Il Coronavirus ha sconvolto la vita del mondo, con pesanti conseguenze sull’economia e sulla politica. Mentre nelle sedi della Ue ci si accapiglia sull’utilizzo del migliore strumento comunitario per salvare l’economia del continente, in Italia ci si divide ulteriormente tra Mes, Coronabond, Recoverybond e anche sulla data delle elezioni amministrative e regionali.
Il consiglio dei ministri dovrebbe esaminare a breve il decreto legge sulle disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per il 2020, l’atto che consente alle Regioni di votare la prossima estate (come vuole il governatore del Veneto Luca Zaia che punta al terzo mandato consecutivo, grazie ad una recente legge regionale) senza attendere l’autunno quando, invece, dovrebbero svolgersi le consultazioni per il rinnovo dei consigli comunali. Se così sarà, niente election day, dunque (i fautori del voto contestuale insistono nel dire che se si facesse ci sarebbe un risparmio di 300 milioni di euro): uno scenario inedito soprattutto perché ci sarebbero distinte votazioni per le sette Regioni (Veneto, Campagna, Toscana, Liguria, Marche, Puglia, Valle d’Aosta) i cui elettori andrebbero alle urne in tempi diversi, come per le amministrative (compresa Venezia) alle quali il decreto riserverebbe altre date (autunno). Stessa cosa per il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Di fatto si prospetta una lunga campagna elettorale che inizierebbe da fine maggio per protrarsi fino a novembre.
Cosa potrebbe contenere l’atteso decreto del governo in tema elezioni? Secondo alcune indiscrezioni, sarebbe prevista una forbice entro la quale andare alle urne: dal 12 luglio al 26 ottobre. Poiché la legislatura regionale scade il 31 maggio, dovendo restare all’interno di questa finestra saranno le singole Regioni a fissare la data: quindi ognuno per sé, con possibili sette domeniche elettorali diverse fino al 26 ottobre.
Una soluzione che soddisfa Zaia (ha anche chiesto che le urne restino aperte anche lunedì) preoccupato che il voto in autunno possa coincidere con il ritorno della pandemia Coronavirus, e i colleghi Toti della Liguria, De Luca della Campania e Emiliano della Puglia. Di diverso avviso i due partiti di governo, Pd e Cinquestelle. In Veneto, Arturo Lorenzoni, vicesindaco di Padova, candidato governatore per il Pd, pur dichiarandosi pronto alla sfida è preoccupato per un ipotizzabile astensionismo derivato dal lungo distanziamento sociale vissuto dai cittadini e per il poco tempo disponibile per la campagna elettorale. Più dura la posizione dei Cinquestelle. Per Enrico Cappelletti, candidato presidente dei pentastellati, “l’unico motivo tecnico per cui Zaia vuole votare subito è per incassare il consenso acquisito durante l’emergenza coronavirus”. E pur essendo disponibile a votare il prima possibile “per dare un nuovo volto al Veneto dopo 25 anni di monocolore (centrodestra, ndr.), sono necessari i presupposti di sicurezza sanitaria, e questo non dipende da me o da Zaia, ma dagli scienziati”.
Professor Paolo Feltrin, per rinnovare il consiglio regionale è’ necessario votare in estate o è possibile posticipare all’autunno?
“Complicato e delicato dare una risposta certa”, risponde il politologo e docente di Analisi delle Politiche Pubbliche all’Università di Trieste.
Perché è una novità?
“Appunto, nella nostra Costituzione non è previsto uno stato di eccezione e di emergenza che imponga una certa data per andare al voto. Per la seconda volta nella storia della Repubblica si sta creando una sorta di giurisprudenza per come intervenire in presenza di un’emergenza come quella del Coronavirus”.
Qual è stata la prima volta?
“C’è stato un caso, rimasto lettera morta, quando Gheddafi lanciò due missili verso l’Italia ma poi caduti in mare. L’allora Capo dello Stato, Francesco Cossiga, mandò un messaggio alle Camere sollevando un quesito: nell’ipotesi in cui i due missili fossero andati a segno, l’Italia come doveva comportarsi? In quel momento non c’era il tempo per l’approvazione da parte del Parlamento della dichiarazione di guerra, perché urgeva una risposta immediata. Il Parlamento preferì lasciar cadere la questione senza rispondere al Quirinale, evitando di avventurarsi in un ginepraio giurisprudenziale”.
Pilato è un dilettante. E oggi, in presenza del Coronavirus ?
“I giuristi ne stanno discutendo, partendo dalla legge 225 del 1992 che ha istituito la Protezione Civile. Nel senso, che quando una organizzazione internazionale dichiara un’emergenza sanitaria scattano delle conseguenze. Morale: chi è che decide lo stato emergenza, chi decide che lo stato che è così grave da attuare misure drastiche come la limitazione della libertà di movimento…? ”.
Dovrebbe decidere la politica.
“Però nel nostro ordinamento ci sono pochissime norme a cui fare riferimento”.
E solamente questo il problema?
“Sì, che si complica se parliamo di organi elettivi. Partiamo dal principio che la potesta appartiene al popolo garantito da elezioni libere e in date certe. Nel senso che deve essere chiara e definita l’uscita dai cinque anni di una legislatura regionale. Lo definirei un “buco istituzionale”, tanto che da nessuna parte sta scritto come e quando procedere per una eventuale proroga”.
Se non è questo il ruolo del Parlamento…
“Non è detto. In casi del genere si introducono due concetti: ragionevolezza e minimo indispensabile (nel senso che non si può prorogare all’infinito). In queste ore il governo sta ragionando su un decreto legge e sulle parole da usare nel provvedimento, un’attenzione dovuta perché si tratta di un precedente”.
E’ possibile ipotizzare a tavolino una data?
“No, la prorogatio è una vera e propria novità”.
Va anche evitato l’affollamento delle urne: regionali, comunali, referendum
“Il referendum è già stato prorogato, nonostante la complessità dell’argomento costituzionale: taglio dei parlamentari, la conseguente riforma della legge elettorale… per ora siamo in mezzo al guado. La scelta poteva essere l’election day, oppure due votazioni separando temporalmente la terza, oppure tre date diverse. Nulla è vincolante, ci sono ampi margini di discrezionali. Un pasticcio”.
Professore, una risposta secca?
“Per ovvi motivi di legittimazione istituzionale, le elezioni si fanno il prima possibile e nella nprma all’esame del governo si dice anche che se l’epidemia dovesse riprendere vigore, si interverrà con un altro decreto”.
Come vuole Zaia.
“E come è stato fatto in Francia, nonostante il Coronavirus, per il concetto che le elezioni si fanno sempre e comunque in nome del principio della sovranità popolare. C’è un punto delicato”.
Quale?
“Normalmente si fa fatica ad andare a votare in luglio-agosto perché la filiera turistica non sarebbe molto soddisfatta visto l’attuale periodo”.
Qualcuno denuncia che in caso di proroga si corre il rischio di una politica bloccata, anestetizzata.
“Direi di no, la prorogatio riguarda assemblee ed esecutivi”.
Molti sindaci e altrettanti governatori premono per “il prima possibile” (luglio), anche il presidente del Veneto. Politicamente a chi converrebbe questa soluzione?
“A chi è al governo, l’unico caso un po’ dubbio (ma non esiste il problema perché non ci sono elezioni) interesserebbe il governatore della Lombardia, Fontana. Vede, è evidente che in momenti di emergenza e crisi tutta la politica diventa politica di governo e chi governa ne trae beneficio, come in periodi bellici. Ricordo il presidente Usa Bush nella crisi post Twin Towers: il secondo mandato lo ottenne a seguito dell’attentato”.
La cosiddetta rendita di posizione. Venendo al Veneto, vista la popolarità di cui gode, perché il governatore Zaia insiste per il voto subito? Potrebbe comunque giocarsi la sua “eredità” aggiungendo più frecce al suo arco durante la fase post-coronavirus.
“Non so cosa pensi Zaia, ma direi due cose: 1) si fa paladino della correttezza istituzionale e della legalità, tagliando la testa a qualsiasi argomentazione sulla volontà di restare attaccato alla poltrona… tanto, potrebbe pensare, vengo rieletto; 2) in ogni momento è pronto per fare il salto verso Roma…”.
Però continua a smentire.
“Fa bene, però tutti gli riconoscono il buon lavoro fatto da presidente del Veneto…”.
Quindi?
“Divertiamoci un po’…”.
Prego professore.
“Lui potrebbe pensare di avventurarsi per i Palazzi romani nel momento più lontano possibile dalle elezioni regionali già fatte…”.
A condizione che cada il governo.
“Ovvio. Se dopo pochi mesi dalle regionali, no; se dopo un anno, sì; se dopo due anni, ancora meglio”.
Se verso fine legislatura nazionale (2023) … tombola. Machiavellico
“La mia è una ipotesi di pensiero, che certamente non sta facendo il governatore veneto perché fare le regionali a luglio o a ottobre ai fini di risultato non cambia nulla. Per questo ritengo che in questo momento Zaia voglia interpretare fino in fondo una sorta di legalità costituzionale che alla bisogna gli possa valere anche in campo nazionale”.
Come interpretare il no al voto a luglio da parte del Pd veneto?
“Direi che per chi è all’opposizione la proroga delle regionali è inevitabile. A livello nazionale, Salvini vuole le elezioni? No”.
Però può anche passare come un aiuto a Zaia che si sta giocando bene la carta mediatica in presenza di Coronavirus.
“Forse cercano spazio per respirare”.
Purtroppo per il Pd, l’aria manca in Veneto.
“Quando respiri poco, anche un refolo è meglio. E avere un po’ di tempo in più non guasta elettoralmente, magari confidando in un inciampo di Zaia”.
Per il Pd non c’é storia?
“Ripetendo il principio per cui chi governa un’emergenza parte avvantaggiato, Baretta, sottosegretario e candidato sindaco di Venezia ha la sua visibilità. Il vero problema del Pd nasce dal fatto di non essere riuscito ad individuare una candidatura forte, candidando come presidente regionale il vicesindaco di Padova”.
Solita vecchia guardia: Baretta, Variati, Giaretta, Cacciari, Costa, Zanonato.
“E dopo niente: non sono riusciti a scollinare, a costruire una nuova classe dirigente”.
Da politologo, Zaia vincerà a mani basse?
“E’ certo. Ma ciò che ritengo più rilevante, sono l’autorevolezza e la popolarità nazionale di cui può godere il presidente regionale”.
Che dovrà mantenere nei prossimi anni, partecipando a risolvere l’emergenza Covid 19, organizzare le Olimpiadi 2026 di Cortina che non potrà inaugurare perché nel 2025 scadrà il mandato di governatore non potendo ricandidarsi per la quarta volta, aprire la Pedemontana…
“Altri cinque anni da governatore del Veneto non glieli toglie nessuno, durante il prossimo mandato potrà cogliere qualunque opportunità che si presenterà sul suo cammino… è in una botte di ferro”.
COMUNALI – Ecco i comuni del Veneto dove si rinnoveranno i consigli regionali:
Provincia di Venezia: Venezia, Cavallino-Treporti, Dolo, Eraclea, Portogruaro, Torre di Mosto.
Provincia di Padova: Bovolenta, Capodarsego, Casale di Scodosia, Castelbaldo, Due Carrare, Pernumia, Sant’Angelo di Piove di Sacco.
Provincia di Treviso: Arcade, Castelfranco Veneto, Chiarano, Spresiano, Vidor.
Provincia di Verona: Albaredo D’Adige, Palù, Rivoli Veronese, Trevenzuolo, Vigasio.
Provincia di Vicenza: Cogollo del Cengio, Lonigo, Malo, Posina, Recoaro Terme.
Provincia di Belluno: Borca di Cadore, Colle Santa Lucia, Gosaldo, Lozzo di Cadore, San Vito di Cadore, Valle di Cadore, Vodo di Cadore, Voltago Agordino, Zoppè di Cadore.
Provincia di Rovigo: Villadose.

Giorgio Gasco
Giornalista