Con il Cile che vuole registrare il formaggio Asiago arriva un altro colpo basso al patrimonio agroalimentare veneto. Lo afferma Coldiretti che lancia l’allarme in riferimento alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale cilena delle domande di registrazioni dei tre marchi “Asiago”, “Bologna” e “Parmesan” da parte del Consorzio statunitense CCFN (Consortium of Common Food Names). L’attacco – aggiunge Coldiretti Veneto – è anche al Made in Italy se si considerano le procedure già avviate in Cile anche per il Parmigiano reggiano e la mortadella Bologna. Un affronto – continua Coldiretti Veneto – verso tutti i produttori zootecnici regionali soprattutto vicentini che lavorano per la qualità, rispettando disciplinari e mantenendo una realtà casearia di assoluta eccellenza.
Si tratta di una richiesta grave – sottolinea Coldiretti – alla luce degli sforzi intrapresi dall’Unione europea nell’ambito dei negoziati sulla modernizzazione dell’Accordo di Associazione UE-Cile attualmente in corso. Serve – continua la Coldiretti – una efficace azione di contrasto a livello internazionale della UE al WTO (Organizzazione mondiale del commercio) ma anche un maggiore impegno nei negoziati di libero scambio dell’Unione Europea per tutelare il Made in Italy.
Il Cile – ricorda la Coldiretti – è il Paese dell’America Latina che ha introdotto il bollino nero in etichetta che sconsiglia di fatto l’acquisto di prodotti dall’Italia come il Parmigiano, il Gorgonzola, il prosciutto e, addirittura, gli gnocchi. Mentre il CCFN è la lobby dell’industria casearia americana che produce i falsi formaggi italiani negli USA e che – sottolinea la Coldiretti – aveva già esplicitamente chiesto al Governo degli Stati Uniti di imporre tasse alle importazioni di prodotti europei al fine di favorire l’industria del falso Made in Italy negli USA e costringere l’Unione Europea ad aprire le frontiere ai tarocchi a stelle e strisce.
Non c’è quindi tempo da perdere per un intervento dell’Unione Europea – sottolinea la Coldiretti – che deve bloccare l’ennesimo scippo ai danni del sistema agroalimentare nazionale con ripercussioni a lungo termine su lavoro, esportazioni e possibilità di sviluppo delle imprese. Per colpa del cosiddetto “italian sounding” nel mondo – stima la Coldiretti – più due prodotti agroalimentari Made in Italy su tre sono falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese. Con la lotta al falso Made in Italy a tavola – afferma la Coldiretti – si possono creare ben 300mila posti di lavoro in Italia.
A taroccare il cibo italiano – evidenzia la Coldiretti – sono soprattutto i Paesi emergenti o i più ricchi dalla Cina all Australia, dal Sud America agli Stati Uniti. Negli USA il 99% dei formaggi di tipo italiano sono “tarocchi” nonostante il nome richiami esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese, dalla Mozzarella alla Ricotta, dal Provolone all’Asiago, dal Pecorino Romano al Grana Padano, fino al Gorgonzola. Ma sul mercato dell’italian sounding – continua la Coldiretti – si è buttata anche la Russia dove l’embargo ai prodotti italiani per il braccio di ferro con l’Unione europea ha favorito la nascita e la proliferazione di brutte copie russe del Made in Italy.
Fra le brutte copie dei prodotti caseari nazionali nel mondo, in cima alla classifica c’è la mozzarella, seguita dal parmesan, dal provolone, dalla ricotta e dal Romano realizzato però senza latte di pecora. La pretesa di chiamare con lo stesso nome prodotti profondamente diversi è – conclude la Coldiretti – inaccettabile e rappresenta un inganno per i consumatori ed una concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori.
In campo scende anche l’assessore regionale Caner.
“Serve un’efficace azione di controllo e contrasto a livello internazionale per tutelare i prodotti Dop italiani. Oggi assistiamo all’ennesimo tentativo di sfruttamento della reputazione e l’attrazione che la buona tavola e il turismo enogastronomico italiani hanno nel mondo per commerciare prodotti che poco hanno a che fare con l’autenticità e la qualità del vero Made in Italy, danneggiando così una parte sempre più consistente dell’economia locale, di quella italiana, così come delle esportazioni agroalimentari”.
Lo dice l’assessore all’Agricoltura della Regione del Veneto, Federico Caner, in riferimento alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale cilena delle domande di registrazioni dei tre marchi “Asiago”, “Bologna” e “Parmesan” da parte del Consorzio statunitense CCFN (Consortium of Common Food Names).
“Mi auguro che, sia il Ministero delle Politiche Agricole sia l’Europa blocchino questa ennesima iniziativa – aggiunge Caner -. Per il Veneto il formaggio Asiago è un prodotto che connota un fortissimo segno di identità e distinzione territoriale, ma rappresenta anche uno dei pochi baluardi in tempi di crisi. Ricordo che sono ben 1.300 gli allevamenti bovini dove viene prodotto il latte destinato a diventare Formaggio Asiago DOP, dislocati nelle province di Vicenza, nelle zone confinanti delle province di Padova, Treviso e Trento, area questa riconosciuta dal disciplinare europeo di produzione. Oltre 40 infine sono i caseifici e le malghe dove il latte viene trasformato in formaggio, senza contare la rete degli stagionatori distribuiti nel territorio. Abbiamo la responsabilità di tutelare questa eccellenza Veneta riconosciuta in tutto il mondo. Il consumatore ha tutto il diritto di sentirsi tradito da una politica commerciale scorretta e ingannato da prodotti che tutto sono tranne essere prodotti nel nostro territorio”.