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Le misure della Serenissima per convivere con le pandemie L’invenzione della tracciabilità

 

Dopo la  pestilenza  che colpì l’Occidente fra il 1348 e il 1351, il manifestarsi di successive e reiterate pandemie giunte a Venezia dai paesi con i quali era in contatto, fece comprendere che con il contagio era necessario convivere e che, per prevenire l’emergenza epidemica con le sue devastanti conseguenze demografiche ed economiche, si doveva mettere a punto un’articolata strategia sanitaria. La Repubblica, che aveva basato il suo sviluppo sugli scambi commerciali mediterranei ed europei, aveva sviluppato l’attitudine all’osservazione dei mercati, delle variazioni dei pesi e delle misure, dell’oscillazione dei prezzi e dei cambi, perciò non tardò a impiegare lo stesso criterio di rilevazione e verifica anche nei confronti dei nuovi focolai di peste e della diffusione del contagio,  acquisendo la consapevolezza che  la propagazione del morbo, per prossimità e per contatto, era favorita dagli scambi mercantili e dagli spostamenti di truppe, pellegrini e viaggiatori,  sospenderli avrebbe significato bloccare lo sviluppo economico e dunque non restava che premunirsi, chiudendo temporaneamente le frontiere nei confronti dei paesi infetti fintanto che non fosse passato il pericolo.

L’introduzione della “contumacia” per prevenire le emergenze epidemiche

 

Nel 1374 a Reggio Emilia Bernabò Visconti ordinò che le persone provenienti da luoghi sospetti trascorressero 10 giorni fuori dalle mura cittadine.  Nel 1377 la Repubblica marinara di Ragusa dispose il soggiorno obbligato di 30 giorni nell’isola di Mrkan o a Kavtat per quanti giungevano da luoghi infetti per mare e per terra. L’11 maggio 1400 Venezia respinse le navi con quanti avevano lasciato la contagiata Ragusa. Dinanzi alle loro proteste il Senato fu irremovibile. Ricordò, infatti, che qualche anno prima proprio Ragusa, per preservarsi sana, aveva interdetto l’accesso ai veneziani che fuggivano dalla peste scoppiata in laguna.

L’invenzione, nel 1423, di un ospedale di stato ad alto isolamento da parte del Senato veneziano fu assolutamente innovativa; nella stessa deliberazione che lo istituì si stabilì anche l’obbligo di denunciare i malati di peste in arrivo sulle navi e in città per garantire l’immediato isolamento che poteva garantire  il contenimento della pandemia.  Per la nuova struttura contenitiva fu scelta  l’isola di Santa Maria di Nazareth, il cui nome, volgarizzato prima in “Nazaretum” e poi in “Lazzaretto”, fornì all’Europa il modello di analoghe strutture che più tardi sorsero a imitazione di quella veneziana. Questo fu solo il primo passo. Un secondo Lazzaretto, detto “Novo”in un’altra isola, fu fondato nel 1468 per la contumacia e costituì un investimento nella prevenzione, doveva garantire, infatti, il distanziamento temporaneo dei guariti e dei “sospetti” prima di riammetterli nella comunità dei sani.  La gestione di entrambe  le strutture fu affidata al Magistrato al Sal, antica istituzione che gestiva la produzione del sale, imponendo prezzi e dazi e perseguendo gli abusi.

Gli enormi introiti di questa Magistratura erano impiegati per la creazione e la manutenzione delle opere pubbliche fra cui rientrarono i lazzaretti che, però, per essere ben governati, richiesero non solo la conservazione fisica degli edifici, ma anche competenze specifiche per la loro gestione sanitaria. Le conseguenze delle carenze tecniche e amministrative si fecero immediatamente sentire. Il personale laico, in un mondo che fino ad allora aveva visto l’ospitalità ospedaliera di esclusiva competenza della carità cristiana, si dimostrò privo di professionalità e talvolta spietato.  Vi furono casi eclatanti di priori e prioresse (direttori dei lazzaretti) che malversarono e derubarono i ricoverati, lucrarono sulle rette alimentandoli con cibi guasti nella convinzione che il loro destino sarebbe stato comunque quello di morire. I salariati assunti in questo nuovo modello di ospedale vennero, pertanto, affiancati da religiosi, affichè con la loro professione di fede garantissero una certa etica assistenziale.  Nel contempo maturò l’esigenza di una Magistratura stabile con un apposito ufficio che affinasse le competenze tecniche per gestire i  tempi e i modi dell’isolamento al fine  di prevenire le epidemie.

 

Dalla difesa della salute all’organizzazione della Sanità  

 

Il coordinamento politico in tempo di epidemia, fin dalla prima pandemia di peste bubbonica (1348), fu affidato in maniera saltuaria a commissioni transitorie che provvidero alla rapida rimozione dei cadaveri, alla chiusura delle case appestate e di interi quartieri per difendere i sani con misure volte a gestire l’emergenza. Va fatta una precisazione: il termine “quarantena” è moderno ed è stato erroneamente attribuito allo Stato Veneziano che invece impose “contumacie” di durata variabile: di 40 giorni per i luoghi con peste conclamata,  di sette giorni e multipli di sette per persone, animali, cose e luoghi che avevano avuto contatto con persone e paesi “sospetti”. Non pare essere una coincidenza che i tempi di incubazione della peste siano inferiori alla settimana e quelli del decorso vadano da due a cinque giorni con esito mortale nel 70 per cento dei casi di peste bubbonica conclamata e nel 95 per cento delle forme  setticemica e polmonare.

La frequenza allarmante delle pestilenze, fra il 1460 e il 1485, anno in cui morì lo stesso doge Giovanni Mocenigo, fa ipotizzare agli storici la sopravvivenza di focolai mai completamente spenti e fece avvertire alla classe politica veneziana la necessità di istituire una magistratura stabile perché la peste “ulterius non procedat et defectu provisionum non reddatur continua”.  Il rischio che l’epidemia potesse trasfomarsi in un morbo endemico per la mancanza di adeguate misure (“defectu provisionum”), indusse il Senato a convocare una riunione ad hoc il 7 gennaio 1485 (more veneto= con inizio dell’anno il 1°marzo) sollecitando tutti senatori ad intervenire, data la gravità e importanza della questione. Nell’occasione si deliberò di istituire un Magistrato alla Sanità composto da tre Provveditori con incarico non retribuito da rinnovarsi ogni anno. Che non vi fosse grande entusiasmo nel ricoprire tale carica, lo dimostra la sanzione di 2000 ducati e altre più onerose per coloro che rifiutassero tale mandato. Per alleggerire l’onere di questo incarico gratuito, si concesse ai tre Provveditori di ricoprire  incarichi anche in altri uffici.  L’anno seguente, allo scadere della carica, i tre patrizi Domenico Morosini, Nicolò Muazzo e Antonio Grimani non vennero sostituiti e dovettero passare altri tre anni perché, nel 1489, fossero nominati Ambrogio Contarini, Marco Foscolo e Luca Pisani. Da allora l’iter politico per la definizione dei ruoli e delle competenze del Magistrato alla Sanità fu complesso e richiese investimenti per la creazione di un ufficio con un braccio operativo armato e una burocrazia dedita, non solo alla registrazione delle persone e cose che entravano ed uscivano dai lazzaretti, ma anche al monitoraggio della situazione internazionale e all’imposizione della  tracciabilità di tutti gli arrivi nei domini veneziani. Le resistenze dei patrizi non furono  poche per il timore che  il nuovo magistrato potesse ostacolare gli interessi mercantili, perché  le misure per difendere la sanità pubblica comportavano alti costi per la contumacia di merci e passeggeri e rallentavano gli scambi commerciali.

L’Ufficio di Sanità si organizzò, dunque, per gestire operativamente i due lazzaretti,  per assicurare una strategia articolata e coerente in grado di spegnere i focolai di peste nella città e nello Stato, e soprattutto per tenerla fuori dai territori della Repubblica. Si passò così dalla difesa della salute nelle emergenze alla organizzazione della  sanità cioè di una strategia politica costante che cercasse di prevenire il morbo. Il motto del Magistrato fu “salus populi suprema lex esto” e la sua azione si concretizzò sia sul fronte esterno che su quello interno.

 

La tracciabilità degli spostamenti e l’isolamento dei sospetti

 

Sul fronte esterno il Magistrato alla Sanità della Repubblica di Venezia rilevò, attraverso la sua rete diplomatica e un’apposita intelligence di informatori e di spie, i focolai e l’andamento del contagio. L’obiettivo fu quello di “sospendere la libera pratica”, cioè di interrompere preventivamente gli scambi commerciali e ogni occasione di contatto con i luoghi sospetti. Dalla valutazione di costi e benefici appariva evidente che conveniva spendere in prevenzione piuttosto che sostenere il costo demografico ed economico di una pestilenza conclamata.  Il Magistrato alla Sanità utilizzò la   stampa per diramare migliaia di proclami, usciti dai torchi della tipografia ducale con il marchio di San Marco, affinché anche i nemici fossero informati dei luoghi infetti da evitare e della durata della contumacia da adottare. L’Impero Ottomano, seguendo i dettami della religione islamica, fatalista e passiva nei confronti della malattia, non adottava alcuna misura per contenere o contrastare il contagio, per questo motivo la Serenissima lo considerò sempre “sospetto” e ritenne  che  al suo interno la peste non si potesse mai considerare estinta. Perciò qualsiasi persona, merce o animale proveniente dai domini ottomani o dai paesi con essi confinanti,  doveva sottoporsi a espurgo e contumacia nei lazzaretti che il Magistrato alla Sanità fece sorgere lungo i suoi confini per mare e per terra.

La persistenza delle pandemie fuori dalla Repubblica indusse il Magistrato a creare  cordoni sanitari  con posti di blocco (“restelli”), e  presidi armati (“caselli”o casematte ), imponendo ad ogni sorta di viaggiatore, convoglio o pellegrino la tracciabilità dei suoi spostamenti con la certificazione della salute  (“fede di sanità”) del  luogo di partenza  e di quelli toccati in itinere. Analoga documentazione fu richiesta ai capitani delle navi che dovevano esibire le “patenti”, documenti di viaggio attestanti la salute dei porti di provenienza e degli scali fatti nonché le “fedi” dei singoli passeggeri e delle merci.

 

Immagini: Fedi di sanità che certificavano  la salute dei luoghi di provenienza dei viaggiatori, Archivio Privato, vietata la riproduzione.

 

(Prima parte)

 


Nelli Vanzan Marchini

Storica - Docente

  • Mario
    22 Agosto 2020 at 11:03

    Sorprendentemente interessante specie in questo periodo che stiamo attraversando. Senza dubbio la Dottoressa Vanzan in maniera chiara ci rende edotti di quanto succedeva a Venezia nel periodo della peste e con quale organizzazione la Repubblica di Venezia ha affrontato l’epidemia. Grazie grazie Nelly

    • Sonia
      24 Agosto 2020 at 01:43

      Grazie Dott.ssa Vanzan, non si è mai finito d’imparare e di riflettere…forse non siamo pronti per la globalità, ancora acerbi su tutti i fronti, si potrebbero trovare soluzioni ma interessi burocrazia e ignoranza saranno predominanti, ahimè. Esorto tutti a fare del loro meglio per il lavoro di tutti e per la salute di tutti perché alfine “tutti” siamo noi. Grazie ancora, La Storia insegna sempre.

  • Alberto Cenci
    23 Agosto 2020 at 05:33

    Secoli dopo anche Francesco IV duca di Modena e Reggio preservo’ i Dominj Estensi dalle prime due ondate epidemiche di Cholera morbus, con efficaci cordoni sanitari, lazzaretti, sulfumigazioni e fedi sanitarie.
    Il figlio Francesco V non riuscì invece, nonostante molte precauzioni, a evitare la 3 del 1853-1855, che entrò nello stato dal versante tirrenico proveniente dalla francese Marsiglia.
    Le molte formelle votive nei palazzi antichi ne provano il passaggio.

  • giovanna bonacini campi
    23 Agosto 2020 at 15:39

    È una grande lezione storica, di grande attualità. Grazie! Posso inoltrare?

  • Adriano Fornaro
    24 Agosto 2020 at 00:25

    La legislazione della Serenissima non finisce di stupire per la sua “modernità’”.
    Leggevo poco tempo fa che nel XIV secolo il Doge era garante del fatto che chi era stato arrestato fosse giudicato entro trenta giorni, mentre sono della fine del XV secolo due normative che istituivano il difensore di ufficio per i non abbienti e stabilivano la non punibilità’ per i minori di 14 anni!

  • Mondin Tiziana
    24 Agosto 2020 at 08:29

    Veramente interessante
    Come da tutte le culture si possano capire i comportamenti anche attuali.
    Per me che mi occupo del socio sanitario immensamente utile.
    Grazie Tiziana

  • ettore
    25 Agosto 2020 at 18:47

    Ciao Elena, sempre preziose le tue notizie sulla storia di Venezia. E quali insegnamenti! Complimenti

  • Antonella
    2 Settembre 2020 at 17:30

    Grazie Nelli, disposizioni attualissime!
    E’ sempre un piacere leggerTi.
    Un caro saluto
    Antonella

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