“Folgorati sulla via di Damasco”. Con questo riferimento agli Atti degli Apostoli, Stefano Fracasso, capogruppo del Pd in Consiglio regionale del Veneto, ha messo un po’ di pepe nel dibattito sul referendum per abrogare l’attuale legge elettorale nazionale basata sul sistema proporzionale. Luca Zaia lo ha promesso dal palco di Pontida, durante il raduno dei leghisti: in settimana, ha annunciato il governatore regionale, inizierà l’iter che porterà il Veneto a prendere posizione come ha richiesto il “capitano leghista Matteo Salvini.
Infatti, la Prima Commissione permanente dell’assemblea regionale, presieduta da Alessandro Montagnoli (Lega), vicepresidente Claudio Sinigaglia (Pd), ha approvato a maggioranza (non hanno partecipato alla votazione finale Piero Ruzzante di Liberi e Uguali), Patrizia Bartelle di Italia in Comune, e i consiglieri del Movimento 5 Stelle Erika Baldin e Simone Scarabel) la proposta di deliberazione amministrativa (non una legge ma un indirizzo politico-amministrativo), illustrata dal presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti (Lega), che contiene il quesito referendario, che andrà richiesto in base all’articolo 75 della Costituzione, e teso ad abrogare le disposizioni del sistema elettorale della Camera e del Senato quanto all’assegnazione dei seggi in collegi plurinominali con metodo proporzionale.
Se dovesse essere definito e approvato e convalidato dai cittadini, tutti i seggi dei due rami del Parlamento verrebbero attribuiti in collegi uninominali, in ciascuno dei quali risulterebbe eletto il candidato che abbia conseguito il maggior numero di voti. Più semplicemente, verrebbe abrogata la parte proporzionale del sistema elettorale con conseguente estensione del sistema maggioritario, investendo in modo omogeneo Camera e Senato. Due i riferimenti a cui fare testo per giungere al referendum: la Costituzione quando sancisce che devono essere cinque consigli regionali a richiedere l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge; la legge numero 352 che regola i referendum previsti dalla Costituzione e l’iniziativa legislativa del popolo, ove si prescrive che la deliberazione della richiesta di referendum deve essere approvata dal Consiglio regionale con il voto della maggioranza dei consiglieri assegnati.
“Con questa proposta si afferma l’intenzione di dare la parola ai cittadini sulla materia elettorale – ha affermato Ciambetti – Da un lato c’è chi vuole modificare la legge elettorale nelle segrete stanze romane; dall’altro lato, c’è chi vuol dare ai cittadini la possibilità di esprimersi sul come cambiare la legge elettorale, rispetto a chi fa manovre di palazzo. La nostra proposta va in senso maggioritario, perché dà la possibilità di sapere immediatamente chi rappresenterà in Parlamento quel determinato territorio e le sue istanze. Puntiamo ad approvare la proposta referendaria, assieme ad almeno altre sei regioni d’Italia (Lombardia, Piemonte, Liguria, Basilicata, Sardegna e Friuli Venezia Giulia) – entro il 26 settembre, per poterla depositare in Corte di Cassazione lunedì 30 settembre e di seguito sottoporla al giudizio degli elettori di tutta Italia entra la prossima primavera”.
Dall’opposizione dem, Fracasso richiama gli Atti dei Vangeli per spiegare come “i leghisti sono diventati improvvisamente grandi sostenitori del sistema elettorale maggioritario; peccato che non lo siano mai stati e che abbiano sempre votato contro a questo tipo di proposte, compreso l’Italicum che proponemmo qualche anno fa. Inoltre, ci propongono un referendum i cui effetti produrrebbero una legge elettorale bulgara, di una Bulgaria ante caduta del muro di Berlino, perché si rischia che chi prende un voto in più ottiene il 100% dei seggi del Parlamento”. Morale, per l’esponente del Pd “è evidente che si tratta di un’iniziativa esclusivamente politica che non ha nessuna seria intenzione di arrivare a una migliore legge elettorale e ci dispiace che vengano usate a questo scopo le istituzioni regionali, piegate ai deliri e alle fantasie e alle disavventure di un Salvini che si è cacciato in un angolo e non sa come uscirne. La nostra posizione è di netta contrarietà alla proposta, inaccettabile per una democrazia”.

Giorgio Gasco
Giornalista