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Leggere in leggerezza. Ghiacciai, un tragico destino

di Franco Secchieri*

I ghiacciai sono gli interpreti ed i testimoni per eccellenza dei cambiamenti climatici. Sono passati “appena” 20.000 anni da quando le Alpi erano ricoperte da una grande ed estesa massa gelata, spessa anche migliaia di metri, in un paesaggio paragonabile a quello odierno dell’Antartide.

La storia climatica ha visto poi l’alternarsi di periodi caldi e freddi, ma sempre verso un graduale riscaldamento fino ad arrivare ai giorni nostri con i ghiacciai di dimensioni sempre più ridotte. Nonostante ciò, essi rappresentano ancora elementi essenziali del paesaggio alpino e non è certo possibile pensare ad un Monte Bianco privo delle lingue gelate che scendono dai suoi versanti. Così come non si può immaginare la Marmolada senza il suo bianco mantello che ricopre il versante settentrionale.

Oltre ad essere un elemento essenziale del paesaggio alpino d’alta quota, i ghiacciai sono importanti riserve d’acqua in continua evoluzione, con un funzionamento che potremmo definire a ciclo stagionale: accumulano neve d’inverno che restituiscono come prezioso liquido durante la stagione estiva. La vita dei ghiacciai è dunque scandita dalle stagioni e a seconda del loro andamento possono crescere o diminuire, di massa e di superficie. Quando la neve che si scioglie è meno di quella che si deposita, allora i ghiacciai si nutrono e crescono, viceversa, con la fusione che intacca le riserve degli anni precedenti, “dimagriscono” e perdono parte della loro massa. La differenza tra le entrate (neve) e le uscite (acqua di fusione) costituiscono quello che si suole definire come il bilancio di massa per un ghiacciaio.

Purtroppo oggi i bilanci risultano sempre più negativi, legati ad una modifica del clima che, se pure non certo nuova nella storia dell’atmosfera, ha dalla sua una velocità sicuramente anomala. Senza entrare nella polemica sempre più accesa sulle cause più o meno antropiche del cambiamento, la realtà dei fatti è ormai assodata.

Da anni mi occupo come geologo (glaciologo) di ghiacciai e recentemente ho concentrato la mia attenzione soprattutto sull’area dolomitica. Parimenti a quelle montagne, che celebrano oggi il decennale come patrimonio mondiale Unesco, anche i loro ghiacciai sono dunque un patrimonio dell’Umanità, un bene che però si sta rapidamente esaurendo. Infatti dagli ultimi controlli su tutti i Gruppi glacializzati e dal confronto con le immagini degli anni precedenti, emerge una situazione impietosa, fatta di ritiri e persino ormai anche di incipienti scomparse.

Con l’aiuto anche di osservazioni tratte dal mio ultra quarantennale archivio fotografico, dopo l’ultima breve fase di espansione cessata attorno agli ’80 del secolo scorso, stiamo oggi assistendo ad una accelerazione dei processi di fusione e conseguente riduzione delle masse gelate. Gli accumuli invernali, estremamente variabili non sono più in grado di sostenere le perdite, anche a causa di estati a volte così lunghe, calde e secche che ne stanno segnando irrimediabilmente il destino. Non c’è prova o fondamento più o meno scientifico, infatti, che sia in grado di smentire questo irreversibile processo. Le previsioni sono anzi catastrofiche e gli scenari futuri disegnano un mondo in profondo cambiamento, il tutto esaltato anche dalla necessità di drammatizzazione mediatica che amplifica questa diffusa percezione.

Dobbiamo prepararci a vedere una Marmolada senza più il sua bianco mantello : una perdita che si ripercuote anche dal punto di vista della attrattività turistica (quella sportiva – sci estivo, è ormai cessata da anni). Una montagna che può essere eletta a simbolo della nuova era climatica e gli eventi celebrativi di questi giorni potrebbero diventare una specie di suo “de profundis”.

Abbiamo visto come clima e ghiacciai siano intimamente legati tra di loro e le variazioni dell’intera criosfera, cioè l’insieme delle masse gelate presenti sul nostro pianeta, sono una conseguenza diretta dei mutamenti climatici. Siamo oggi testimoni non solo della riduzione dei ghiacciai montani, ma anche di quella delle altre ben più este masse gelate della Terra: dall’Antartide alla Groenlandia e fino ai ghiacci dell’artico.

A prescindere dalle cause e dai possibili rimedi di questo cambiamento, dobbiamo prepararci ad un futuro che si preannuncia abbastanza problematico, specie per la vitale risorsa idrica della quale, mi pare, abbiamo ancora uno scarso rispetto.

Nella foto di Secchieri la Marmolada nell’agosto del 2018


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