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Dimmi che pressione hai e ti dirò dove andare in vacanza

di Stefano Chiaramonte*

L’estate sta arrivando. Era ora! Tempo di programmare le vacanze che rappresentano finalmente un’occasione di rilassamento, di interruzione dei ritmi di lavoro. Il semplice riposo diventa terapia,  rimedio fondamentale contro lo stress che ci perseguita tutto l’anno. Questa condizione caratterizzata da preoccupazione, nervosismo, ansia, stanchezza da troppo lavoro, conseguente ad un carico eccessivo di stimoli e sollecitazioni esterne provoca nel nostro organismo una reazione di difesa (definita “di attacco o fuga”) mediante la produzione di alcuni ormoni (principalmente cortisolo e adrenalina) che provocano accelerazione del battito cardiaco, vasocostrizione periferica ed aumentano temporaneamente la pressione arteriosa. Lo stress non è dannoso in sé ma può diventarlo, se eccessivamente protratto nel tempo, per gli effetti diretti degli ormoni sul sistema cardiocircolatorio.

Il concetto stesso di vacanza implica spesso un importante cambiamento di ambiente, clima, temperatura, alimentazione ed abitudini di vita che, in certi soggetti, può avere implicazioni sullo stato di salute. Gli ipertesi ed i cardiopatici sono quelli più a rischio. Questo non significa penalizzare le vacanze ma solo la necessità di adottare qualche piccola attenzione per poterle godere al meglio.

In montagna la pressione si alza.

In montagna, ad alta quota, si abbassa la pressione atmosferica e si riduce la concentrazione di ossigeno nell’aria. Questo stimola il midollo osseo a produrre  un numero maggiore di globuli rossi affinchè il trasporto di ossigeno nel sangue sia più efficace: questo è lo stesso meccanismo fisiologico sfruttato da molti atleti nel cosiddetto “allenamento in altura” . L’aumento del numero dei globuli rossi determina un aumento della viscosità del sangue che non è privo di effetti collaterali: qualcuno ricorderà sicuramente i gravi problemi di trombosi vascolare occorsi a famosi ciclisti, sciatori, mezzofondisti.  La riduzione della pressione barometrica induce il cuore ad un lavoro maggiore, perché tende a compensare questa ridotta ossigenazione con un aumento della frequenza dei battiti cardiaci (tachicardia) e della pressione, in certi casi fino a delle vere crisi ipertensive.  Va precisato però che non c’è una relazione semplice tra quota e pressione arteriosa: molto dipende anche da altre variabili come la temperatura dell’aria (in quota dove fa freddo è normale che la pressione salga per compensare la temperatura), l’intensità dello sforzo fisico (non tutti sono atleti ben allenati) ed il troppo rapido sbalzo in quota, cioè il tempo che si impiega a raggiungere la destinazione prescelta (oltre i 1500 metri è prudente fare una sosta di un paio d’ore durante il viaggio). Anche per chi non è abituato (non necessariamente iperteso o cardiopatico) uno sbalzo di quota eccessivo può indurre uno stato di malessere generale (il cosiddetto mal di montagna).

Al mare la pressione si abbassa.

Chi preferisce il mare deve tenere in considerazione l’effetto della temperatura più elevata che, specie se accompagnata da livelli di umidità medio-alta, determina un abbassamento della pressione arteriosa sistolica e diastolica. Il caldo ha un impatto importante sull’apparato cardiocircolatorio perché determina vasodilatazione periferica (che esponendo una maggiore quantità di sangue alla superficie cutanea ha lo scopo di indurre il raffreddamento corporeo) e fa lavorare di più il cuore.  E’ bene evitare di esporsi a lungo al sole, specie nelle ore più calde della giornata e poi tuffarsi in acqua per cercare refrigerio. Meglio una lunga passeggiata sul bagnasciuga con i piedi nell’acqua. Da ultimo, il caldo provoca sudorazione e perdita di liquidi, esponendo così al rischio di disidratazione e di squilibri elettrolitici cioè alterazioni della composizione dei sali minerali del sangue. E’ dunque fondamentale mantenere un adeguato apporto di liquidi (acqua, bibite preferibilmente non zuccherate, spremute di frutta, verdura).

In zone collinari e località termali la pressione resta stabile.

Una location più fresca del mare, con pochi sbalzi di temperatura e una “normale” quantità di ossigeno nell’aria, è perfetta anche per i cardiopatici in condizioni più gravi. Sicuramente tranquillità e riposo sono gli elementi caratterizzanti. Qualcuno direbbe “una soluzione per anziani” mentre molti cercano una località più modaiola, un po’ movimentata, frutto di un compromesso tra le esigenze di tutta la famiglia, specie dei figli.

Vacanza significa anche concedersi qualche trasgressione a tavola. Benessere, tranquillità, recupero, qualità di vita, rilassamento, disponibilità di tempo possono spiegare se si ritorna con qualche chiletto in più.  Le migliorate condizioni di vita giustificano un aumento dell’appetito e la cucina montanara è molto appetitosa, invitante ma spesso grassa e pesante, ricca di burro, formaggi, cibi salati, alcoolici. Soprattutto nei primi giorni l’alimentazione dovrebbe essere più leggera prediligendo carboidrati, frutta, verdura, fibre per risparmiare al cuore lo sforzo aggiuntivo per sostenere una digestione più lenta e laboriosa. Bisogna trovare un’onorevole compromesso.

Tante persone in vacanza riscoprono una vocazione atletica. Se da una parte non c’è dubbio che uno stile di vita sedentario è un importante fattore di rischio cardiovascolare e che l’attività fisica moderata e costante (mantenendo un buon tono muscolare e favorendo il controllo del peso) contribuisce a ridurre i valori pressori oltre che migliorare i parametri metabolici, dall’altra non bisogna improvvisare. Spesso si compiono sforzi sproporzionati alle possibilità. Le grandi fatiche comportano un lavoro muscolare di tipo prevalentemente anaerobio, in debito di ossigeno, che genera accumulo di acido lattico ed espone il cuore al rischio dell’ischemia.

Le vacanze fanno bene. Non c’è dubbio. A condizione di goderle con buon senso.


IMG_7430.jpeg* Nefrologo – Coordinatore del Programma di Prevenzione del Rischio Cardiovascolare – Casa di cura Villa Berica – Vicenza

 

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