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RACCONTI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS. “La mia città sta tutta in una finestra”

La mia città sta tutta in una finestra. Si è trasformata in uno scorcio, anche l’orizzonte pare essersi accorciato. Lo vedo vicino, nitido, come una fotografia. Sarà la bramosia di vita.

Una pennellata di cielo, l’arancio e l’ulivo ingessati, protettori dell’intimità.

Vicina, mi pare quasi di toccarla. Una strada piccola, che si è fatta sentire sempre molto poco. Qualche auto, tante bici nei giorni benevoli. Pedoni anziani con il sacchettino della differenziata. Oggi muta. Sembra uno schizzo. Linda, ordinata, senza odori e senza rumori. Svuotata. Afona. Proibita.

La mia città sta tutta in una finestra. E l’assorbo con bramosia, quasi fosse l’ultimo respiro. Scovo la vita nascosta. Il tiglio è un condominio, amministrato da una gazza prepotente che sfratta le tortore troppo timide e insidia i piccioni. Solo il merlo ha un sussulto di dignità. Sfrontata potenza!

La mia finestra è linda. Esigo con petulante sistematicità che sia trasparente per non rubarmi neppure una particella di luce. Ho fame di aria e di suoni.

E’ il virus del silenzio e delle distanze. E’ il virus della paura di scoprirsi vulnerabili. E soli.

Un maledetto che si ruba il fiato e ti fa partire troppo presto. Non è del viaggio e dell’arrivo che ho paura. Ma di quel che si lascia. Affetti che ancora cercano affetto. Affetti non ancora sbocciati.

La mia città sta tutta in una finestra. E io la spalanco, come fossero braccia.

E dalla mia finestra si riesce a vedere il mondo.


Daniela Boresi

Direttore - Giornalista

  • Mario Coglitore
    17 Marzo 2020 at 21:35

    Molto bello, Daniela. Pieno di poesia. Oltre alla “Teoria del Lego”, c’è anche quella degli affetti. Hai ragione.

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