Tutte in rosa le scelte di Antonella Benanzato che ha portato alla 77. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il Cantiere delle Donne, un gruppo Facebook di influenza con quasi 5000 iscritte, che promuove la cultura di genere e svolge un ruolo di think tank per le istituzioni e la politica.
In questa quarta giornata ha seguito proiezione e conferenza stampa di “Miss Marx”, una collaborazione Italo-belga per il film, in concorso, della nostra Susanna Nicchiarelli e la conferenza stampa di Pieces of a Woman di Kornél Mundruczó (Canada, Ungheria), proiettato ieri e oggi raccontato dalla viva voce di regista e attori.
“Miss Marx” è la storia – “tutta vera” come spiega Nichiarelli durante la conferenza stampa – di Eleanor, la figlia più piccola di Karl Marx che fu tra le prime donne ad avvicinarsi ai temi del femminismo e del socialismo, a partecipare alle lotte operaie, a combattere per i diritti delle donne e l’abolizione del lavoro minorile.
Eleanor è una donna che lotta sia sul fronte pubblico che su quello privato.
La sua vita sentimentale fu assurda e tragica, le sue peripezie esattamente le stesse delle donne di oggi. “Il film – precisa Nicchiarelli – è un film attuale ma non è un film femminista. Eleanor Marx è importante per il suo femminismo. È la prima a parlare di femminismo in termini economici, politici, sociali. È un’innovatrice. Ma non c’è solo questo. Lei lottava per i più deboli, tutti i deboli, donne, uomini, bambini”.
La ritrae con delicata ironia, Susanna Nicchiarelli, ma anche con profondo rispetto: quello che si deve a una donna che, insieme ai suoi compagni, ha combattuto battaglie purtroppo ancora molto attuali.
Sull’essere una delle otto donne registe presenti al festival, Nicchiarelli dice: “Sogno il giorno in cui non conteremo più le donne di un festival. Vorrei che il mio film venisse giudicato per quello che è perché siamo tutti diversi e sarebbe bello che i nostri film venissero giudicati nel loro essere frutto di questa individualità”.
Pieces of a Woman è invece la storia di una donna che impara a convivere con la perdita di un figlio, di nuovo un film autobiografico – dopo Molecole e Padrenostro – che racconta la vicenda intima di una perdita realmente vissuta dal regista Kornél Mundruczó e dalla moglie.
Nel dolore, che trascina in caduta libera, il mondo appare capovolto e disorienta. Mundruczó lo guarda da vicino questo dolore, lo scruta e lo rappresenta, anche crudamente, perché è il suo dolore, è ciò che anche lui ha vissuto. Si chiede se sia possibile sopravvivergli, se sia possibile conviverci e si domanda se l’arte può essere una cura. Il film del regista ungherese è questo tentativo: trovare una cura per poi coprire, nel corso del film, che vita-morte sono più che mai intrecciate e l’una in qualche modo è la ragion d’essere dell’altra.
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