Padova è ufficialmente la capitale europea del volontariato del 2020. In effetti lo è da molto tempo esistendo una lunga tradizione di imprese e di partecipazione di cittadini ad attività del terzo settore. In questo fine settimana, si svolgono numerosi incontri culturali, artistici e di rappresentanza politica, nobilitati dalla visita del Presidente della Repubblica. Quando si parla di volontariato si pone l’accento soprattutto sulla gratuità del lavoro prestato e quindi sulla generosità di chi vi si dedica. Vale la pena però osservare le attività volontarie organizzate anche da una prospettiva di mercato e di sviluppo. Il terzo settore e le attività di volontariato oggi acquisiscono un rilievo particolare se le si analizzano nell’ambito di una ristrutturazione generale della società e del lavoro. Se invece si usano schemi analitici superati in cui si individua una banale terza via tra pubblico e privato, si perde l’occasione di valorizzare le grandi potenzialità di un volontariato che spesso rappresenta l’attività principale per molti cittadini e la porta di ingresso a un vero e proprio lavoro retribuito o alla costituzione di imprese creative. Oltre che all’auto-realizzazione personale.
Il volontariato va posto in relazione alle sempre più diffuse proposte di ulteriore riduzione della settimana e/o della giornata lavorativa. In Finlandia è stato recentemente proposto che i lavoratori dipendenti abbiano contratti full-time, ma distribuiti su soli quattro giorni alla settimana. Se poi si pensa che il telelavoro potrebbe consentire che alcuni o tutti questi quattro giorni siano lavorati senza nemmeno andare in ufficio, si vede come possa intervenire una rivoluzione dell’organizzazione del lavoro che conosciamo. Non si è ancora verificata solo perché siamo ancorati a vecchi schemi anche mentali il cui cambiamento richiede tempo e che è inutile imporre troppo repentinamente.
La riduzione della settimana lavorativa è collegata al volontariato e alla creazione di nuove imprese creative. Basta domandarsi cosa farebbero le persone nei tre giorni della settimana lasciati liberi dal lavoro organizzato. Qualcuno perderà tempo, altri dormiranno o si dedicheranno ad attività solo ludiche. Altri si dedicheranno alla famiglia. Ma una buona parte del “tempo liberato” sarà occupato dalle persone più intraprendenti, e magari insoddisfatte dal lavoro dipendente necessario a sbarcare il lunario, a impegnarsi nel perseguire le proprie ambizioni e passioni.
Secondo una ricerca francese, all’inizio del secolo un lavoratore aveva una speranza di vita media di 500.000 ore di cui ne lavorava 200.000 cioè il 40%. Se pensiamo che dedicasse al sonno e al riposo un altro 40% del tempo, gli restavano 100.000 ore per il divertimento, il mangiare, gli hobby, i riti religiosi, la politica, le lotte sociali. Insomma, la vita era dominata dal lavoro. Nel 1950 la vita media era aumentata a 600.000 ore e il tempo dedicato al lavoro diminuito per cui il lavoratore medio lavorava solo il 20% del suo tempo da sveglio anche grazie al periodo dedicato all’istruzione, alle ferie, a causa della riduzione dell’orario di lavoro e alla pensione. Nel 2000 questa proporzione era ulteriormente diminuita. Intanto abbiamo guadagnato altre 100.000 ore di vita e con i vari contratti di lavoro e di pensione si arrivava a lavorare pressappoco il 16% della nostra vita da svegli e il 9% di quella totale. Questa rivoluzione del tempo implica che gran parte del nostro tempo è “libero” e quindi possiamo scegliere come utilizzarlo. Poiché possiamo scegliere, adottiamo stili di vita, pratichiamo attività le più varie immaginabili. Talora si contrasta questo trend in nome di una vecchia idea del lavoro come attività principale della vita e caratterizzante la personalità di ciascuno. Se invece fosse incoraggiato si otterrebbero numerosi vantaggi per la società oltre che per gli individui. Il volontariato, reso più agevole e possibile grazie alle sole quattro giornate lavorative o un orario ridotto di lavoro, consente di dedicarsi ad attività inizialmente non retribuite, ma che possono trasformarsi in occupazioni stabili una volta avviate con successo e apprese le necessarie competenze.

Corrado Poli
Docente / Scrittore