Voto regionale a metà luglio? No. I dubbi (tanti) del governo sulla possibilità di rinnovare a stretto giro di urne i consigli regionali di Veneto, Liguria, Campania, Puglia, Toscana, Marche e Valle d’Aosta, hanno prevalso sul pressing di quattro governatori Zaia, Emiliano, De Luca e Toti. Per loro una doccia gelata, uno stop che rinfocola il braccio di ferro tra centro e periferia, messo in standby dall’epidemia da Coronavirus. Ma i quattro paladini del voto subito non demordono e firmano insieme un documento dove confermano la loro posizione in attesa di valutare il testo scritto del decreto anche se poi dovranno giocoforza adeguarsi. Il governatore veneto, in particolare, aveva in mente di votare il 12 luglio: una mossa che avrebbe comportato un’accelerazione brusca, con il consiglio regionale sciolto entro metà maggio, senza neppure la certezza della fine del lookdown e dell’inizio della fase due.
Durante il consiglio dei ministri, diversi esponenti del governo hanno bocciato il decreto arrivato sul tavolo dalla riunione, che prevedeva lo scenario di un voto a macchia di leopardo. L’idea da cui si è partiti era quella di fissare al 2 agosto la proroga dei consigli regionali in scadenza, lasciando ai governatori la possibilità di decidere se indire il voto a luglio o in autunno, tra settembre e ottobre. La finestra doveva essere quella delle otto settimane antecedenti il 2 agosto e dei sessanta giorni successivi. Una strada che ha segnato la netta opposizione, tra gli altri, di Roberto Speranza ministro della Salute: non ci siamo, davvero pensate una campagna elettorale a luglio? Teniamo chiuse le scuole e facciamo campagna elettorale? sarebbe stato il senso del suo intervento. Altre voci ministeriali: il voto in estate richiederebbe una marcia una marcia forzata, tra maggio e giugno sarebbe necessario chiudere candidature e le liste, in piena emergenza e durante il difficile tentativo di ripartenza; come si possono garantire i comizi in sicurezza, con il virus ancora circolante in alcune aree del territorio nazionale. A nulla sono valse le valutazioni di chi voleva accelerare sottolineando il rischio di un nuovo picco dell’epidemia in autunno, con il pesante rischio di mettere a repentaglio un passaggio democratico ineludibile come quello elettorale.
A quel punto, il governo ha cestinato la proposta originale e, presa carta e penna, ha messo nero su bianco un meccanismo diverso: proroga al 31 agosto, possibili elezioni nelle quattro settimane precedenti e nei sessanta giorni successivi. Nello specifico: 9 agosto – 1 novembre. Dunque, niente voto sotto gli ombrelloni. Il microfono passa al grillino veneto Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento, che ipotizza un election day per votare nella stessa giornata Regionali, Comunali e referendum sul taglio dei parlamentari “tra settembre e ottobre per risparmiare in termini di tempo e risorse”.
Il governatore Zaia ha appreso la decisione del governo durante l’appuntamento fisso con la stampa quotidiana per commentare i dati dell’epidemia in Veneto. “Per ora non dico nulla” ha risposto il leghista, “prima voglio leggere il decreto”. Poi, però, si è sentito telefonicamente con Toti, Emiliano e De Luca concordando un documento comune: “Sulla finestra di luglio c’era stato un esito positivo dopo un consulto con molte delle Regioni che andranno al voto. Spiace che il governo abbia approvato un diverso decreto senza ulteriore confronto”. Comunque, “è nostro comune intendimento indire le elezioni alla prima data utile consentita dal decreto”. Scelta inevitabile, che di fatto mette la sordina al pressing del dem campano Vincenzo De Luca, che avrebbe preferito il voto in luglio mosso forse anche da ragioni politiche simili a quelle del ligure Giovanni Toti. Proprio Toti voleva sfruttare i tempi strettissimi per evitare la spaccatura che andava profilandosi nel centrodestra. E lo stesso vale per De Luca, che per lunghi mesi ha dovuto contrastare l’ostilità della segreteria nazionale del Pd, orientata su un patto con i cinquestelle per la candidatura unitaria giallorossa del ministro 5S Sergio Costa. Per Zaia, invece, era soprattutto un problema interno all’area di centrodestra: l’intenzione era quella di chiudere in fretta la partita veneta con elezioni il 12 luglio, per dedicarsi poi alla sfida nazionale sulla leadership.
“Adesso possiamo salvare la stagione turistica” è il commento soddisfatto di Alessandro Bisato, segretario veneto del Pd. Per lui, “alla fine ha prevalso il buonsenso e il governo ha raccolto l’appello di quanti, tra cui il nostro partito regionale, segnalavano pesantissime criticità di un eventuale turno elettorale in pieno luglio. Siamo ancora nella Fase 1, la campagna elettorale è l’ultimo dei nostri problemi. Ora dobbiamo concentrarci nel combattere il virus». A questo punto, il dem auspica “che si indichi una data unica in tutta Italia, per le comunali e per i consigli regionali”. Quanto alla Fase 2 per Bisato “il primo problema che si dovrà affrontare è quello della ripresa economica e del sostegno alle imprese. In particolare del turismo. Sgombrato il campo dalle elezioni, ora è possibile pensare a come far ripartire questo fondamentale comparto veneto, pur con tutte le cautele, e a salvare la parte principale della stagione, cioè i mesi estivi di luglio e agosto. Tutte le nostre energie devono andare in questa direzione, aiutando la Regione Veneto a mettere in campo un piano straordinario di aiuti economici per alberghi, campeggi, affittacamere, b&b, ristoranti, bar, musei, concessionari dei litorali e ogni micro e piccola azienda che opera nel turismo”.
In sintonia con il suo segretario Stefano Fracasso, capogruppo del Pd in consiglio regionale: “Votare a settembre è una scelta di garanzia sia per la salute che per la democrazia. Avevamo subito evidenziato la pericolosità di ‘fughe in avanti’ con la chiamata alle urne per luglio desiderata da Zaia, pericolosità ribadita anche dalla comunità scientifica: dobbiamo evitare una nuova impennata di contagi. Adesso speriamo si trovi l’accordo per un election day”. Ora le energie, a suo dire, devono essere indirizzate alla salute dei cittadini e al lavoro: “ Presidente Zaia, Giunta e Consiglio regionali rimangono nel pieno delle proprie competenze e poteri, per affrontare le risposte alle difficoltà economiche e sociali. Poi ci saranno le elezioni, mi auguro in un unico giorno. Sarebbe incomprensibile, dopo questo rinvio, chiamare i cittadini tre volte ai seggi in poco tempo per Regionali, Comunali e referendum sul taglio dei parlamentari. Dobbiamo evitare uno spreco di denaro e di moltiplicare le occasioni di assembramento£.

Giorgio Gasco
Giornalista