Un evento meteo climatico che sta caratterizzando la stagione invernale dell’annata 2021 – 2022 è la siccità il cui protrarsi comincia a creare seri e gravi problemi ovunque, a cominciare dall’agricoltura. Una grande preoccupazione desta la montagna ed i suoi ghiacciai per i quali i glaciologi stanno lanciando un allarme in vista della prossima stagione estiva che potrebbe presentare una condizione addirittura drammatica per le masse gelate.
Vediamo brevemente perché.
Durante la stagione invernale i ghiacciai riposano e si “nutrono” della neve che consentirà loro di superare la successiva estate quando l’ablazione consumerà le riserve gelate accumulatesi. Per loro la neve migliore è quella che cade in autunno e nella prima parte dell’inverno perché ha il tempo per subire una trasformazione in nevato che, per la sua maggiore densità rispetto alla neve fresca, ha la capacità di resistere più a lungo alle temperature estive.
Se alla fine della stagione estiva la massa che se ne è andata per fusione è uguale a quella caduta, allora il bilancio di massa (come lo chiamano i glaciologi) è nullo e il ghiacciaio è stabile, nel senso che la sua o le sue lingue non avanzano e non indietreggiano. Se invece parte della neve ed del nevato rimangono allora il bilancio si presenta positivo. Una serie di annate con bilanci positivi porterà ad una avanzata delle lingue che sarà tanto più consistente quanto più ampio sarà il bacino di accumulo, cioè l’area al di sopra di quella che viene chiamata linea o limite delle nevi.
In caso contrario il ghiacciaio intaccherà le proprie riserve di ghiaccio con conseguente graduale riduzione di volume e superficie.
Ecco perché le condizioni climatiche influiscono sulle dinamiche dei ghiacciai ed è proprio osservando i loro movimenti che siamo in grado di ricostruire gli andamenti climatici del passato sia recente che di quello ben indietro nei secoli e nei millenni. Le tracce più importanti lasciate sul terreno sono le morene, accumuli di materiale detritico trasportato dal ghiaccio e deposto nei momenti di massima espansione.
La vita dei ghiacciai è sempre stata tormentata, tanto da caratterizzare addirittura delle ere geologiche. Negli ultimi secoli una fase importante di espansione si è avuta tra il 1500 e il 1850 circa, quando il freddo è stato tale da ricordare questo periodo come “Piccola Età Glaciale”.
L’allarme più recente (per i più attenti climatologi e glaciologi) è scattato negli anni ’90 del secolo scorso quando i ghiacciai hanno iniziato a ritirarsi e a ridursi sempre più velocemente. Una condizione sempre più drammatica tanto che alcuni ghiacciai di minori dimensioni e localizzati alle quote più basse, sono addirittura scomparsi. Uno degli esempi emblematici di questa evoluzione è sicuramente il ghiacciaio principale della Marmolada, il maggior e più bello dell’intera area dolomitica, che sta velocemente andando verso una frammentazione che prelude ad una definitiva scomparsa. Un probabile destino per tutti i ghiacciai delle Alpi, e non solo dato che anche le estese calotte artiche ed antartiche si stanno riducendo.
Ecco dunque perché parlare con preoccupazione della siccità cha ha caratterizzato fino ad oggi la stagione invernale 2021 – 2022.
Riguardo alla ricerca glaciologica, voglio ricordare che oltre ad alcune università, ci sono organizzazioni che se ne occupano, a cominciare dal Comitato Glaciologico Italiano cui si affiancano anche gruppi legati al territorio come il Servizio Glaciologico Lombardo, quello Trentino e quello dell’Alto Adige. Queste organizzazioni sono costituite dagli operatori glaciologici, generalmente volontari appassionati della montagna, che annualmente si recano alle fronti dei ghiacciai per misurarne le variazioni. In questo sono aiutati sempre più dalle nuove tecnologie, come ad esempio l’utilizzo di droni o le foto satellitari, che consentono una analisi e una quantificazione ancor più dettagliata e precisa dei parametri relativi alle dinamiche glaciali.
Tornando ad oggi, ricordo che i bilanci di massa glaciologici si fanno alla fine dell’estate, calcolando le differenze tra le “entrate” (la neve caduta) e le “uscite (la neve, il nevato ed il ghiaccio persi per ablazione). Quello che preoccupa in questo momento sono le entrate: troppo poche per poter guardare con serenità alla prossima estate. Il timore è che anche questa annata continui la serie negativa che sta portando alla riduzione o peggio alla scomparsa dei ghiacciai, con un conseguente stravolgimento del paesaggio d’alta montagna e ad una drastica riduzione delle riserve d’acqua in forma solida.
La siccità infatti rende ancora più drammatica la condizione di torrenti e fiumi, già oggi in sofferenza, che avranno meno disponibilità di acqua con le conseguenze negative che tutti possiamo immaginare. Dobbiamo purtroppo aspettarci non solo di vedere la Marmolada (e tutte le altre montagne oltre alle Dolomiti) senza ghiacciaio, ma anche i fiumi, come il Po o ancora di più l’Adige senza acqua o con portate davvero ridotte.
Tutti ormai ci chiediamo cosa sia possibile fare. Certamente se questo danno climatico – ambientale lo abbiamo creato noi, spetto a noi rimediare, ma i risultati non saranno così immediati come qualcuno verrebbe far credere. Magari evitando soluzioni che io considero tra il ridicolo e l’inutile come quella di ricoprire i ghiacciai con enormi teloni di plastica. Più utile una politica volta al risparmio dell’acqua in generale, non solo quella potabile.
Per ora l’appuntamento è alla prossima nevicata importante che potrebbe limitare, anche se non eliminare, l’incubo di una estate che speriamo non calda e secca, per il bene di tutti, non solo dei ghiacciai.
Foto dell’autore (non riproducibili):
La Marmolada come si presentava alla fine dell’estate 2020; (foto apertura)
Il ghiacciaio, o meglio, quello che rimane del Ghiacciaio della Fradusta che un tempo ricopriva una vasta area dell’altopiano delle Pale;
Il Ghiacciaio di Malavalle fotografato alla fine di una estate con un bilancio estremamente negativo che si nota dalla mancanza di una minima copertura di neve vecchia residua;
Il Ghiacciaio di Solda, uno dei maggiori dell’Alto Adige, denota ormai le sue condizioni di degrado con la diminuzione della massa gelata e l’aumento della copertura di materiale morenico;
Ghiacciaio del Giogo Alto (HochJoch ferner), in val Senales, dove fino a qualche anno fa si sciava anche d’estate, come su altri ghiacciai come quello della Marmolada e che ormai le condizioni di innevamento non lo consentono più;
Il versante Nord della Palla Bianca (3.740 metri), una delle più belle montagne della Val Venosta, col grande ghiacciaio di Valle Lunga la cui fronte si sta ritirando molto velocemente, producendo fenomeni di crolli di ghiaccio nel settore inferiore della lingua
La fronte del Ghiacciaio di Valle Lunga con un evidente crollo del ghiaccio dovuto alla intensa ablazione estiva.
Franco Secchieri