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“Ragioniamoci sopra “, nostra intervista con Luca Zaia

n questa intervista concessa a Obiettivo Territorio Il governatore del Veneto si racconta in un coinvolgente viaggio nella memoria, tra radici culturali e popolari. Dalla cronaca di una stagione drammatica, quella dell’emergenza Covid-19, idee e nuove e sfide per il tempo che ci attende.  “Il ragionare serve perché ogni esperienza, anche la più tragica, ci insegna e ci prepara per le nuove sfide. 

 

Non avrei mai immaginato che, un giorno mi sarei trovato a dover dare notizia quotidianamente di migliaia e migliaia di cittadini morti in una situazione straordinaria e prolungata come una grave pandemia. È stata l’esperienza più tragica e sconvolgente della mia vita e del mio impegno come amministratore. Ne ho tratto un vero e forte motivo di riflessione quotidiana che ha cadenzato il lavoro portato avanti dal febbraio del 2020 e tutt’oggi non ancora concluso”. Questo l’incipit con cui si apre il libro “Ragioniamoci sopra” (editore Marsilio) con sottotitolo”dalla pandemia all’autonomia” scritto dal Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, libro che ha scalato tutte le classifiche divenendo un vero e proprio “best seller”, con sullo sfondo la drammaticità dei due anni dell’evento pandemico, incrociata con rievocazioni e ricordi personali, dall’infanzia alle origini della famiglia con una soria di emigrazione e duro lavoro, senza dimenticare gli aspetti di vita amministrativa e istituzionale. “Chi è convinto di trovare quindi un manifesto politico rimarrà deluso..” così evidenzia lo stesso Zaia il quale poi sottolinea che “affidare a queste pagine alcuni ricordi e riflessioni penso che possa essere utile per valutare quanto è stato fatto finora e pensare al futuro”. Questa l’intervista che abbiamo realizzato il governatore del Veneto, tra una presentazione e l’altra del libro in tutta Italia.

Presidente Zaia, perché questo libro – autobiografia e perché in questo momento in cui, peraltro, si sta ancora combattendo contro la pandemia?

La risposta, in parte, è implicita alla domanda: era necessario fare un “punto nave” (cioè un punto della situazione) sulla pandemia perché stiamo ancora combattendo. Perché non è finita la guerra contro il virus, perché i nostri sanitari, ovvero i “nostri angeli custodi”, sono ancora in trincea ed oggi, oltre che ad effettuare i tamponi, devono vaccinare e anche curare altre patologie. La parte autobiografica del libro, in cui ripercorro la mia infanzia e la mia giovinezza, nasce dal fatto che – quando ti imbatti in qualcosa di tremendo come è il COVID-19, che nessuno poteva prevedere, tanto meno la violenza con cui ci ha travolti e con cui ancora adesso, in queste ore, siamo costretti a farci i conti – non puoi che fermarti e guardarti indietro, ripercorrendo la tua storia. Non è vero che noi amministratori siamo persone fredde, come qualcuno forse pensa: ho anche pianto; è stato un momento doloroso quel 21 febbraio 2020 quando mi hanno avvertito che anche a “casa nostra”, a Vo’ Euganeo, era stato individuato il primo caso. È stato come se fossimo entrati in guerra.”

Il titolo “Ragioniamoci sopra” come nasce e perché ragionare?

Il titolo nasce dalla parodia che Maurizio Crozza fa su di me. Ognuno di noi, se si ascolta, scopre di usare degli intercalari: il mio è appunto “ragioniamoci sopra” che, alla fine, è un’italianizzazione del veneto “pensemoghe sora”. Crozza, durante la pandemia riesce a fare satira ma anche informazione: infatti si ispira sempre ad una solida rassegna stampa. Abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo in un periodo difficilissimo per tutti, per noi amministratori, per i medici che sono in trincea e per i cittadini che hanno paura e che necessitavano di informazioni quotidiane. Il Covid è un big bang come lo sono stati le guerre mondiali, il ’68, il crollo del Muro di Berlino o l’attentato alle Torri Gemelle. Il ragionare serve perché ogni esperienza, anche la più tragica, ci insegna e ci prepara per le nuove sfide, come fa intendere il sottotitolo “Dalla Pandemia all’autonomia”.

Due anni di lotta contro il COVID-19 e non è ancora finita: cosa le hanno dato e cosa ne ha tratto sul piano personale?

Due anni che siamo in guerra. Il mio pensiero va a quelle famiglie che sono state toccate da vicino ed hanno vissuto in prima persona il lutto e la tragedia che il virus può provocare. Penso all’immane lavoro della squadra della sanità veneta, alle scelte anche coraggiose a cui siamo stati chiamati, alle istruzioni per l’uso per contrastare il COVID-19 che non avevamo solo perché non esistevano: si era sul pezzo h24. I nostri medici si erano messi a disposizione pienamente, in quel periodo. Più di qualcuno di loro aveva deciso di non rientrare a casa propria a fine turno. Stanchi, stremati, talvolta addirittura sopraffatti dal timore di non farcela e di perdere la guerra, non hanno mai gettato la spugna: comprendevano l’emergenza e la necessità di resistere ad ogni costo. È stata durissima, ma anche se lo sapevamo da tempo, oggi ne siamo certi: insieme, uniti, possiamo farcela. È vero che chi corre da solo può andare più veloce, ma ricordiamoci che solo chi lavora in squadra può vincere.

Nel libro lei si definisce un “amministratore” quasi a prendere le distanze dall’essere un “politico”.

“ L’ho esplicitato in quarta di copertina che chi pensa di trovare in questo libro un manifesto politico, rimarrà deluso. Alla fine sono coerente con quanto sempre affermo e cioè che sono un amministratore. “

 

Però c’è qualcuno che guarda al suo futuro politico: chi la vorrebbe Presidente del Consiglio, chi in Europa o, comunque, per altri futuri incarichi di prestigio. Lei dove si vede una volta concluso questo terzo mandato in Regione?

Fin da ragazzo ho sempre vissuto il presente, credo derivi molto da quanto mi ha trasmesso la mia famiglia. Un nonno, nato in Brasile da emigranti, che, dopo che la famiglia è rientrata in Italia, è stato costretto anche a emigrare a New York per lavorare e che ha dovuto rimboccarsi le maniche, giorno dopo giorno, per farcela. Un padre meccanico che, quando era tempo di revisioni, stava anche in fila ore, di notte, al gelo in inverno, al caldo torrido in estate, per attendere il via libera dell’ingegnere. Una famiglia che non si è mai arresa, tipico del Dna dei veneti, che mi ha insegnato come solo i pessimisti non fanno fortuna e non ce la fanno. Ecco perché vivo e lavoro per il presente: non a caso, quando mi sono candidato in Regione, ho pensato ai veneti e non al successivo salto che avrei dovuto fare a Roma.

Bibano, località di Godega di Sant’Urbano, in provincia di Treviso, rimane sempre un punto di riferimento, al di là che li ci è nato?

“Certo. Sono cresciuto in un paese di campagna in anni in cui si vivevano pienamente i cicli della natura; lo ho sempre considerato un privilegio. Lì ho mosso i primi passi, ho fatto le prime esperienze. E’ da lì che ho cominciato ad apprezzare la genuinità e l’orgoglio dei veneti, la potenza delle nostre tradizioni, la forza dei nostri nonni, che non si arrendono mai e, con la fronte grondante di sudore ed il palmo delle mani scolpite dai calli, continuano a lavorare. Sempre con dignità e voglia di trasmettere ai figli i propri saperi. E’ anche per questo motivo che amo partecipare alle inaugurazioni e alle implementazioni di attività, perché spesso scopro che un’azienda piuttosto che un’altra prosegue da generazioni il lavoro portando avanti i valori e il sudore, appunto, della sua famiglia. “

 

 

La madre di tutte le battaglie, come lei stesso l’ha definita, è quella dell’autonomia regionale. Pensa che ci si arriverà a vincerla?

Parlo logicamente dell’autonomia nel libro perché come ci ha insegnato il COVID-19, l’essere autonomi in sanità ci ha permesso di contrastare il virus e, in un qualche modo, anche di limitarne i danni senza aspettare ogni volta che qualcuno schiacciasse il bottone da Roma. Autonomia per me è sinonimo di assunzione di responsabilità. Chi diventa autonomo, infatti, significa che deve diventare ed essere responsabile. Non è vero che chi punta all’autonomia sia egoista, anzi, dimostra che ha intrapreso un percorso di crescita, di consapevolezza delle sue forze e che si mette in gioco per il suo territorio e la sua gente. Il COVID-19 ci ha rallentato, purtroppo, anche nel raggiungimento della pandemia, ma come ho detto ci ha anche rafforzato e preparati alle sfide e alle nuove battaglie.

Un’ultima domanda: chi pensa leggerà questo suo libro? O meglio, perché un giovane, piuttosto che un meno giovane, dovrebbero acquistarlo?

I veneti hanno combattuto e stanno combattendo una guerra. Una guerra che abbiamo condiviso, giorno dopo giorno, con lacrime ma anche con qualche sorriso quando si riusciva, in qualche momento, a contrastare il nemico. Abbiamo condiviso la rabbia, la paura, le ferite e non ci siamo arresi. Lo abbiamo deciso insieme con un patto implicito suggellato dai tanti bambini che hanno vissuto la tragedia, ma che hanno avuto lo stesso la forza di regalarci un grande insegnamento prendendo in mano le loro armi, fogli e pennarelli colorati, per creare bellissimi disegni, per fornirci messaggi indelebili che ancora oggi portiamo stampati nei nostri ricordi e nei nostri cuori.

 

 

 

 

 

 

 


Lucio Leonardelli

Giornalista

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