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Questione di pelle: psoriasi e rischio cardiovascolare

Quando si parla delle malattie cardiovascolari e dei relativi fattori di rischio la maggior parte delle persone pensa immediatamente ai fattori di rischio classici, colesterolo, obesità, ipertensione, diabete, fumo e tutti gli interventi diagnostici e terapeutici sono concentrati su questi.

Negli ultimi anni l’attenzione si è finalmente spostata anche su altri fattori che sono ugualmente diffusi ma poco considerati, in particolare, le malattie infiammatorie croniche, probabilmente perché spesso le persone le considerano problemi ineluttabilmente legati all’età, spesso con una componente ereditaria famigliare, malanni con cui la gente impara a convivere seppur con disagio e focalizza l’attenzione sulle pratiche per alleviare la sintomatologia dolorosa e sui risultati nel breve termine piuttosto che sugli effetti dannosi nel lungo termine.

Una di queste patologie è la Psoriasi, una malattia infiammatoria cronica della cute che colpisce circa il 2% della popolazione, senza particolari correlazioni con sesso ed età, caratterizzata dalla presenza di zone di ispessimento della cute di aspetto e forma irregolare, un po’ rilevate, arrossate, spesso confluenti con desquamazione superficiale, pruriginose. La conferma che la psoriasi deve essere considerata una malattia infiammatoria sistemica che interessa tutto l‘organismo, non limitata alla sola localizzazione cutanea, deriva dalla presenza nel sangue di elevati livelli delle proteine tipiche dell’infiammazione e dai risultati delle tecniche diagnostiche di imaging che mostrano localizzazioni in sedi differenti dalla cute.

Il fatto che la Psoriasi peggiori nei momenti di stress non deve indurre a banalizzare questa patologia relegandola nella sfera dei disturbi psico-somatici. La maggior parte degli studi epidemiologici ha documentato una importante associazione della psoriasi con le malattie cardiovascolari. Le persone affette da psoriasi presentano un rischio di ictus e di infarto cardiaco rispettivamente una volta e mezzo e tre volte maggiore rispetto alla popolazione normale, strettamente correlato con la severità e la durata della malattia. Come non bastasse, i soggetti affetti da questa patologia presentano anche un’elevata incidenza degli altri principali fattori di rischio, in particolare obesità, diabete, ipertensione, dislipidemia e sindrome metabolica. La maggior parte degli esperti concorda comunque nel considerare la psoriasi un fattore di rischio cardiovascolare indipendente cioè in grado di determinare la patologia da solo, senza necessariamente il contemporaneo concorso di altre cause.

L’osservazione che molti pazienti hanno una evidente distribuzione famigliare ha portato a sviluppare l’ipotesi che vi sia una predisposizione genetica. L’analisi dei Big Data ha portato ad identificare almeno 50 regioni del genoma che potrebbero avere loci in comune ma non è ancora stato possibile dimostrare un evidente link genetico fra psoriasi ed altri fattori comorbidi. Chi pubblicizza test del DNA per identificare la predisposizione a questa patologia commette una forzatura.

Il meccanismo che genera il danno cardiovascolare parte dalle cellule infiammatorie che infiltrano la cute e le mucose delle zone interessate le quali rilasciano nel torrente circolatorio alcune citochine pro-infiammatorie (precisamente TNF, IL-12 e IL-23). Ciò ha l’effetto di propagare e perpetuare uno stato di flogosi sistemica di basso grado che, semplificando, potrebbe essere paragonabile a quello che avviene nel corso di un episodio influenzale, di intensità minore, pari ad un centesimo, ma di durata continua. Questo meccanismo provoca insulino-resistenza cioè interferisce con la capacità delle cellule di inglobare ed utilizzare gli zuccheri, condizione predisponente a diabete e malattie metaboliche. Un altro effetto tossico si manifesta a livello dei vasi, precisamente a livello dello strato più interno e delicato della parete, alterandone la permeabilità all’ossigeno, la capacità di rispondere agli stimoli vasomotori e rendendola più suscettibile all’attacco da parte di colesterolo e piastrine. Lo stesso meccanismo induce anche ipertensione arteriosa. Ne deriva che la psoriasi non è solo una fastidiosa malattia della pelle. Non si può dire che dalla lesione cutanea a quella cardiovascolare il passo è breve ma, sicuramente, la via è tracciata.

Negli ultimi decenni l’atteggiamento terapeutico è virato in maniera sostanziale. Da un approccio superficiale mirante a trattare prevalentemente i problemi di tipo estetico/sintomatico basato su balneoterapia termale, Sali del Mar Morto, Fototerapia, trattamenti topici con creme emollienti, catrame di carbone, pomate cortisoniche ed antiinfiammatorie, si è passati ad affrontare la psoriasi come una malattia cronica sistemica con possibili complicanze gravi. Questo ha portato all’impiego di farmaci immunosoppressori (Metotrexate, Ciclosporina, Tacrolimus) e, negli ultimi anni, allo sviluppo dei cosiddetti Biologici. Questi ultimi farmaci sono perlopiù anticorpi che si legano a specifici recettori e sono diretti a bloccare una o più attività delle cellule infiammatorie implicate nella catena di eventi che portano allo sviluppo della patologia.

I risultati dei trials clinici, seppur iniziali e su casistiche ovviamente ancora limitate, sono comunque molto incoraggianti e documentano una significativa riduzione degli eventi cardiovascolari e dell’evoluzione della patologia in atto. Questa è una buona notizia. Siamo sulla buona strada.


Stefano Chiaramonte

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