Produzione originale Crime+Investigation per Sky, ideata e diretta da Matteo Lena, la docu-serie “Il Mostro di Udine” è un’accurata ricostruzione di uno dei più feroci, ma purtroppo passato più in sordina rispetto ad altri colleghi di mattanze, serial killer della recente storia di nera italiana.
Il killer che ha terrorizzato l’area del capoluogo friulano rientra a tutti gli effetti tra quei cold case, ovvero casi irrisolti, che hanno terrorizzato l’area di confine della nostra penisola, nel caso specifico tra il ’71 e l’89. Circa 14 delitti (o almeno quelli accertati), che delineano un profilo delle vittime, tutte donne, e tutte provenienti da condizioni economico-sociali poco favorevoli. Prede facili e che sarebbero state poco ricercate, per via della loro emarginazione.
Di queste, almeno 4 sarebbero state uccise secondo un preciso macabro schema: un rituale vero e proprio che partiva con lo strangolamento, poi sgozzamento e infine incisione sull’addome di una lettera (una S). La mano ferma, le incisioni perfette e la metodica precisa nell’utilizzo dei fendenti restituiscono anche alle campagne di Udine una sorta di Jack lo squartatore. I sospetti si concentrano infatti su un ipotetico medico, e anche nella docu-serie di Lena questo è uno proprio dei punti di partenza.
Tra testimonianze dei parenti, amici o conoscenti delle vittime e degli inquirenti, mixate a materiale d’archivio e atti delle indagini miste a una narrazione accuratamente ricostruita, non mancano i colpi di scena e veri e propri cliffhanger degni del linguaggio seriale e che trasformano la docu-serie di Lena in un’opera validissima e di rilevante interesse, già solo per aver riportato sotto i riflettori una vicenda, se vogliamo, a tratti ancor più macabra e sanguinaria di quella del più tristemente noto caso denominato “Il mostro di Firenze”.
Interessante inoltre come, nel corso delle riprese, siano emersi dei reperti mai prima considerati e presi in analisi. Altro da aggiungere? No, correte a recuperare la serie.

Alessia Urrata