Quando visito le chiese, mi soffermo talora a guardare i pulpiti. Sono attratto dalla bellezza artistica di molti di essi e dal significato che esprimono. Da molti decenni sono poco utilizzati, ma un tempo da quei pulpiti autorità ecclesiastiche e convincenti predicatori proferivano appassionati discorsi, comunicavano notizie e impartivano solenni direttive. Fin da piccolo avevo notato come gran parte dei pulpiti sembrano inaccessibili e mi domandavo come ci si potesse salire e come apparivano le cose da lassù. Un “lassù” abbastanza elevato, ma non troppo. Il pulpito era parte a tutti gli effetti della navata, appena sopra ai banchi, allo stesso livello dell’altare. Qualche volta appena più su. Avevo l’impressione che qualcosa di magico promanasse dal pulpito: una forza sconosciuta e certamente divina collocava il predicatore sull’inaccessibile pulpito e gli consentiva di parlare dall’alto di quel luogo magico.
A prima vista – e talora anche dopo attenta ricerca – la via d’accesso al pulpito non la si vede. Talora v’è una scala per salire, ma essa quasi sempre sta dietro la colonna a cui il pulpito s’appoggia in modo che gli astanti non possano vederla mentre il predicatore parla. Più spesso l’accesso è pressoché invisibile: un minuscolo cunicolo con scala scavato all’interno di un grande pilastro. Il varco per entrare è porticina opportunamente mimetizzata tra le pietre della colonna o tra le decorazioni, in modo che a stento o punto la si possa notare. In alcuni casi, l’accesso manca del tutto e il predicatore sale al pulpito con una modesta scala a pioli o vi viene issato grazie a un baldacchino spostabile, anch’esso immediatamente rimosso o occultato. Il predicatore, o il prelato, è collocato sul pulpito in gran segreto, prima di concedere l’accesso dei fedeli alla chiesa. Così che, bardato con lussuosi liturgici paramenti, si palesa al momento opportuno, come per miracolosa apparizione. Non avrò avuto più di dieci anni quando conclusi – o forse me lo spiegò mio padre – con una mentalità laica già in me radicata, che il significato del pulpito sta proprio in questa simbolica inaccessibilità che induce a pensare che solo Dio può concedere a qualcuno di parlare a tutti dall’alto e questo avviene in modo misterioso. Lo stesso succede per chi un giorno si trova sul pulpito di un talk-show o sulla prima pagina di un quotidiano nazionale. Non si sa come ci sia salito, ma si sa che difficilmente scenderà perché la discesa dal pulpito è altrettanto misteriosa e forse persino più difficile della salita. A meno di non cadere rovinosamente di fronte a tutti.

Corrado Poli
Docente / Scrittore