Esemplare. Già. Sempre impeccabile, o quasi. L’arredamento sobrio del mio ufficio, essenziale ma non banale, il taglio dei capelli rigorosamente laccati, non tanto, il giusto diciamo così, il sorriso sempre acceso su un viso che definirei attraente, fanno di me il prototipo della segretaria per eccellenza, quella che tutti i direttori, o manager, o capi d’azienda, fate voi, vorrebbero avere di là dalla porta.
Sono puntuale, discreta, di buona cultura generale, riservata, molto precisa, inappuntabile nella dattilografia, rigorosa e sveglia. Dio del cielo, potrei addirittura sembrare la donna perfetta. Mai una parola fuori posto, sfoggio un ottimo inglese, fluido e compostissimo, e tengo ordinata l’agenda del mio capo come se fosse un incunabolo medievale di quelli conservati alla British Library, a un paio di fermate da qui della London Subway. Servo anche eccellenti caffè neri o thé britannici dal forte aroma speziato, sporcati appena con un velo di latte e poco zucchero, brown s’intende.
Lavoro in uno dei club più esclusivi del Regno, l’MI6, il servizio segreto di sua Maestà, temuto e rispettato da più di un secolo. Ci occupiamo di spionaggio all’estero e di più non dirò per non incorrere nelle ire di M, il nostro ineffabile capo. Non si scherza con il Servizio e vorrei godermi una meritata pensione in assoluta tranquillità, con i miei coltellini a serramanico da collezione che hanno raggiunto ormai il considerevole numero di 102 e il mio gatto certosino. Che gioia poterli rivedere la sera, loro tutti lustri nei lunghi cassetti scorrevoli del grande mobile in stile modernissimo che occupa un’intera parete del soggiorno, e il mio peloso amico del cuore disteso sul divano a fare la guardia. Anche le librerie in casa mia si sprecano; sono una lettrice incallita, specie di sabato e domenica. A dire la verità possiedo più di duemila volumi tra una cosa e l’altra, e mi picco di essere una discreta esperta di Simenon, anche se indulgo spesso a letture più impegnative, da Proust a Dostoevskij, senza trascurare più di qualche incursione nell’opera di Jung, psichiatra di grande talento. Forse non appassionante come Groddeck, o Erich Fromm, ma tremendamente evocativo.
Mi considero una donna della middle class senza grilli per la testa, sobria, romantica quel tanto che basta per non sprecare preziose opportunità che la vita a volte inaspettatamente ti offre. Mia madre mi diceva sempre che “un filo di trucco e un filo di tacco” non guastano mai. E così ho sempre fatto fino ad oggi che ho superato da poco i 45 anni, l’età perfetta per una ragazza da marito. Se non fosse che ho sposato il mio lavoro; ebbene sì, non vogliatemene, sembra una frase fatta ma nel tipo di professione che conduco va davvero in questo modo.
Nei numerosi film in cui mi vedete apparire, ogni volta un piccolo ma brillante cameo in cui duetto con l’indimenticabile Bond, mi fanno sembrare una specie di svampita fuori tempo massimo che sta per svenire ogni qualvolta 007 si materializza nella sua piccola segreteria in attesa di un colloquio con M. Le cose non stanno propriamente così. Da anni sono costretta, per salvare tutti da un cocente imbarazzo, in fin dei conti siamo pur sempre nella sede della Sezione 6, ad abbozzare con quel perfetto idiota di James, che il Signore lo protegga e ci protegga dalle sue spavalderie, il quale, con ben poca englishness mentre inquadrano le mie civetterie, del tutto benevole e con una punta di malizia per darmi un tono, allunga le mani dappertutto nei posti dove le telecamere non osano puntare per dare l’impressione che il ballo lo stia conducendo lui.
Per forza che sono l’unica che non ci è finita a letto: prima di infilarmi sottocoperta con un bell’imbusto del genere ci penserei non una ma cento volte. Ho sempre mal tollerato quelle moine da sciupafemmine e quel portamento da granduomo che non gli si addice affatto. Se, al pari mio, aveste dato uno sguardo alla sua scheda personale, che ogni sei mesi controllo io stessa aggiornandola, sapreste che definirlo un “bipolare” potrebbe essere ancora poco; il disturbo narcisistico di cui soffre da anni e che si accompagna ad altre, per quanto lievi, psicopatologie, l’ossessione per le donne, per dirne una, che lo costringe alla disperata compulsione di avere con loro rapporti sessuali a tutti i costi, lo sconquassa da molto tempo ed è vagamente compensato dalla propensione a mantenere altissimi i livelli dell’adrenalina. Per questo è perfetto per le missioni ad alto rischio.
Il doppio zero che caratterizza il suo codice identificativo, vale a dire la licenza di uccidere nel gergo dei Servizi, è stato assegnato proprio in ragione di questa sua predisposizione all’aggressività che, opportunamente governata, mette in condizione il soggetto di essere capace di raggiungere l’obiettivo assegnato a qualunque costo, eseguendo compiti difficili e seminando il panico tra gli avversari.
Ma ciò che resta di James, una volta rientrato in patria, è davvero poco, credetemi. La verità è che si tratta di un uomo schiacciato dalla depressione, che invecchia male e che è vittima della sua stessa celebrità. Così, entra qui lanciando cappelli verso l’attaccapanni con i movimenti caracollanti di un pinguino e tentando disperatamente di avere ragione di una donna, io nel caso di specie, che sa troppe cose su di lui e lo lascia dire come si farebbe con un bambino insolente e capriccioso. Santa pazienza. Con quel suo dopobarba alla cannella, è questa l’ultima trovata che si è imposto per cercare di essere inutilmente seduttivo, mi ricorda una delle squisitezze di Maitre Choux a South Kensington più che un maschio adulto degno di attenzione.
Nel seminterrato del palazzo, confinato tra gli scaffali di cui conosce ogni millimetro, ogni giorno, instancabile, prende servizio il mio compagno di vita, responsabile del nostro prestigioso, e intricatissimo, archivio. Teniamo nascosta con una certa pervicacia questa relazione che se diventasse di pubblico dominio ci riserverebbe soltanto guai. Abbiamo calcolato che il rapporto di lavoro che ci lega a questa rispettabile amministrazione governativa si concluderà per entrambi più o meno nello stesso periodo. Poi ce ne andremo insieme da qualche parte a svernare ogni anno che il Signore ci vorrà concedere ancora e non è detto che non si decida di convolare a giuste nozze per mettere il sigillo ad una storia d’amore che continua, indisturbata, da oltre tre lustri. Noi due sappiamo bene come mantenere un segreto.
Il povero James, se sarà ancora in vita per allora, potrà esercitarsi nelle sue ridicole frivolezze con chi mi sostituirà. Nel frattempo, I beg your pardon, devo assentarmi per un paio di minuti. Ho bisogno di rimettermi un’ombra di mascara sulle sopracciglia prima dell’arrivo del segretario del Primo ministro. Anche l’occhio, come si dice, vuole la sua parte.

Mario Coglitore