Il termine “politicamente corretto” implica comportamenti improntati al pieno rispetto dell’identità politica, etnica, religiosa, sessuale, sociale di altri soggetti. In questa cornice si potrebbe inserire anche il tema della medicina di genere. In realtà, il termine non identifica semplicisticamente il concetto della cura della salute della donna ma un approccio più attento a tutte le differenze uomo/donna relative al tema della salute e della malattia, a tutte le età. Non è una nuova specialità ma una nuova dimensione della medicina, trasversale a tutte le specialità della medicina, che studia l’influenza del sesso e del genere su fisiologia, fisiopatologia e patologia umana.
Quando parliamo di sesso distinguiamo differenti entità biologiche che hanno alla base i cromosomi sessuali XY del maschio e XX della femmina, mentre il genere implica differenti ruoli determinati socialmente o culturalmente.
Non confondiamo il concetto di parità fra uomo e donna (che significa intelligenza, dignità, rispetto, opportunità, ecc) con quello di diversità (che significa anatomia, biologia, patologia, ecc), concetto non da denigrare ma da valorizzare negli aspetti più qualificanti.
Nella Letteratura scientifica molti studi hanno descritto le malattie (epidemiologia, fisiopatologia, clinica, terapia) partendo da casistiche spesso sproporzionate nella distribuzione percentuale di maschi e femmine, talora costituite esclusivamente da persone dello stesso sesso. Questo porta a generalizzare i risultati e non sempre consente di cogliere differenze significative. Non si può pensare di poter curare un signore anziano affetto da determinata patologia nello stesso modo della signora della porta accanto. Sullo stesso pianerottolo gli stessi problemi si manifestano in maniera diversa per intensità e frequenza. Per fare alcuni esempi, le donne sono affette da artrosi in misura doppia rispetto agli uomini, l’osteoporosi è considerata patologia che penalizza tipicamente la donna ma la mortalità dopo frattura del femore è nettamente maggiore nell’uomo. Il cancro del colon si localizza nel tratto ascendente delle donne ed in quello discendente degli uomini. La depressione è un disturbo molto più frequente nelle femmine ma il suicidio è quattro volte più frequente nei maschi.
Ancor più nel campo della patologia cardiovascolare vi sono significative differenze. Le lesioni vascolari nelle donne sono prevalentemente localizzate nel microcircolo mentre negli uomini sono a livello dei grossi vasi. L’infarto cardiaco si manifesta, nei maschi, in età più precoce e con un quadro elettrocardiografico più grave mentre la sintomatologia, nelle femmine, esordisce spesso in maniera atipica (stanchezza inusuale, dispnea, nausea, vomito, dolori epigastrici) cosa che porta a rendere la diagnosi difficile ed a ritardare il trattamento. Il risultato è che, in Europa, le malattie cardiovascolari costituiscono la causa di morte nel 42 % dei maschi e nel 52 % delle femmine.
Accanto ai fattori di rischio tradizionali (diabete, fumo, obesità o sovrappeso, ipertensione, inattività fisica, dislipidemia (che già hanno un impatto molto più pesante nei soggetti di sesso femminile) vi sono altri fattori di rischio non tradizionali, nascita pretermine, ipertensione in gravidanza, diabete gestazionale, malattie autoimmuni, trattamenti chemioterapici per tumore della mammella, depressione, che giocano un ruolo importante nelle donne. Si stima che, dopo i 45 anni, circa 80% delle femmine abbia almeno un fattore di rischio in atto.
Il sesso condiziona non solo la patologia, ma anche le terapie, ed influenza sia la farmacocinetica dei farmaci, cioè il percorso di una sostanza all’interno dell’organismo (dall’assorbimento alla distribuzione, alla metabolizzazione fino all’escrezione), sia la farmacodinamica, cioè il suo meccanismo d’azione. Le donne hanno un rischio maggiore rispetto agli uomini di presentare reazioni avverse ai farmaci. Ciò può dipendere, oltre che dalla classe di medicinale ed al tipo di effetto avverso, anche dall’età e dallo stato fisiologico della donna. Gli ormoni sessuali, attraverso la stimolazione dei recettori cellulari presenti su vasi, ossa, cervello e fegato, generano vere e proprie differenze nella risposta ai farmaci.
Gli effetti possono essere importanti al punto da indurre gli Enti regolatori a prescrivere, per alcuni farmaci, raccomandazioni sul dosaggio specifiche per sesso.
Dobbiamo passare da un concetto di medicina di genere a quello di medicina genere-specifica per personalizzare l’approccio sulla base della storia di una persona, sul percorso di vita caratterizzato da esperienze, difficoltà, eventi particolari ed il Medico deve integrare le proprie conoscenze scientifiche con la persona che ha di fronte, con tutto il suo vissuto.
E’ proprio vero che “…..é più importante sapere che tipo di persona abbia una malattia, piuttosto che sapere che tipo di malattia abbia una persona” (Ippocrate).

Stefano Chiaramonte