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Intervista al governatore del Veneto Luca Zaia: “L’autonomia è imprescindibile e ineludibile. La porteremo a casa“

Presidente Zaia, la prima domanda è d’obbligo. Il 2019 come è stato per la Regione Veneto?

È stato un anno impegnativo. È iniziato nel vivo della ripresa dopo la devastazione di Vaia; una miriade di cantieri su tutte le nostre montagne dal Comelico all’Altipiano di Asiago ed anche in pianura. È finito con la mobilitazione per l’acqua alta a Venezia del 12 novembre: 187 centimetri di livello, una marea seconda storicamente soltanto a quella del 1966. Oltre ai danni ingenti su Venezia, abbiamo registrato frane, smottamenti, danni ai litorali. Solo a Bibione ad esempio, sono spariti 100.000 metri cubi di spiaggia e a Jesolo un chilometro di lungomare. Una devastazione che ha attraversato tutto il litorale fino al Polesine e la Sacca di Scardovari. Ancora una volta, però, abbiamo avuto modo di constatare positivamente la nostra capacità di reazione, l’innata tendenza a darsi subito da fare dei Veneti e la loro solidarietà, testimoniata dall’alto numero di volontari sempre pronti. Ma l’anno scorso ha visto anche l’assegnazione delle Olimpiadi Invernali del 2026 a Milano e Cortina, una meta che è destinata a rilanciare a livello mondiale tutta la nostra montagna veneta. È stato l’anno del riconoscimento delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene come patrimonio dell’Umanità Unesco.  È stato anche un anno di intenso lavoro per la macchina regionale: in pieno agosto siamo stati la prima regione a presentare la proposta di legge di bilancio 2020-2022, un risultato ottenuto con due mesi di anticipo e poi puntualmente confermato. A conti fatti, sono molto soddisfatto.

Nel corso dello scorso anno c’è stato il cambio di governo nel Paese con la Lega passata dalla maggioranza all’opposizione e con il Pd a fianco dei 5 Stelle. Cos’è che l’ha sorpresa di più tra la decisione di Matteo Salvini, la nuova alleanza e il mantenimento del ruolo di Premier di Giuseppe Conte?

Scherzando, potrei dire che la cosa che mi ha colpito di più di Salvini è stata proprio la capacità di sopportazione fino a quel momento. Oggettivamente era impossibile insistere nel condividere l’esecutivo con compagni di strada che continuavano solo a dire dei no e a ostacolare il lavoro. Il risultato di non aver restituito la parola al popolo la vediamo tutti i giorni: un nuovo governo che vivacchia, privo di personalità, fatto da chi ha perso clamorosamente le elezioni nazionali nel 2018 e le europee del 2019. Il Conte 2 è un esecutivo creato nei palazzi, che sicuramente non è espressione della volontà popolare. Anche per questo il suo operato non contribuisce a placare quel clima di perplessità che c’è in tanta parte del paese.

Venendo ad oggi, l’autonomia arriverà o il referendum dell’ottobre 2017 è destinato a rimanere senza alcun seguito?

L’autonomia sarà una pagina di storia di questo paese; chi ha delle perplessità sbaglia, perché così rischia di farla scrivere ad altri. Il processo è irreversibile e alla fine ci si arriverà, volenti o nolenti. Ne sono fermamente convinto. È diventata una richiesta talmente corale e diffusa, talmente sentita e capita che hanno cercato di contrastarla con la storiella secondo la quale il nostro obbiettivo è arrivare ad un’Italia di serie A e ad una di serie B, oppure alla ‘secessione dei ricchi’: una vera balla che è solo lo spauracchio, agitato per poter lasciare le cose come stanno. I cittadini lo hanno capito.

L’autonomia rischia di essere l’argomento principale della prossima campagna elettorale per le regionali secondo lei? Non ha la sensazione che in ambito romano ci possano essere dei giochi tali da consentire a Pd e 5 Stelle di usare contro di lei e della sua maggioranza l’eventuale esito negativo?

Certamente, grazie al nostro impegno, l’autonomia è diventata un tema imprescindibile, non solo per i veneti, che dovrà essere per forza un metro su cui saranno chiamate a misurarsi tutte le forze politiche. È la scelta che per il paese farà la differenza tra il passato e il domani, tra il medioevo e un nuovo rinascimento. Noi di questa ‘rivoluzione culturale’ siamo stati artefici inascoltati prima e i corridori solitari poi; abbiamo, quindi, ben poco da spiegare ai cittadini che già conoscono perfettamente la nostra posizione e la nostra storia. Sono gli altri che dovranno far capire il loro approccio, a cominciare dal perché non abbiamo avuto risposte in oltre 15 mesi e, a parte qualche timida apertura in astratto, continuiamo concretamente a non averne. Vedremo quali tesi sosterrà il PD che è il partito che ha impugnato il referendum del 2017, che ci ha portato davanti alla Corte costituzionale, che ci ha vietato l’uso della tessera elettorale e ha fatto di tutto perché Veneti e Lombardi non potessero esprimersi. Non lo dimentichiamo noi, ma nemmeno i cittadini, che la firma della pre-intesa con l’allora Governo Gentiloni si fece direttamente con i sottosegretari perché il premier non ritenne neanche di dover essere presente. Solo ora il ministro Boccia ha presentato una legge quadro che ha trovato i presidenti delle regioni consenzienti; ma temo che anche per lui verranno tempi difficili.

Un altro tema che è già stato oggetto di prese di posizione nei confronti della sua giunta è quello della sanità. Il Veneto è sempre regione d’eccellenza su questo ambito? Ed eventualmente cosa c’è da migliorare nell’anno appena iniziato?

Invito sempre ad informarsi su come si viene curati in altre zone del paese. È indispensabile per capire che il modello sanitario veneto funziona. Non nego le difficoltà che talora emergono tra gli 80 milioni di prestazioni erogate ogni anno, ma nella nostra regione l’assistito sa che sarà curato per quello di cui ha bisogno, che troverà il professionista giusto ed il percorso clinico corretto.  Il nostro modello è frutto di una visione da sempre lungimirante sul livello delle cure da assicurare ai cittadini, di scelte importanti, in alcuni casi anche contro corrente, e investimenti adeguati. Nell’ultima Giunta regionale del 2019 è stato dato il via libera a nuovi investimenti per un totale di 90 milioni 300 mila euro da dedicare a 31 progetti presentati da Ullss e Aziende Ospedaliere. Se solo guardiamo al bilancio di previsione per l’anno appena iniziato, che ammonta a 17 miliardi di euro, ci accorgiamo che, tolte le partite contabili e quelle di giro, la manovra finanziaria per il prossimo anno ha un valore complessivo di circa 12 miliardi di euro e di questi 9,6 sono destinati al fondo sanitario e a quello sociale. Ai Veneti piace che le cose siano fatte bene e per questo siamo pronti ad investire, come facciamo ogni anno spendendo 70 milioni di euro in nuove tecnologie sanitarie. Se qualcuno non capisce che questa è una priorità, significa che non ha percezione del futuro. Se la sanità non segue questa via è destinata a esaurire la sua corsa. Sia chiaro: non vuol dire che non c’è più spazio per l’umanità e il saper fare. Vuol dire che servono medici e personale che sappiano cimentarsi eccellentemente con le nuove tecnologie. E qui vengo al problema: la vera difficoltà, oggi, è garantire il turn over dei medici specialisti. La situazione attuale risente molto della programmazione errata dei decenni scorsi ma con alcuni provvedimenti legislativi e la collaborazione delle università ci stiamo dando da fare affinché le corsie non siano sguarnite.

Infrastrutture. Lei ha ripreso la proposta che già aveva avanzato ovvero quella di una holding autostradale del Nordest con capofila il Veneto attraverso il coinvolgimento di Cav e Autovie Venete. È una proposta che per certi versi ne ricorda di precedenti. Oggi perché pensa sia possibile?

La cronaca degli ultimi mesi ci sottolinea l’importanza di promuovere sempre nuovi investimenti per l’ammodernamento della rete autostradale. Il progetto prevede la trasformazione radicale della CAV in CAV 2.0, attraverso la liberalizzazione di un miliardo di investimenti senza più pesare sulle casse dello Stato e una completa autonomia della concessionaria in termini di bilancio, gestione, leve tariffarie. Attualmente, infatti, è totalmente a capitale pubblico. L’obbiettivo è trovare la formula perché diventi a capitale sociale, in modo che gli utili, che ammontano ad un miliardo di euro, possano essere reinvestiti direttamente in infrastrutture e viabilità. CAV ha un bilancio in perfetto ordine, manutenzioni a regola d’arte e, attraverso un Bond internazionale, si sta pagando da sola tutti gli investimenti.

Sulla questione dell’adeguamento dei pedaggi autostradali riguardanti la Cav ci sono stati diversi interventi, non ultimi quelli delle associazioni dei consumatori. Lei e l’assessore De Berti siete intervenuti in maniera decisa per fare chiarezza da un lato e per le prospettive future dall’altro. Come si può intervenire concretamente su questo versante?

La viabilità è un elemento fondamentale in un tessuto come quello veneto, animato da una rete di imprese e attività produttive e, a sua volta, nodo strategico per i collegamenti nazionali e internazionali. In questo quadro, quel che più conta per i veneti è ottenere l’abolizione o una drastica diminuzione dei pedaggi per tutte le tratte origine-destinazione all’interno del perimetro della stessa CAV. Questo è uno degli obbiettivi che caratterizza il nostro progetto per una ‘rivoluzione’ delle tratte di competenza delle Concessioni Autostradali Venete spa. Tanto per chiarire, chi percorrerà la Padova-Marghera o non pagherà nulla, o pagherà un pedaggio ridottissimo unicamente legato ai costi di gestione. CAV ha già liberalizzato alcune tratte, come la tangenziale di Mestre e la bretella per l’aeroporto e, come ci ha autorizzato recentemente il Ministero, renderemo permanente per un altro anno ancora l’agevolazione tariffaria fra le stazioni Mirano/Dolo e Padova Est. Ma a noi non basta: vogliamo una armonizzazione totale in questa direzione per tutti i veneti residenti in zona, i quali, per esigenze di lavoro, salute o famiglia hanno necessità di muoversi nell’area. Non si tratta di una reazione alle sollecitazioni o alle insofferenze che hanno trovato spazio sulla cronaca a fine anno; il piano era stato inserito nella manovra 2020 attraverso due emendamenti che il Parlamento ha ritenuto, però, di bocciare. Abbiamo deciso di reiterare il progetto al Ministro per proseguire nella nostra linea di non mettere mano alle tasche dei Veneti.

Mose e Pedemontana, due argomenti non collegati tra loro ma che interessano comunque il Veneto in tema di infrastrutture. A che punto siamo? E il capitolo Via del Mare pensate di chiuderlo quest’anno?

Il Mose non è un’opera della Regione, ma, come ho ripetuto nei giorni dell’acqua alta, a questo punto deve essere messo in funzione e deve funzionare.  Per quanto riguarda la Pedemontana, siamo al 75% dei lavori e siamo pronti alla conclusione per il 31 dicembre del 2020, salvo il tratto di Malo a causa dei tre sequestri in atto. Per il project sulla via del Mare, siamo in attesa che il Ministero trametta al CIPE la convenzione aggiornata.

Lo scorso 8 gennaio a Mestre si è aperto il maxi processo per mafia a seguito dell’inchiesta che ha riguardato il comune di Eraclea e, di riflesso, il litorale veneziano. Ulteriori inchieste hanno riguardato il veronese e altre parti della regione. Sono così fortemente radicalizzate le presenze mafiose in Veneto secondo lei e, nel caso, cosa fare per contrastarle?

È una triste attualità, proprio nei giorni scorsi come Regione abbiamo incaricato un legale per la costituzione di parte civile nel processo, a garanzia e tutela del nostro territorio oltre che per sottolineare l’impegno a tutti i livelli nel contrasto alla criminalità organizzata. In questo quadro, però, riempie il cuore vedere come il nostro tessuto sociale sia complessivamente sano e abbia anticorpi all’altezza. A Palazzo Balbi, abbiamo anche tenuto a battesimo un osservatorio composto da tutte le parti sociali, gli interlocutori istituzionali e gli stakeholder del Veneto per fare fronte comune sul territorio affinché nessuno possa creare quel minimo di substrato in grado di favorire condizioni di criminalità e violazione organizzata delle leggi. Solo facendo squadra, infatti, si combatte l’illegalità. I Veneti stanno dando la dimostrazione di avere nel loro dna legalità, pulizia, rigore e, quindi, il desiderio di vivere in una regione che sia esente da fatti e atteggiamenti criminosi. Siamo in un momento storico importante per il Veneto: stiamo completando la Pedemontana, ci aspettano le Olimpiadi invernali del 2026 e prima ancora i Mondiali di Sci. Sono grandi eventi, per richiamo ma anche per sforzi economici, investimenti e movimentazioni finanziarie. È chiaro che questo denaro deve dare frutto percorrendo le vie giuste, in assoluta trasparenza e totale rispetto della legge. La piena collaborazione tra le varie istituzioni, le amministrazioni, le categorie e le parti sociali è fondamentale.

Rapporti con il Friuli Venezia Giulia. Al di là della stessa appartenenza politica, come vanno le cose con Massimiliano Fedriga e la sua regione?

I rapporti sono buoni ed anche animati da quella collaborazione necessaria tra due regioni confinanti e con interessi comuni. Anche nell’ultimo anno c’è stato modo di confermarlo. Penso ad esempio al progetto ‘Alto Adriatico 2020-2021’, per proseguire insieme la valorizzazione turistica delle località balneari di entrambe le coste regionali; una serie di azioni, mirate in particolare a radicare sui mercati internazionali la promozione con strategie uniche di comunicazione e marketing con un investimento di 600.000 euro, equamente ripartito. Ma penso anche alla sottoscrizione dell’intesa finalizzata a migliorare il processo di internazionalizzazione delle imprese delle due regioni con l’obbiettivo di facilitare le intese con le aziende estere al fine di incrementare l’export e la commercializzazione dei nostri prodotti su nuovi mercati, soprattutto su quelli geograficamente più vicini. Certamente, invidio al Friuli Venezia Giulia di essere una regione da sempre autonoma, ma anche il Veneto ci arriverà.

Il 2020 è l’anno delle elezioni regionali. Possiamo dire oggi che Luca Zaia sarà ancora il candidato per guidare il Veneto per la terza volta? E quali sono i rapporti con le altre forze del centrodestra?

Tutti mi chiedono con insistenza se mi candiderò alle prossime regionali. E tutti vanno regolarmente delusi perché rispondo sempre: ‘Io governo il Veneto e ho ancora molte cose da affrontare’. Non è un modo per non rispondere, credo sia invece un modo per rispettare tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro idee politiche, che non vogliono un presidente che governa pensando solo in chiave elettorale. Se mi giro indietro a guardare cosa è stato fatto in questi anni, comunque, sono personalmente soddisfatto e penso serenamente di poter dire che la Giunta ha lavorato bene ed in piena sinergia. Mi riferisco a tutti gli assessori, a quelli della mia appartenenza politica come agli alleati, ed anche al ruolo di stimolo svolto dalle opposizioni.

Nel centrosinistra sembra esserci un intenso movimento che coinvolgerebbe anche le liste civiche che hanno sostenuto i sindaci come avvenuto, ad esempio, a Padova. Peraltro ciò fa venire in mente il Movimento dei Sindaci che ebbe tra i fautori principali, oltre a Giorgio Lago, Massimo Cacciari, anche se non fu un movimento particolarmente fortunato. Ora come vede questa ripresa del ‘civismo’?

Non vedo grandi similitudini tra i due fenomeni politici. Sono frutti di due momenti storici differenti. Il vecchio Movimento dei Sindaci va inserito nel quadro dell’Italia dopo tangentopoli, un laboratorio di idee e progetti istituzionali conseguente alla crisi della Prima Repubblica e l’apertura di una nuova stagione in cui, tra l’altro, la Lega ha trionfato. Il ‘civismo’ odierno del centrosinistra sembra piuttosto il frutto di un imbarazzo identitario e della difficoltà di spendere la propria storia e i propri simboli nelle proposte agli elettori. Un rimedio non solo alla pochezza propositiva e all’esaurimento del collante ideologico, ma anche al disorientamento di chi non sa più verso quale elettorato rivolgersi. Come dicevo già per l’autonomia, non è sufficiente abbracciare una causa; è necessario dimostrare che quella causa è coerente con la propria storia, soprattutto quella più recente. Comunque, come dico sempre, è il popolo che è sovrano e la credibilità di un percorso politico la confermano soltanto i cittadini alle urne.

Per chiudere, ci può dire una cosa che avrebbe voluto fare nel 2019 senza riuscirci e una invece che vorrebbe.

La cosa che più di ogni altra speravo di portare a casa è l’autonomia per il Veneto. Non ce lo hanno consentito e, senza voler sembrare monotono o voler indugiare in calembour, dico che la cosa che più di ogni altra spero di portare a casa nel 2020 è l’autonomia per il Veneto. Ripeto: è diventata un fatto imprescindibile e ineludibile. È prevista dalla Costituzione; noi abbiamo fatto tutti i compiti per casa che dovevamo fare, ora attendiamo risposte concrete a livello nazionale.

 

(Per gentile concessione di Obiettivo Territorio)


Lucio Leonardelli

Giornalista

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