La scuola è uno dei terreni più adatti per lanciare le più vuote delle polemiche. Adesso si parla dei banchi monoposto come se fosse una tragedia nazionale che cambia la tradizione consolidata del “compagno di banco”. Un vero trauma psicologico per molti adolescenti che saranno privati di un diritto civile fondamentale. Mettiamo da parte l’ironia che attutisce la rabbia suscitata dall’infimo livello di dibattito sulla scuola. Tutto il sistema della prossemica scolastica andrebbe modificato e il Covid sarebbe un’opportunità, compresa la questione dei banchi. Oggi, sullo stesso modello di banco si costringono a sedere ragazzini di undici anni e giovanottoni di diciannove; ragazzine alte un metro e quaranta e maschioni da uno e novanta. Di quanti mal di schiena saranno responsabili questi scomodissimi seggiolini tra qualche anno? Non si è mai pensato alla comodità e alla salute scheletrica e muscolare di adolescenti costretti a sedere scomodissimi per sei ore al giorno? E le conseguenze sull’apprendimento? Tenere un adolescente, soprattutto maschio, seduto in quelle sedie prive di qualsiasi considerazione ergonomica, è una vera tortura, una crudeltà mentale. Ben vengano allora sedili (o banchi, come si chiamano ancora all’antica) che per lo meno un poco tengono conto della postura. Sarebbe da pensare a farli di più misure a seconda dell’altezza dello studente. Invece, tutto il dibattito sulla salute a scuola si è concentrato sulla distanza sociale che pure è importante e andrebbe affrontata con altri strumenti che non delle semplici sedie.
Le scuole di oggi, soprattutto le medie superiori, sono concentrazioni di persone – spesso anche tremila – in spazi ridotti e spesso senza circolazione d’aria: sostanzialmente fatte apposta per la diffusione dei virus. Gli accorpamenti sono la conseguenza di una politica scellerata e stupida a cui nessuno si è opposto essendo gli insegnanti e i loro sindacati concentrati sui problemi corporativi di nicchia. Queste concentrazioni in edifici progettati in massima parte senza alcun criterio determinano problemi gravi: educativi, di disciplina, ma anche di traffico e di igiene pubblica. Inutile dire di tornare a scuola perché altrimenti i giovani non imparano (ma il vero problema è che non si sa dove lasciarli poiché i genitori lavorano). Sarebbe invece opportuno pensare a stabilire norme di comportamento e a riorganizzare gli spazi nel loro complesso.
Sette anni fa, in un saggio, avevo proposto che in ogni complesso scolastico fosse sempre presente un medico di medicina generale con due mansioni: prima di tutto garantire il pronto intervento in casi di emergenze che possono sempre capitare quando ci sono aggregazioni di molte persone. Perché non lo si è mai nemmeno pensato in questi mesi? In secondo luogo, il medico svolgerebbe il compito di un normale medico di famiglia a disposizione di allievi e docenti, nonché di consulente per questioni mediche e igieniche individuali e collettive. In questa fase di contagio, sarebbe fondamentale poiché sarebbe in grado di verificare e insegnare i comportamenti idonei a diminuire i rischi.
Ma tutta la polemica, anziché su cose concrete, verte sul banco e sul fatto che le aziende italiane non sono pronte a produrli. Come se il vero problema non fossero la salute e l’istruzione, ma “fare” i banchi e farli come sono sempre stati fatti invece di pensarne di nuovi.

Corrado Poli
Docente / Scrittore