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Il racconto. L’amore (e la ricerca) al tempo del coronavirus

… poiché, tuttavia, non si era arrivati a nulla di concreto e il fenomeno si aggravava, furono chiamati tutti gli esperti possibili per studiare l’inusuale fenomeno. Proliferarono nuove teorie e interpretazioni. Tutti – o quasi – furono propensi ad accusare il degrado ambientale, lo smog, gli escrementi dei piccioni e quant’altro. Un esperto ipotizzò che il fenomeno fosse la conseguenza del riscaldamento globale e la cosa aveva un senso avendola affermata anche il fruttivendolo all’angolo.

Nessuna interpretazione era accettata universalmente, come pretendeva chiunque ne desse una. Se non nei dettagli, almeno il metodo usato per comprendere doveva essere quello giusto. E di giusto ce ne poteva essere solo uno. I ricercatori più interessati chiesero finanziamenti pubblici per studiare il fenomeno. Essendo tutti interessati alle risorse che avrebbero potuto ottenere, per accontentarli, si costituì un vasto e composito Comitato Scientifico Interdisciplinare (CSI). Oltre ai medici, ai fisici, ai biologi, ai chimici, agli ingegneri, agli architetti, ai biologi, vennero inclusi anche sociologi, psicologi, politologi, linguisti ed esperti di comunicazione. Insomma, qualsiasi dipartimento universitario che riusciva a intromettersi, venne incaricato di studiare il fenomeno dal suo punto di vista. Dale Jefferson, del Carleton College di Northfield in Minnesota osò obiettare: “I Dipartimenti sono illegittimi nelle università. Infatti, l’università per definizione non si può scomporre e se l’università si scomponesse in dipartimenti, si negherebbe l’universalità del sapere. Affermare che l’università è fatta di dipartimenti è un ossimoro”! Dale venne licenziato. In pratica, ognuno continuò a farsi gli affari suoi nel modo che riteneva più opportuno. Applicava i soli metodi che conosceva e che considerava gli unici veramente efficaci. Li considerava gli unici veramente efficaci soprattutto a giustificare la propria esistenza e a mantenere così in equilibrio la personalità e il sistema nervoso. E il bilancio famigliare. Agli intellettuali bisogna dare soddisfazioni materiali altrimenti vogliono mettere in pratica quello che pensano e allora cercano gloria nella politica. Il pericolo è che hanno inevitabili tendenze rivoluzionarie poiché esse sono intrinseche all’atteggiamento intellettuale.

Gli esperti accademici che entrarono a far parte del CSI furono invitati ai convegni e in televisione. Si divertirono un sacco. Fecero riunioni, viaggiarono. Conobbero persone diverse, estranee al loro usuale ambiente, tra cui avvenenti soubrette il cui parere aveva la stessa autorevolezza del loro. Socializzarono e nacque più di una storia sentimentale perché era stata rispettata la parità di genere, forse proprio per suscitare maggiori stimoli nei membri del CSI, all’inizio prevalentemente maschi. Altre relazioni andarono in frantumi. Gli economisti sostennero che, poiché nessuno rompe una relazione se alla fine non ne trae un vantaggio, la somma finale comportò un incremento complessivo della felicità nella comunità degli esperti, anche se la nota legge economica della non confrontabilità dell’utilità induceva gli abbandonati a pensare che, singolarmente, il proprio dolore fosse superiore alla felicità conseguita da altri. E non si poteva dimostrare loro il contrario, applicando il noto teorema di Pareto. L’aspetto più interdisciplinare di queste ricerche furono proprio le relazioni sentimentali nuove, sebbene anche sotto questo punto di vista, gli statistici confermarono una correlazione positiva tra le storie amorose nate all’interno della stessa disciplina. Tutti nel complesso passarono allegre serate insieme, dopo i noiosi incontri di studio in cui la preoccupazione maggiore di ciascuno era fingere di seguire le soporifere relazioni di altre discipline che ritenevano inutili e – per quanto logicamente impossibile pensare a qual cosa minore del nulla – ancor meno capivano. O capivano sbagliato. Allora, piuttosto che fare confusione, meglio non capire affatto. Come aveva sostenuto molto tempo fa anche Francis Bacon, il quale se fosse stato italiano si sarebbe chiamato Ciccio Pancetta. Francis si faceva gran vanto di questa sua idea poiché ai suoi tempi si pensava diversamente e soprattutto non esistevano le discipline scientifiche. Un sapere interdisciplinare era normale e troppo scontato per lui che voleva essere un vero intellettuale radicale.

Nonostante la novità di quanto succedeva e una certa apprensione collettiva, non si diffuse alcun vero e proprio panico tra la popolazione, almeno nei primi mesi in cui il fenomeno si era rivelato. La gran parte della gente si comportava come quel tale che, mentre la casa va a fuoco, non smette di imbiancare le pareti, arrovellandosi, dubbioso, se l’azzurro non sarebbe stato meglio del beige. In fondo tutti erano convinti che si sarebbe trovata una soluzione. I soldi per la ricerca erano stati opportunamente stanziati e questo offriva una sensazione di sicurezza poiché per secoli in questo modo erano stati risolti buona parte dei problemi sociali e materiali. E si sperava ancora che in questo modo si sarebbero potuti risolvere anche quelli rimasti in sospeso.

(Breve estratto e riadattamento del racconto di C. Poli, “La cattedrale dissolta” Cleup, Padova 2014)


Corrado Poli

Docente / Scrittore

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