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Giovanni Miani, il Leone bianco del Nilo

Sarebbe davvero interessante poter far eseguire una delle partiture scritte da Giovanni Miani, magari quell‘inno da lui composto per il generale Baldomero Espartero, che pare sia stato piuttosto popolare nella Spagna dell’epoca. Purtroppo, per adesso, non siamo ancora riusciti a recuperare, se non la partitura originale dell’inno, per lo meno una sua trascrizione attendibile.  Continuiamo la ricerca, ringraziando chi avesse segnalazioni in merito”. L’appello viene avanzato da Mauro Varotto, che, cura la prossima mostra su “Giovanni Miani. Il leone bianco del Nilo”. L’esposizione, nata da un progetto di Sergio Campagnolo, sarà allestita a cura della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo in Palazzo Roncale, a Rovigo, dal 12 marzo al 26 giugno prossimi.

Giovanni Miani, “il Leone Bianco del Nilo” è ricordato, e celebrato, come grande esploratore. L’uomo indomito che risalì il Grande Fiume africano sfiorando il Lago Nianza, poi ribattezzato Vittoria, studiando e annotando nel suo diario le caratteristiche dei territori e gli usi e costumi delle popolazioni che via via incontrava. Dimostrando un approccio da vero ricercatore e non da predatore.

Ma c’è anche un Miani altro di cui la mostra vuole dar giustamente conto. È il Miani cantante, compositore, storico della musica. Il Miani che dilapida il patrimonio lasciatogli dal presunto padre, il Nobile Bragadin, nell’impresa di pubblicare una Storia Universale della Musica. Impresa enciclopedica che nessuno aveva mai tentato e che per anni divenne il suo sogno quotidiano. Per raccogliere i dati che gli erano necessari per scrivere la sua “Storia universale della musica di tutte le nazioni”, Miani viaggiò per 20 anni in vari paesi alla ricerca degli strumenti e delle tradizioni musicali. Per essa aveva ottenuto anche l’apprezzamento di Gioacchino Rossini, ma l’impresa non decollò e il sogno restò tale.

In casa Bragadin il giovane Giovanni era statoa seguire lezioni di musica con uno dei sui diversi precettori. Rispetto ad altre materie di studio, questa gli piaceva. Aveva una buona voce che cercava di educare. E la musica, cantata, scritta, raccontata, divenne il mezzo da lui individuato per raggiungere l’unico obiettivo a cui teneva: diventare celebre, rispettato e soprattutto ammirato. Lui, che si portava dietro il marchio del “bastardo”.

Dopo la morte della madre, nel 1837, Giovanni proseguì gli studi musicali presso i conservatori di Bologna, Milano, Napoli, Parigi e Spagna, dove incontrò Ferdinand de Lesseps. Qui compose l’inno per il generale Baldomero Espartero. Nel ‘43 compose “Un torneo a Tolemaide”, opera messa in scena a Padova che si rivelò un fiasco totale.

Alla musica ricorre anche per la sopravvivenza, quando a Malta riesce a trovare un impiego come insegnante di canto e poi a Costantinopoli, dove trovò lavoro come tenore a teatro e riprese a comporre. Ancora una volta senza il successo sperato.

 

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