Cosa resta della 76ma Mostra del Cinema di Venezia? Innanzi tutto il gusto un po’ amaro del finale sotto tono, sabato 7 settembre 2019, in un clima d’autunno anticipato con pioggia, spiagge del Lido già deserte e la Sala Grande semivuota per il discorso conclusivo del presidente della Biennale Paolo Baratta (“Arrivederci al 2 settembre 2020”).
PROTESTA VINTAGE. A movimentare la scena c’è stata l’improvvisa riapparizione dei contestatori – con un effetto “vintage” che sembra studiato in sala regìa – con tanto di occupazione del red carpet come nei mitici – si fa per dire – anni Settanta. Dieci giorni di Mostra sono tanti. Forse troppi. Oltre 140 i film presentati di cui 21 in concorso al Leone d’Oro (vinto da “Joker”) per un totale di 3.621 proiezioni con 105 mila ingressi e un +11% sul 2018.
Resterà il ricordo di Johny Depp – interprete del truce colonnello torturatore di “Aspettando i Barbari” – torvo e un po’ sfuggente. Di Meryl Streep, anziana e simpatica signora acclamatissima. Di Brad Pitt e Jude Law proclamati dalle intenditrici i divi più belli della Mostra.
INSALATA BIONDA. Fra le tante splendide attrici – a cominciare dalla madrina della Mostra Alessandra Mastronardi – un posto speciale se l’è preso la Barbie di Cremona, la blogger da record che vanta 17 milioni di fan: Chiara Ferragni ovvero “blonde salad”, l’insalata bionda che fa girare il mondo come il Crodino. Il suo criticatissimo documentario auto promozionale ha fatto sembrare sostanzioso persino il vuoto spaziale in cui annaspa Brad Pitt, astronauta in “Ad Astra”.
INIMITABILI SETTANTA. Ma torniamo ai contestatori; niente a che vedere con quelli dei mitici anni Settanta, quelli duri, ai tempi in cui l’evento Biennale Cinema che allora come oggi attira sul Lido di Venezia l’attenzione di mezzo mondo, divenne palcoscenico delle proteste contro i governi “borghesi” di centrosinistra, l’imperialismo americano, lo sfruttamento dei lavoratori, l’oppressione clericofascista e quella sessuale, e via dicendo.
DAL PIOMBO ALL’ETERE. Erano gli anni di piombo, mentre quelli di oggi sono anni d’etere: un’era eccitata ma leggera. Allora le contestazioni erano l’espressione di conflitti sociali laceranti. Oggi si sfila, con cartelli e slogan, anche per affermare cose su cui tutti sono d’accordo: no all’inquinamento, salvare le foreste, contrastare il riscaldamento globale. L’unico tema divisivo è stato il no alle Grandi Navi.
NAVI NO, MA DOVE? Ma è un tema veneziano-centrico, e il problema è se far passare le navi passeggeri per la laguna (fino alle banchine di Marghera dove attraccano da anni porta-container e petroliere) o fuori della laguna, costruendo un nuovo porto a nordest del Lido vicino ad una spiaggia protetta dove nidificano gli uccelli marini. Scavalcando con un generico “no” la complessità del problema e l’ambiguità delle soluzioni, diverse centinaia di giovani, molti provenienti dal Venice Climate Camp organizzato al Lido in nome della “giustizia climatica”, hanno preso possesso del red carpet della Mostra per alcune ore.
MARCE E CONTUSIONI. Poi i contestatori (per lo più giovani no global, ma anche famiglie con bambini piccoli e qualche anziano/anziana attivista locale) si sono messi a marciare e a fare comizi nel centro e sul lungomare del Lido bloccando il traffico tutto il giorno, con centinaia di agenti a fare scudo alla cittadella del cinema. Nella ressa per arginare un gruppo di facinorosi 5 poliziotti sono rimasti contusi.
FILM SENZA SALE. Nell’eredità di questa 76ma Mostra c’è anche la caterva di film che non arriverà nelle normali multisala perché ritenuti dalla catena distributiva non abbastanza commerciali; in altre parole non saranno messi in circolo quei film che non promettono un minimo di spettatori paganti. Fra questi potrebbe esserci “Adulti nella stanza” del celebre regista di sinistra greco Costa Gavras: la storia autobiografica della battaglia (persa) nel 2015 contro l’Ue e l’austerity, dell’allora ministro dell’economia Varoufakis ai tempi della crisi finanziaria greca. Questa, come altre pellicole notevoli, di registi affermati o promettenti, bravissimi o super raccomandati, finirà prima o poi nei circuiti televisivi.
PAPI E NARCOS IN TV. In televisione vedremo presto (su Sky) due nuove serie presentate alla Mostra: quella firmata da Paolo Sorrentino “Il nuovo Papa” con Jude Law e John Malkovic, e quella in 8 puntate “Zerozerozero” di Stefano Sollima, da un romanzo di Saviano sui narcotraffici tra Messico, Napoli ed Usa. Tra settembre e ottobre nei cinema approdano i già nominati “Ad Astra” (l’avventura interplanetaria di Brad Pitt), “Aspettando i Barbari” (orrori in salsa coloniale con Johnny Depp), “Martin Eden” ambientato a Napoli, del regista Pietro Marcello. In arrivo anche il toccante film di Gabriele Salvatores “Tutto il mio folle amore (volare)” con Claudio Santamaria, Diego Abatantuono e Valeria Golino: il viaggio in moto per l’America di un padre e di un figlio autistico.
JOKER PIGLIATUTTO. Naturalmente rivedremo nelle sale lo spettacolare “Joker” interpretato da Joaquim Phoenix: il Leone d’Oro è in sintonia con il gradimento del pubblico della Mostra (96%). In attesa delle prossime assegnazioni dei Premi Oscar (9 febbraio 2020) dovrà vedersela per il primato nei cinema di tutto il mondo con un altro “super big”, il film di Tarantino “C’era una volta a Hollywood” con Di Caprio, Brad Pitt, Margot Robbie e Al Pacino.
POLANSKY D’ARGENTO. “J’Accuse” (il dramma storico-politico di fine Ottocento legato al caso Dreyfus) dell’86enne regista franco-polacco Roman Polansky è il film che ha suscitato più polemiche dopo che la regista argentina Lucrecia Martel, presidente della giuria della Mostra, ha detto: “Io non separo l’uomo dall’artista”. Riferimento alla vicenda personale di Polansky, che non si è presentato alla Mostra a Venezia anche perché già in altri Paesi (Svizzera, Polonia) in passato era stato arrestato col rischio di essere estradato negli Usa dove ha una condanna pendente per abuso su una minorenne nel 1977. Il produttore del film Luca Barbareschi ha minacciato di ritirare “J’accuse” dalla Mostra, il direttore Alberto Barbera ha replicato alla Martel (“io giudico un film solo sulla qualità dello stesso”) e il Leone d’argento assegnato a “J’accuse” ha chiuso il caso.
SCANDALO AD INCASTRI. Molto apprezzato dal pubblico anche “Laundromat” di Soderbergh, con Meryl Streep e Antonio Banderas: ironico racconto ad incastri sullo scandalo finanziario del secolo, quello dei Panama Papers: piacevole da vedere ma, malgrado le semplificazioni, è un po’ troppo complicato da capire.
PALERMO (SUR)REALE. Nel panorama della Mostra 2019 sono mancate le commedie divertenti: per farsi un sorriso, ad esempio, c’è voluto il docu-film di Franco Maresco “La mafia non è più quella di una volta” (premio speciale della giuria) che mostra una Palermo reale ma paradossale, dove per rispetto o per timore non si osa neanche nominare la Mafia, e dove il popolino se ne infischia della memoria di Falcone e Borsellino – i giudici assassinati dai Corleonesi – ormai diventati santini da onorare nelle parate ufficiali, e attrazioni di surreali sagre di quartiere.
BRIVIDI AL LAGO DI COMO. Risate no ma brividi sì. Tanti thriller, come il film di chiusura “Burnst Orange Heresy”, un giallo sul Lago di Como incentrato su un pittore-eremita e con finale a sorpresa. Oppure come “Saturday Fiction” del cinese Lou Ye con la bellissima Gong Li: una storia sentimental-spionistica nella Shanghai in guerra nel 1941. Un film di tensione è anche “Seberg”, con Kristen Stewart nei panni dell’attrice che negli anni 60 fu presa di mira dall’Fbi per i legami sentimentali e ideologici col capo delle “Pantere Nere” Hakim Jamal.
Chiudiamo citando un film che speriamo di rivedere almeno su Rai5, la rete dedicata alla cultura: “The Perfect Candidate” della regista saudita Haifaa al-Mansour (quella de “La bicicletta verde”). Una dottoressa saudita appartenente ad una famiglia benestante e di larghe vedute si candida alle elezioni comunali e si scontra così col paternalismo e maschilismo della società araba ultraconservatrice.

Maurizio Cerruti
Giornalista