“Facts are stupid things” (i fatti sono cose stupide)! Questo memorabile lapsus di Ronald Reagan nel citare John Adams (il quale aveva in effetti detto “Facts are stubborn things” che vuol dire che con i fatti non si fanno compromessi) rappresenta bene la condizione dell’informazione dei nostri tempi. Oggi forse la gaffe di Reagan passerebbe inosservata.
Sembra proprio che i “fatti” siano la cosa meno importante di cui occuparsi e che conti solo una narrazione creativa vagamente ispirata da essi. In effetti, tutti noi, senza pregiudizi non siamo in grado di giudicare. Dobbiamo farcene una ragione, soprattutto quando le situazioni sono complicate e la verità è nascosta nell’arcano di imperscrutabili sfumature di valori e opinioni in conflitto.
Che fare allora? Una soluzione non c’è e nemmeno la professionale verifica delle notizie dissiperà mai tutti i dubbi. Dovremmo allora scrivere con la timidezza di chi dubita piuttosto che con l’audacia dei predicatori. Dovremo anche sottoporre costantemente a critica i nostri stessi “pregiudizi”, le lenti attraverso le quali vediamo i (presunti) “fatti”.
Tuttavia, non possiamo mettere da parte la combattività e il coraggio trincerandoci in un dubbio costante che porta a una vile inazione. In mancanza di certezze sui fatti, si può sempre – e anzi si deve – elaborare con rigore sui princìpi. È nostro dovere ricordare ed elaborare idee di fondo che diano forma e coerenza agli incerti fatti con cui veniamo in contatto. Mai come ora che i fatti sono sempre più confusi, teniamo in così poca considerazione le idee indispensabili per giudicarli, al punto di non metterle nemmeno in discussione.
Il giornalismo che riporta i presunti fatti non può essere separato da media che stimolino quella riflessione ideale ed etica che forma quei pregiudizi nobili senza i quali i fatti non esistono o sono facilmente strumentalizzati.
E per scendere ancora più sul pratico, aggiungo che l’Ordine dei Giornalisti abbia una ragione d’essere per distinguere l’informazione professionale dal vocio strumentalizzato dei social network. Tutti tendiamo a leggere solo quello che vogliamo sentirci dire e rifiutare di prendere in considerazione chi la pensa diversamente. Così che sento tante persone dire: “Io il tal giornale proprio non riesco a leggerlo”; oppure ti “bannano” dal social se esprimi posizioni diverse dalle loro. Tutti abbiamo questa tendenza e preferiamo gratificarci nel leggere solo quello con cui concordiamo. Se siamo giornalisti, studiosi e persone mediamente intelligenti dobbiamo evitare questo comportamento stupido.
Alcuni fatti sono ben chiari e incontrovertibili, per nulla stupidi, come sfuggì detto a Reagan. Ma la nostra capacità di elaborarli e interpretarli è alla lunga il fatto più reale e concreto che ci sia. E di idee e principi oggi se ne parla poco e male.

Corrado Poli
Docente / Scrittore