Con l’arrivo della prima neve del nuovo inverno è finalmente terminata la calda stagione di ablazione del 2021 per le masse gelate presenti sulle nostre montagne.
Sotto la coperta gelata, che comunque non presenta ancora uno spessore consistente, i ghiacciai sono andati in letargo, certamente sognando abbondanti nevicate invernali che per loro costituiscono un fattore essenziale di sopravvivenza.
Si risveglieranno con il caldo sole di Maggio quando comincerà una nuova stagione di ablazione che si porterà via la neve, sperando che non tutta si sciolga, ma che una certa quantità ne possa rimanere per l’inverno successivo. Perché è così che vivono e sopravvivono i ghiacciai, alimentati da quella parte del manto nevoso che si conserva nelle fasce altimetriche più elevate e che accumulandosi anno dopo anno si trasforma in nevato e poi in ghiaccio favorendo la formazione, la crescita e il movimento delle lingue verso valle.
Una situazione, questa, che purtroppo non si verifica più da parecchi anni causando la graduale riduzione ed in alcuni casi la scomparsa dei ghiacciai e delle masse gelate in generale.
Le nevicate di Ottobre non rappresentano una bizzarria meteorologica: sono invece un ottimo auspicio per la nuova annata idrologica. Per i climatologi il primo di Ottobre è considerato come l’inizio della stagione di accumulo che di consuetudine cessa col mese di Maggio quando la neve inizia a fondere a quote via via più elevate.
La differenza tra la neve caduta in inverno e quella persa per ablazione in estate costituisce il così detto bilancio di massa dei ghiacciai. Negli ultimi decenni, a partire soprattutto dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso, i bilanci sono stati sempre negativi, e in qualche caso addirittura disastrosi. Colpa soprattutto del caldo e della siccità estivi, fattori che più di altri condizionano la salute delle masse gelate. Si tratta di un fenomeno che riguarda non solo i ghiacciai alpini, ma l’intera criosfera (cioè l’insieme di tutti i ghiacci) del Pianeta, calotte artiche ed antartiche comprese.
La riduzione dei ghiacciai è sicuramente uno degli aspetti che maggiormente colpisce ed allarma l’opinione pubblica, sicuramente a ragione. Infatti non si tratta solo di assistere ad un cambiamento anche radicale del paesaggio dell’alta montagna, ma vi sono gravi ripercussioni sulle riserve d’acqua sempre più scarse, con le conseguenti riduzioni delle portate estive dei fiumi che creano notevoli problemi alla agricoltura.
L’estate appena terminata ha segnato una grande sofferenza per i nostri ghiacciai. In particolare per quelli delle Dolomiti della cui evoluzione mi occupo da parecchi decenni, osservando in particolare la graduale riduzione e frammentazione del più grande ed importante ghiacciaio della Marmolada. A riguardo segnalo l’uscita di una mia pubblicazione che narra la storia di tutte le masse gelate presenti sulle Dolomiti raccontata attraverso decine di fotografie aeree raccolte in decenni di lavoro come glaciologo.
Per quanto riguarda l’andamento dell’annata appena trascorsa aspettiamo i risultati che i vari operatori glaciologici forniranno a conclusione delle campagne glaciologiche, dal Piemonte alla Lombardia, al Trentino all’Alto Adige. Una annata che se anche sicuramente compromessa, è stata in parte alleviata dalle abbondanti nevicate dello scorso inverno.
Ricordo comunque l’importanza che riveste l’osservazione delle dinamiche dei ghiacciai: sono infatti elementi fondamentali capaci di informarci della salute del nostro ambiente, raccontandoci anche la storia climatica del passato e contribuendo alla diagnosi sulla salute della Terra.
L’innalzamento delle temperature porta conseguenze anche sul permafrost, il terreno permanentemente gelato presente alle quote più elevate; inoltre la variazione dei cicli di gelo – disgelo può generare un aumento delle frane che sgretolano le rocce, in particolare quelle dolomitiche, con crolli sempre più numerosi e rilevanti, come quello di pochi giorni fa quando una grande massa è precipitata dalla Croda Marcora verso la valle del Boite, sopra San Vito di Cadore.
Foto:
- Copertina libro
- Ciò che rimane del ghiacciaio principale della Marmolada nel Settembre 2020
- Pale di S. Martino: il ghiacciaio di Fradusta ormai estinto (estate 2020)
- La nicchia di distacco delle frana caduta sopra San Vito di Cadore il 9 Ottobre 2021
(tutte le foto sono dell’autore)
Franco Secchieri