“E’ stata una legislatura dei record” sillaba Roberto Ciambetti, leggendo la copertina del fascicolo di oltre trenta pagine che contiene, con descrizioni e tabelle, quanto è stato fatto dal 2015 al 2020 dal consiglio regionale del Veneto. Una summa di soddisfazioni con qualche rammarico, ammette il presidente dell’assemblea, per provvedimenti che erano nella scaletta del parlamentino regionale, da dieci anni a trazione leghista, ma che non sono stati convertiti in legge. Però, scorrendo il resoconto quinquennale, “siamo più che soddisfatti”. Presidente, come potrebbe essere altrimenti, l’oste non dirà mai che il suo vino è cattivo. Ciambetti non risponde direttamente, ma preferisce sciorinare per capitoli quando prodotto in aula. Una narrazione che non può prescindere da quella che il “suo” governatore ha definito “la madre di tutte le battaglie”, l’autonomia.
Ma c’è un dato politico che sale dall’aula durante la presentazione del bilancio legislativo, l’ultimo prima delle elezioni regionali previste per settembre. Schierati sul banco riservato alla giunta, siedono i presidenti delle sei commissioni consiliari, i capigruppo dei partiti e l’ufficio di presidenza guidato da Ciambetti. Ebbene, tutti affermano che il lavoro è stato proficuo, rapido, qualificato anche se le posizioni non sono certamente state sempre concordanti. Tutt’altro. “Abbiamo comunque fatto sentire la nostra voce e indirizzato l’attività legislativa” dichiarano soddisfatti Piero Ruzzante del gruppo misto (“chiudo qui la mia vita politica attiva”) uscito dal Pd e ora sostenitore di Lorenzoni, candidato a governatore per il centrosinistra, e Bruno Pigozzo del Pd vicepresidente del consiglio. Simone Scarabel capogruppo di Cinquestelle: “Per la prima volta siamo entrati in consiglio regionale nel 2015, abbiamo fatto un apprendistato intenso dome se fossimo stati cittadini qualunque che vogliono dare un contributo per migliorare le cose”. Il Movimento ha vissuto momenti travagliati (come la scomparsa di Casaleggio) ma comunque il gruppo ha tenuto battendosi “soprattutto per il taglio dei costi della politica e per una rigorosa politica di bilancio, sulla affermazione della democrazia diretta”. Poi è stata la volta dell’affondo di Nicola Finco, capogruppo padano: “Cinque anni fa abbiamo portato in Regione 26 eletti compresi gli assessori esterni. Una vera pattuglia di persone precise, attente e oneste”. Quindi, Finco? “Abbiamo sempre trovato la quadra senza lungaggini…”. Si arriva al dunque; “Diciamo che siamo stati protagonisti di un vero e proprio laboratorio politico… di fatto un monocolore leghista e i risultati si vedono”. Mail governatore Luca Zaianon ha sempre detto che da soli si fa prima ma insieme si fa meglio? Vabbè. Aggiunge il capogruppo leghista: “Siamo una squadra coesa” quindi l’auspicio-speranza che sia così anche per i prossimi cinque anni. Una profezia che rischia di concretizzarsi visti i sondaggi che danno Zaia con il vento in poppa verso la conferma (sarebbe la terza) a governatore del Veneto nonostante qualche invidia da parte del capo supremo Matteo Salvini che non vede di buon occhio la popolarità del “suo” Luca. Monocolore, una vetusta formula politica scomparsa con la caduta della seconda Repubblica e ora rispolverato dagli annali politici. Cha sia questa la strategia del duo Salvini-Zaia per l’immediato futuro del Veneto? Cioè “minacciare” gli alleati Fratelli d’Italia e Forza Italia: o fate quello che diciamo noi (come la sottoscrizione di un impegno per l’autonomia) oppure, statene certi, faremo l’en plein e saranno fatti vostri. Ma questa è un’altra storia.
Restando all’oggi, tutti i numeri sono in crescita rispetto alle legislature precedenti: 258 sedute del consiglio, 242 leggi approvate (sono state 193 nei cinque anni precedenti), 264 progetti di legge presentati, 541 pareri forniti alla Giunta, 8077 votazioni. E poi lo scoglio della pandemia, quella ha causato la proroga di 4 mesi della legislatura diventata la più lunga dei 50 anni di storia del consiglio regionale del Veneto. E che dire del referendum del 22 ottobre 2017 sull’autonomia, quando 2 milioni 400mila elettori veneti (il 57,2% degli aventi diritto) hanno appoggiato l’iniziativa di Zaia dando una sveglia a Roma che finora, però, non ha ancora dato una risposta certa e definitiva. E ancora, la più lunga seduta mai registrata: cinque mesi trascorsi (37 sedute e 130 ore di discussioni in aula) per modificare la proposta di legge che ha riformare l’organizzazione della sanita regionale. Quindi un primato ricordato da Ciambetti: “Abbiamo messo a segno un altro record: una seduta consiliare ad una quota mai registrata in Europa, quella del 26 settembre 2018 a 2950 metri al Museo della Grande Guerra sulla Marmolada per ricordare ai confinanti trentini che la vetta della Regina delle Dolomiti è in terra veneta. Ancora la grande riforma sanitaria con la riduzione da 21 a 9 delle aziende socio-sanitarie con minori spese di gestione amministrativa e fondi reinvestiti e con la diminuzione al 17,6% della spesa per prestazioni da privato, valore inferiore del 3% rispetto alla media nazionale. Approvate anche la revisione del settore urbanistico al fine di tagliare l’utilizzo del suolo, la legge sulle cave e, fiore all’occhiello, l’attesa riforma del piano trasporti datato 1990 che necessitava di un profondo ripensamento e che nella nova formulazione prevede investimenti per 20 miliardi di euro entro il 2030. Infine “l’allestimento” di due vetrine dove esporre il Veneto al mondo: il sostegno dell’intero consiglio regionale alla candidatura Unesco delle Colline del prosecco di Conegliano e Valdobbiadene; il sostegno alla candidatura olimpica di Milano-Cortina.
Ora tutti a casa, a preparare la campagna elettorale. E vinca il migliore.

Giorgio Gasco
Giornalista