati sindaco raggiunga il 50% più uno dei consensi. Andranno alle urne per la prima volta gli elettori di cinque nuovi comuni istituiti nel 2019: Borgo Valbelluna (Belluno), Colceresa (Vicenza), Lusiana Conco (Vicenza), Pieve del Grappa (Treviso) e Valbrenta (Vicenza). Sono invece 32 i comuni al voto in provincia di Belluno, 56 in provincia di Padova e altrettanti in provincia di Treviso, 33 in provincia di Rovigo, 15 in provincia di Venezia, 49 in provincia di Verona e 80 nella provincia di Vicenza.
In Friuli Venezia Giulia, 118 comuni al voto su 215: più nel dettaglio, 15 comuni in provincia di Gorizia e 15 in provincia di Pordenone, 3 in provincia di Trieste e 86 in provincia di Udine.
*Giornalista