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“E’ come un cuore che pulsa”. Ecco a voi l’Etna

di Salvo Ingargiola*
Viaggio nei Crateri sommitali – a Bocca Nuova – qualche settimana dopo l’attività esplosiva che ha interessato Sud-Est, una zona che oggi è off limits. A guidarci sarà Daniele, una guida vulcanologica. Ma soprattutto è la storia di un vulcano, con le sue forme, i paesaggi lunari intorno ai 4 crateri attivi. Un’esperienza sensoriale che parte da un rifugio di montagna: il “Sapienza”.
Ai bordi della ‘bocca nuova’ l’aria è quasi irrespirabile. I gas sulfurei molto forti impediscono una buona visuale. Le narici faticano a respirare. Le orecchie però possono godere di uno spettacolo di rumori, esplosioni, tremori. “Restiamo in silenzio. Questo è il suono della natura”, esordisce Daniele, guida vulcanologica di Cooperativa Guide vulcanologiche. https://www.guidevulcanologicheetna.it/
Benvenuti nell’Etna, un paradiso di sabbia nera e rocce vulcaniche. Una montagna che non è mai uguale a se stessa. “Abbiamo raggiunto Bocca Nuova, uno dei 4 crateri sommitali del vulcano più attivo d’Europa. Gli altri tre sono Voragine, Nord-est e Sud-est. In passato Bocca nuova e Voragine – ci spiega Daniele – erano due crateri separati. Dopo l’esplosione lavica del 2015 si sono uniti. Prima era possibile attraversare in mezzo ai due crateri”, racconta.
L’escursione verso i crateri sommitali parte a mattinata inoltrata dalla zona intorno al Rifugio Sapienza, una storica (https://www.rifugiosapienza.com/ ) struttura in legno che fu costruita, dallo Stato, nel ventennio fascista come base per le milizie volontarie. Peccato che, però, non fecero in tempo a terminarla: il CAI (Club alpino italiano) la acquistò per 84.000 lire. Uno dei soci si chiamava Giovannino Sapienza che elargì un contributo economico importante per i lavori di sistemazione. Ecco perché oggi, questa struttura in stile country moderno è a lui dedicata. Per tutti, qui, il “Sapienza” è un punto di riferimento, un’istituzione. Per i turisti – molti tedeschi, americani e francesi – un ambiente ideale per soggiornare godendosi l’atmosfera etnea, a due passi dai Crateri
Silvestri (non più attivi) che è possibile circumnavigare a piedi.
Dopo avere preso la Funivia dell’Etna ( http://funiviaetna.com/) , in circa mezz’ora di tragitto, raggiungiamo i 2500 metri sopra i livello del mare. Da qui o si procede a piedi, in salita, o si prende un camioncino fuori strada per raggiunge i 3000 metri. La destinazione è Torre del filosofo, chiamata così perché qui, in passato, erano presenti dei ruderi di un edificio costruito in ricordo del filosofo agrigentino Empedocle (492 a.C. – 430 a.C.) che – racconta una leggenda – salì sull’Etna per studiarne i fenomeni eruttivi. Secondo questa leggenda, Empedocle morì gettandosi nella bocca del vulcano per scoprire il segreto della sua attività eruttiva.
Da qui, – una corda delimita il punto in cui è proibito avventurarsi da soli – inizia il nostro viaggio sull’Etna, un’escursione che è un’esperienza sensoriale. Il paesaggio intorno a noi è grigio: il cielo è nuvoloso. E più saliamo verso i crateri, più si sentiamo l’odore dello zolfo nelle narici. “La giornata, oggi, è molto solforosa”, racconta Daniele che ci spiega: “Ogni giorno, a seconda di come tira il vento, stabiliamo i percorsi più opportuni per raggiungere la vetta”. Fino a qualche settimana prima, un’ordinanza vietava le escursioni: “E’ stata registrata un’attività importante. Visitare la base
del cratere di Sud-est, oggi, è vietato: è una zona off limits. La piattaforma è ritenuta instabile”, ci racconta la guida vulcanologica che, lungo il percorso, ci indicherà più volte una centrale scientifica che è connessa all’Istituto nazionale di vulcanologia: “E’ una struttura che registra persino le miniscosse, quelle che noi uomini non possiamo avvertire. E’ come un mezzo che registra i movimenti di questo grande ‘cuore’ che è l’Etna, un cuore che respira e che pompa”.
E’ fondamentale – un consiglio per chi si appresta a compiere l’escursione in vetta – portare una bandana o fazzoletto di stoffa per coprire la bocca e il naso. Da questo punto in poi, infatti, i gas  diventano sempre più forti.
Quando raggiungiamo la vetta, l’esperienza è unica. La fatica fisica c’è. Ma è quando la guida ci invita a sederci sulle rocce vulcaniche intorno a Bocca Nuova che inizia lo spettacolo. Il gas sulfureo e l’attività esplosiva all’interno del cratere che causa dei crolli interni rilasciando della sabbia nera impediscono una buona visibilità dell’area vulcanica. Ma è chiudendo gli occhi che capisci di essere sopra un “cuore” che pulsa. Sembrano tanti tuoni, numerose esplosioni l’una a distanza di pochi secondi dall’altra. L’Etna è lì. La sua forza e la sua energia condensati in pochi minuti di silenzio interrotti solo dai rumori dell’attività del vulcano. L’attività della “muntagna”, come la chiamano i catanesi qui, è incessante, senza interruzione.
Quando ci lasciamo alle spalle Bocca Nuova, scendiamo gradualmente – la guida suggerisce “piccoli passi laterali, sorretti dai bastoncini da trekking” – verso una vallata di sabbia nera. Di fronte a noi c’è un’immensità di grigio scuro. E’ tempo di pranzare: lo facciamo in una zona riparata dal vento. Una coppia di tedeschi ha dimenticato a portare del cibo. Subito, come accade spesso in questi casi, scatta la solidarietà tra trekkers: chi dà dei biscotti, chi un panino, chi dell’acqua. In montagna, spesso, si resta in silenzio. Qui, nella valle, il sole è forte. Le nuvole sono praticamente sparite e la discesa, senza gas e nebbia, diventa piacevole.

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Lo diventa ancora di più quando, a sorpresa, intravediamo due crateri: si chiamano crateri Barbagallo, dedicati al nome di Vincenzo Barbagallo, una storica guida vulcanologica dell’Etna. Il panorama è mozzafiato. Più ci avviciniamo e più il colore rosso del cratere, ormai spento, diventa più vivo. “Rosso come la ruggine – spiega Daniele – , colpa del materiale ferroso”. La natura meravigliosa è così. E’ bella, persino, quando si arrugginisce. I due crateri si sono formati in seguito alle eruzioni del 2002 e del 2003, un fenomeno che durò diversi mesi da ottobre a gennaio. “Prima qui era tutto pianeggiante. Poi in seguito alle esplosioni di lava, si sono formate le montagne su cui oggi stiamo camminando”. “Laggiù, a causa delle esplosioni, a sud dei due crateri, esisteva prima
una ski-area ed un rifugio, entrambi sono andati completamente distrutti dalle eruzioni di quegli anni”, racconta Daniele.
Una volta che si sono formate questi due crateri, un’altra eruzione, negli anni a seguire, costrinse la colata lavica a scorrere lungo due canali. Una volta che, infatti, la lava fuoriuscita dal vulcano trovò l’ostacolo dei due crateri Barbagallo lungo il suo percorso, essa fu costretta a deviare la strada. A distanza di anni, oggi, lungo la discesa dai crateri Barbagallo è chiaramente visibile e riconoscibile il fiume di lava che, oggi, è solo un accumulo di sabbia nera e rocce vulcaniche. La vista è impressionante. La colata sembra essere ancora lì, in movimento. Il magma si è raffreddato e solidificato. Tutto intorno, lungo la discesa, si vedono delle grandi bombe vulcaniche, grandi massi
di rocce vulcaniche che rendono bene l’idea della potenza del vulcano attivo più grande d’Europa.

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L’Etna attrae, ogni anno, oltre 2 milioni di visitatori. Numeri che sono aumentati dopo il traguardo del 2013 quando la meraviglia dei crateri sommitali – 4 crateri attivi, Bocca Nuova, Voragine, Nordest e Sud-est – è stata dichiarata ‘Patrimonio Unesco dell’Umanità’. Aveva ragione Dominique Vivand Denon: nel Settecento, nel suo ‘Voyage en Sicile’, scriveva: “Tutto ciò che la natura ha di grande, tutto ciò che ha di piacevole, tutto ciò che ha di terribile, si può paragonare all’Etna. L’Etna, però, non si può paragonare a nulla”. In questo angolo di Sicilia, da questo terreno che oggi percorriamo in sicurezza grazie alle guide, nel 1669 la lava raggiunse il mare di Catania. Nel 1928 una spettacolare eruzione causò la distruzione di un centro abitato dell’Etna. Si tratta di Mascali,
una cittadina che sorgeva nel versante orientale dell’Etna: da allora quel centro non esiste più. Una colata lavica la sommerse. Questa è la potenza dell’Etna a cui si riferiva Denon. E’ come un cuore che continua a pulsare. E fa vibrare chi è innamorato della straordinaria forza ed energia di Madre  Natura.

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salvo.jpg*Giornalista

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